Dietro al contenzioso che ha portato all’illegittimità della proroga al 2020 sulle concessioni balneari ci sarebbe una grave vicenda di corruzione e turbativa d’asta, con il preciso intento di espropriare gli attuali imprenditori dei loro stabilimenti. È la clamorosa rivelazione di Mario Melis, il balneare sardo il cui nome è legato al noto ricorso arrivato il 14 luglio 2016 fino alla Corte di giustizia europea. Suo malgrado, Melis è stato protagonista di un’assurda vicenda che, da un piccolo comune con otto concessioni demaniali marittime, ha avuto gravi ripercussioni sulle migliaia di stabilimenti balneari italiani. E che, per la strada inquietante su cui questa storia sta proseguendo, rappresenta un campanello d’allarme per tutta la categoria.
Su consiglio dei suoi avvocati, Melis non ha mai interloquito con la stampa in merito al suo caso giudiziario. Ma ora che la sua vicenda ha preso una nuova piega, sotto minaccia concreta da parte dell’amministrazione comunale e con il rischio di non poter aprire la sua spiaggia per la prossima stagione estiva in maniera del tutto regolare dal punto di vista legale, l’imprenditore ha deciso di divulgare le scottanti informazioni in suo possesso, e per farlo ha scelto di rivolgersi a Mondo Balneare, dopo un attento dialogo con le associazioni di categoria e consigliato dai suoi legali Francesco Ballero di Cagliari ed Ettore Nesi di Firenze.
«Finché questa storia non salterà fuori – è stato il ragionamento di Melis – tanti balneari continueranno a rimanere con la testa sotto la sabbia». E noi abbiamo deciso di raccontare tutto fino in fondo, pubblicando la lunga intervista che Melis ci ha rilasciato e che consigliamo di leggere per intero, al fine di comprendere dei fatti molto complessi che, partendo da un caso singolo, aprono a un grave pericolo che molti altri imprenditori del settore rischiano di affrontare. E su cui torneremo con altri articoli per continuare ad approfondire ogni aspetto di questo intrigo.
Melis, partiamo dal principio: perché ha deciso di parlare con la stampa solo oggi?
«Su consiglio degli avvocati che mi hanno rappresentato durante il ricorso al Tar, ho preferito non esprimermi su una vicenda che da individuale ha cominciato a riguardare un’intera categoria. Ma ora sono emersi degli sviluppi che mi hanno portato a rivolgermi alla stampa».
Quali sviluppi?
«Ho dovuto presentare un secondo ricorso al Tar perché, dopo la sentenza della Corte di giustizia europea del 14 luglio 2016 in merito al mio primo contenzioso sulla proroga, l’amministrazione comunale di Lori Porto San Paolo mi impedisce di godere della concessione di cui sono tuttora titolare».
In che senso?
«Come sapranno tutti i miei colleghi, da quest’anno sono cambiate le modalità per il pagamento del canone, con il nuovo modello F24 Elide che ha sostituito l’F23. Ebbene, presentando richiesta per ottenere il modulo e i codici identificativi per la concessione, il Comune mi ha risposto sostenendo che in base ai loro atti io non sono titolare di nessun titolo concessorio. E questo pur essendo titolare dello stesso stabilimento da ben prima del 2006. Lo stesso sta accadendo ad altri miei colleghi di Loiri Porto San Paolo».
Come ha reagito a questo fatto?
«Mi sono rivolto all’avvocato Ettore Nesi, uno dei più quotati specialisti in demanio marittimo, per presentare ricorso al Tar contestando che la sentenza della Corte di giustizia europea del 14 luglio 2016 non ha comportato la decadenza automatica dei titoli concessori e chiedendo pertanto essere messo nelle condizioni di pagare il canone demaniale. Il pagamento del canone del resto è il corrispettivo per il godimento del demanio marittimo. Ritengo doveroso pagarlo proprio perché ho diritto alla conservazione del rapporto concessorio. Se non lo pagassi, correrei il rischio di decadenza della concessione, come prevede il Codice della navigazione per chi non rispetta l’adempimento».
Una situazione assurda. Ma perché questo dovrebbe preoccupare altri suoi colleghi?
«Presentando ricorso, ho deciso di portare a pubblica conoscenza dei fatti gravissimi che finora erano a conoscenza solo della Guardia di finanza di Olbia e della Procura di Tempio Pausania, e che riguardano il mio primo ricorso sulla proroga al 2020 giunto fino alla Corte di giustizia europea».
Cioè?
«La vicenda che ha portato alla nota sentenza del 14 luglio 2016 è di facile lettura se si analizza dal principio in tutti gli aspetti. Nel 2012 fu pianificato un bando con il solo scopo di togliere la proprietà delle concessioni ai legittimi titolari, per poi rischiare di affidarle a persone non titolate, tramite una selezione con punteggi e criteri del tutto improvvisati. Il risultato è stato per l’appunto un rinvio a giudizio per turbativa d’asta».
La sua accusa è gravissima, ci spieghi meglio.
«È un caso unico finora, ma che potrebbe essere replicato in altre parti d’Italia. Tutto è iniziato nel 2012, quando il Comune di Loiri Porto San Paolo ha istituito un bando sulle concessioni in essere, pur essendo già in vigore la proroga al 31 dicembre 2015, applicata a livello nazionale e ovviamente anche in tutta la Regione Sardegna, che congelava le spiagge in mano ai titolari. Il bando si sarebbe potuto fare, ma mantenendo una linea a doppio binario come tanti Comuni costieri tuttora fanno, vedi il comune di Olbia per esempio, che l’anno scorso ha messo a bando nove nuove concessioni senza mettere in discussione quelle già esistenti. Ma così non è stato da noi. Questo è stato il motivo per cui ho presentato il mio primo ricorso, poi rivendicando anche la successiva proroga al 2020 che il Comune non voleva concedermi. Oltretutto la Bolkestein non doveva nemmeno essere applicata alle nostre concessioni, trattandosi di lotti tra i 200 e i 300 metri quadri per il solo noleggio di lettini e ombrelloni, senza bar e ristorazione, con fatturati mai superiori ai venticinque mila euro annui e dunque privi di interesse transfrontaliero certo. Dalla sentenza della Corte di giustizia del 14 luglio 2016 si ricava infatti che, nel caso di concessioni prive di interesse transfrontaliero certo affidate anteriormente al termine di trasposizione della direttiva Servizi (28 dicembre 2009), è consentito il rinnovo del rapporto concessorio senza esperire preventivamente una procedura di gara».
Giusto, ma torniamo al bando del suo Comune.
«Sin dal 2012, l’intento del Comune era quello di espropriarci delle concessioni di cui eravamo legittimi titolari, con criteri del bando accuratamente rifiniti ad hoc. Si pensi che uno di questi era che, a parità di punteggio, si sarebbe aggiudicato la gara chi avesse presentato per primo l’offerta. Ebbene, alle ore 10:01 dell’11 maggio 2012 il bando è stato pubblicato sull’albo pretorio del sito del comune di Loiri Porto San Paolo, e alle ore 10:40 dello stesso giorno, per l’appunto 39 minuti dopo la pubblicazione del bando, al protocollo è apparso come per magia la prima offerta, con una copiosa documentazione nonché con la fidejussione bancaria già pronta, come richiesto tra i criteri della gara».
Il suo sospetto è quindi che qualcuno conoscesse i contenuti del bando in anticipo?
«Non è un sospetto, ma una realtà dimostrata dai fatti. L’assegno circolare presentato per partecipare alla gara con un importo preciso, di cui sia la Guardia di finanza di Olbia in fase di indagini preliminari che i giudici hanno preso visione tramite accesso agli atti, era infatti stato emesso dal Banco di Sardegna in un orario antecedente alla pubblicazione del bando, esattamente alle ore 08:55 e per l’esattezza un’ora e sei minuti prima che il bando fosse stato pubblicato, e quindi alla conoscenza di chiunque. Tant’è vero che la Procura ha rinviato a giudizio per turbativa d’asta il sig. Piredda, titolare dell’offerta in questione, perché sarebbe stato impossibile essere a conoscenza di quell’importo specifico prima che il bando fosse stato pubblicato, senza tuttavia ritenere opportuno un analogo trattamento per l’amministrazione e per i dirigenti comunali che avrebbero dovuto tenere segreto lo stesso bando. Allo stato attuale l’amministrazione comunale si è costituita assieme a noi come parte offesa. Eppure, siamo davanti a una gravissima violazione dei principi di trasparenza e imparzialità previsti dalla stessa Bolkestein. Da qui le ragioni del nostro ricorso».
Perché accusa l’intera amministrazione comunale?
«Perché davanti a una gara palesemente turbata il Comune, anziché annullare gli atti in via di autotutela, come ha fatto di recente il Comune di Catanzaro (vedi notizia, NdR), e quindi anziché salvarsi da qualsiasi conseguenza giuridica e penale, è andato avanti per la sua strada sostenendo che io non sono titolare di nessun titolo concessorio. E la storia va avanti da sei anni senza che nessuno si muova, comprese le istituzioni».
Nel frattempo, il suo caso è diventato nazionale.
«Chi lo avrebbe mai detto? Non so quante telefonate ho ricevuto da parte di avvocati, giuristi e rappresentanti di ogni associazione di categoria. Se siamo arrivati fino a questo punto, è stato anche per delle scelte discutibili del Tar Sardegna, che non ci ha voluto dare subito ragione. Probabilmente perché non è mai stato al corrente della palese turbativa d’asta che ai tempi del primo ricorso non aveva ancor raggiunto il rinvio a giudizio, ma era solo in fase di indagini preliminari. Allora ci siamo rivolti al Consiglio di Stato, che ha imposto al Tar di applicare la legge nazionale e riconoscerci la proroga al 2020, ma il Tar Sardegna, non prendendo posizione in merito, si è allineato al Tar Lombardia rimettendo la questione alla Corte di giustizia europea, dove però non siamo usciti sconfitti. Come detto, secondo la Corte Ue, per il caso di concessioni rilasciate prima della data di entrata in vigore della direttiva Servizi (28 dicembre 2009), il rinnovo di concessione senza gara è contrario al diritto dell’Unione soltanto ove il titolo concessorio presenti un interesse transfrontaliero certo. Ebbene, al punto 68° della sentenza Promoimpresa e Melis, la Corte di giustizia contesta al Tar Sardegna di non aver fornito elementi per valutare se la mia concessione presentasse un interesse transfrontaliero certo. Per tale ragione la Corte di giustizia ha dichiarato che l’irricevibilità della relativa questione (punto 69° della sentenza Promoimpresa e Melis). Dunque, proprio nel mio caso, l’ultima parola non è stata ancora pronunciata e ad oggi la patata bollente è nelle mani del governo italiano, poiché si impone una riforma settoriale come hanno fatto altri paesi europei.
Inoltre, la sentenza Promoimpresa e Melis parla anche di principio di trasparenza, e mi sa che di trasparenza nel bando c’è ne stata ben poca. E parla di valutazione circa la sussistenza di un interesse transfrontaliero, e qui – come detto – non c’è nessun tipo di interesse di questo genere».
Cosa la fa arrabbiare di più, in questa storia?
«Tutto ciò che è successo in questi anni non mi rende assolutamente fiero di essere un cittadino italiano. Sono sicurissimo del fatto che, in un qualsiasi altro paese dell’Unione europea dove gli interessi del cittadino sono al primo posto, una faccenda analoga a questa si sarebbe risolta in poche settimane di indagini. La mia analisi è semplice: se alla prima occasione che dei politici hanno avuto di mettere a gara delle concessioni demaniali, un giudice ha ritenuto di rinviare a giudizio quella gara per turbativa d’asta, immaginiamo cosa potrebbe succedere a livello nazionale se tutti i comuni costieri provassero a farlo in maniera individuale e indipendente l’uno dall’altro, con criteri di aggiudicazione e di punteggi scelti da loro senza una linea chiara e ben definita!
Ci consideriamo fortemente discriminati in questa battaglia, dove ci sentiamo abbastanza soli e maltrattati. Non è concepibile che su migliaia di aziende siamo gli unici a non essere in possesso di una proroga al 2020. Non siamo diversi da gli altri concessionari di tutta Italia. Basti pensare che a pochi chilometri di distanza, ovvero nei Comuni limitrofi al mio, tutti gli stabilimenti balneari hanno avuto la proroga al 31 dicembre 2020, come l’hanno avuta i concessionari di Ostia o quelli di Sanremo, tanto per fare degli esempi. Allora, come funzionano la politica e la legge in Italia? Con figli e figliastri?».
In conclusione, quale messaggio ha voluto lanciare rilasciandoci questa intervista?
«Rivendico il diritto a lavorare e a non essere discriminato. Se le attuali concessioni balneari italiane dovranno mai essere messe a bando, a deciderlo dovrà essere una legge nazionale e non un sindaco o un dirigente comunale. Non ci si può svegliare dall’oggi al domani e fare per conto proprio, senza peraltro volerci riconoscere l’avviamento, che è un bene immateriale ma la cui consistenza economica è evidente, né gli investimenti fatti finora, né i sacrifici, né tantomeno la professionalità che abbiamo espresso e maturato in tutti questi anni. Noi concessionari, o meglio noi imprenditori balneari (così ci definisce l’articolo 11 comma 6 della legge n. 217/2011) facciamo parte di un comparto serio e professionale, unico nel suo genere in tutta Europa, e a differenza dei politici di turno, non abbiamo una data di scadenza.
Concludo facendo un appello che giunga urgente alla nuova classe politica italiana, dicendo loro che i tempi dei preliminari sono oramai finiti, e che urge una immediata riforma che tenga conto del fatto che le concessioni rilasciate prima del 28 dicembre 2009 – ove non presentino un interesse transfrontaliero certo come la mia – debbono essere trattate diversamente e possono essere lasciate nella titolarità degli attuali concessionari senza che ciò violi il diritto dell’Unione. Ma altrettanto urgente è una comunicazione preliminare a gli enti locali e Regioni, preanticipando la linea guida da seguire già da ora fino all’approvazione definitiva della nuova normativa, qualunque essa sia».
Le prove
Melis ci ha inviato una copiosa documentazione a prova di quanto sostiene. Ne pubblichiamo le parti più significative.
Documento 1 – La schermata che dimostra la pubblicazione del bando del Comune di Loiri Porto San Paolo, avvenuta alle 10.01 sull’albo pretorio online.
Documento 2 – La prima domanda di partecipazione protocollata, con orario di ricezione indicato alle 10.40 dello stesso giorno.
Documento 3 – La dichiarazione del Banco di Sardegna che ammette come l’assegno circolare in merito alla domanda di partecipazione sia stato emesso prima della pubblicazione del bando.
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