di Alex Giuzio
L’Avvocatura della Corte di giustizia dell’Unione europea si è espressa negativamente in merito alla proroga delle concessioni balneari italiane al 31 dicembre 2020. Le conclusioni dell’avvocato generale Maciej Szpunar purtroppo parlano chiaro: «L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che proroga automaticamente la data di scadenza delle autorizzazioni relative allo sfruttamento del demanio pubblico marittimo e lacuale».
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Tradotto in parole più semplici, secondo l’avvocato Szpunar la legge con cui l’Italia ha previsto la proroga al 2020 delle concessioni balneari è contraria al diritto europeo. Un parere che era atteso proprio per questa mattina, e che peserà sulla sentenza definitiva prevista tra aprile e maggio. Solo allora, infatti, la Corte di giustizia europea esprimerà una pronuncia definitiva sulla proroga delle concessioni balneari. Le conclusioni pubblicate oggi dall’avvocato servono solo a suggerire l’orientamento alla Corte, che però da consuetudine segue sempre l’orientamento dell’avvocatura, seppure non sia giuridicamente vincolata a farlo.
Le concessioni balneari italiane, in poche parole, potrebbero essere dichiarate illegittime: la precedente scadenza cade infatti il 31 dicembre 2015. La stagione balneare 2016 è comunque al sicuro, date le tempistiche strette, ma il governo dovrà intervenire subito con una nuova normativa che restituisca certezza al settore.
Al momento, la trattativa tra governo, Regioni e associazioni balneari si sta concentrando su una procedura di "doppio binario": lungo periodo transitorio per le attuali imprese e immediate evidenze pubbliche per le nuove concessioni. Anche se la Corte europea si pronuncerà negativamente sulla proroga al 2020, infatti, ciò non vieterà al nostro governo di concedere un "periodo transitorio", che è cosa diversa dalla proroga, in quanto si tratterà di una sorta di "correttivo" dovuto al fatto che gli imprenditori balneari hanno investito sulla base di un contratto di rinnovo automatico, poi abrogato senza che avessero il tempo di ammortizzare gli investimenti effettuati in precedenza. Le associazioni balneari hanno chiesto che questo periodo transitorio sia di minimo 30 anni e varie forze politiche di maggioranza e minoranza stanno cercando di assicurarlo, perciò non bisogna scoraggiarsi, ma anzi continuare la trattativa con ancora più determinazione di prima. L’orientamento della Corte di giustizia europea, infatti, era già dato per scontato dalle associazioni balneari, poiché la proroga al 2020, seppure sia stata concessa dal governo Monti per avere il tempo per legiferare, non era stata notificata all’Europa e aveva delle basi giuridiche troppo deboli. E infatti si è incagliata al primo ricorso.
Ora tutto è nelle mani dei sottosegretari Sandro Gozi (affari europei), Pier Paolo Baretta (economia) e Dorina Bianchi (turismo), ma soprattutto del neo ministro agli affari regionali Enrico Costa. Secondo alcune indiscrezioni, il ministro potrebbe presentarsi alla fiera Balnearia martedì 1° marzo, all’assemblea generale delle associazioni balneari Sib, Fiba, Assobalneari e Oasi, per assicurare direttamente gli imprenditori in merito all’intento del governo di concedere un lungo periodo transitorio.
Purtroppo la stampa generalista, a causa della scarsa conoscenza di una materia così complessa e di un pizzico di malafede, ha dato ampio risalto alla decisione della Corte europea con la solita superficialità e le consuete interpretazioni errate (condite sempre volentieri con qualche attacco gratuito contro la "lobby" dei balneari). Di seguito, riportiamo invece i commenti di tutte le associazioni balneari e di alcuni esponenti politici, che pur nella diversità delle reazioni, ricordano ai balneari che questa conclusione negativa era già attesa e cercano di trasmettere fiducia per la trattativa in corso con il governo.
I commenti delle associazioni balneari
Riccardo Borgo, presidente Sindacato italiano balneari – Confcommercio: «Le conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di giustizia europea (una sorta di nostro Pubblico Ministero) – e cioè che la proroga delle concessioni balneari al 2020 non sarebbe compatibile con il diritto europeo – necessitano di una attenta lettura e di valutazioni insieme ai nostri legali, già intervenuti in Lussemburgo nel dibattimento, non appena queste conclusioni saranno depositate (presumibilmente oggi o domani), così da capirne meglio le motivazioni e i possibili effetti. Non è che coltivassimo soverchie illusioni, visto anche l’atteggiamento dell’Avvocato generale durante il dibattimento: il miracolo non si è avverato e ora vedremo quale sarà – che è poi quello che conta davvero – la sentenza della Corte di giustizia che avremo tra qualche mese. Martedì prossimo a Carrara, in occasione di Balnearia, nella assemblea unitaria indetta da Sib, Fiba, Assobalneari e Oasi, avremo modo di approfondire e analizzare tutti gli aspetti di questa vicenda. Occorre tenere i nervi saldi e la mente lucida! Intanto affermiamo con forza che questa avvisaglia nulla toglie all’impegno e alla determinazione nella difesa delle nostre imprese. Né, ci auguriamo, alla volontà di parlamento, governo, Regioni e Comuni di lavorare alacremente su una legge di riforma condivisa – non in contrasto con la normativa europea ma nemmeno succube delle strette maglie burocratiche europee – che tuteli davvero il futuro delle imprese e il lavoro delle nostre famiglie».
Cristiano Tomei, coordinatore Cna Balneatori: «Il punto centrale della questione è rappresentato dalla sentenza della Corte, attesa per la primavera o per l’autunno. Anche le motivazioni della sentenza costituiranno un aspetto significativo, necessario per assodare i quesiti pregiudiziali posti al vaglio della Corte europea, particolarmente quello inerente la disponibilità delle coste italiane, tutt’altro che limitata. Al momento, è fondamentale continuare a svolgere il lavoro con le Regioni per ottenere un lungo periodo transitorio, motivato dal doppio binario e dall’argomentazione della sovrabbondanza della risorsa coste, argomento che costituisce il punto nodale che la nostra difesa giuridica ha posto al vaglio della Corte europea e sul quale aspettiamo un’apertura positiva, che consenta la formulazione di una legge analoga alle normative nazionali attualmente vigenti nella penisola iberica (Spagna e Portogallo). Forza balneari! Cna Balneatori continua a sostenere le proprie tesi, per tutelare sindacalmente e giuridicamente il comparto balneare italiano».
Fabrizio Licordari, presidente Assobalneari-Confindustria: «Siamo seriamente preoccupati per quanto concluso dall’avvocato generale della Corte europea relativamente al periodo della durata delle concessioni. Credo che mai come ora sia necessario che il governo italiano, che ha da poco nominato il nuovo ministro per gli affari regionali, si rechi a Bruxelles per negoziare con la Commissione europea un periodo transitorio non inferiore ai trent’anni come avvenuto in Spagna e Portogallo per tutelare il lavoro degli addetti delle 30.000 imprease balneari italiane. Crediamo fermamente che questo debba essere deciso a livello politico e non invece in un’aula di un tribunale. Mi chiedo altrimenti a che cosa serva una nostra rappresentatività parlamentare europea, se non si riesce a fare pesare a livello politico la tutela di un così importante patrimonio economico quale il turismo balneare italiano. Assobalneari Italia è pronta a sostenere qualsiasi azione che vada a difesa di questo importante settore produttivo».
Vincenzo Lardinelli, presidente Fiba-Confesercenti: «Le notizie arrivate dalla Corte di giustizia europea purtroppo non ci hanno sorpreso. Non si tratta di una pronuncia definitiva e ritengo che non cambi la situazione in atto: dovevamo già essere pronti con in mano un insieme di misure che portino alla soluzione del nostro problema. È dunque ora di portarle a termine. Adesso sappiamo che non si potrà più parlare di "rinnovi automatici", ma questo non significa che dovremo abbandonare la strada del doppio binario a cui stiamo lavorando. L’illegittimità della proroga al 2020 è cosa diversa dal periodo transitorio che chiediamo al governo, e nulla ci impedisce al momento di ottenerlo. Resta il fatto che, alla luce di questa posizione ufficiale dell’Unione europea, diventa ancora più importante rendere operativo il prima possibile il tavolo tecnico di confronto tra associazioni, governo e Regioni. Non è più possibile stare fermi ad aspettare, occorre lavorare subito sulla nuova norma».
Renato Papagni, presidente Federbalneari: «Ce l’aspettavamo e ci eravamo già preparati. La posizione dell’Unione europea era già nota e non hanno fatto altro che confermarla con le conclusioni dell’Avvocatura. Siamo convinti che dal 2018 le spiagge saranno mandate a evidenza pubblica e noi abbiamo fatto la scelta di andarci già, con le procedure di atto formale che hanno riguardato tutta la nostra associazione. Siamo sempre stati conscienti che non sarebbe potuto andare diversamente».
Giuseppe Ricci, presidente Itb Italia: «C’è bisogno di una soluzione che salvi, ora e subito, le nostre imprese, e non dopo, quando potrebbe essere troppo tardi. Occorre agire immediatamente attraverso una nuova legge che salvaguardi il settore degli imprenditori balneari, indipendentemente dalla decisione finale della Corte. La politica ha il dovere di darci delle certezze! A Bruxelles ci è stato riferito che dalla parte della Commissione europea non c’è una preclusione verso la nostra proposta di sdemanializzare, ma occorre che il governo italiano presenti la proposta in modo che la Commissione Industria e Commercio possa finalmente esaminarla. È necessario avere di più per garantire la continuità e ridare valore alle nostre imprese».
Le reazioni politiche
Sergio Pizzolante (deputato Nuovo Centrodestra): «Non c’è nessun automatismo nella proroga delle concessioni demaniali. Difatti, sia la proroga del 2015 che quella del 2020 sono state decise nelle more della riforma del sistema. La differenza tra le due proroghe sta nel fatto che quella del 2015 è stata notificata in Europa per respingere la procedura d’infrazione e bloccare, appunto, gli automatismi dei rinnovi; la proroga del 2020 è stata costruita per dare al sistema il tempo per riformare una materia molto complessa e non è stata notificata in Europa a causa dei cambi di governo e perché è in corso una trattativa. Comunque la prospettiva della sentenza ci obbliga a fare una legge subito, che è già allo studio del nuovo ministro per gli affari regionali Enrico Costa e dei sottosegretari Sandro Gozi, Pier Paolo Baretta e Dorina Bianchi. Per quanto mi riguarda, la legge, come ho comunicato ai responsabili di governo, dovrà essere impostata sui seguenti punti: gare per le aree dove non c’è impresa o vi siano concessioni senza impresa (circa il 50% delle coste italiane); prevedere un congruo periodo di transizione per le imprese esistenti come compensazione per il cambio di regime e per permettere al sistema pubblico centrale e degli enti locali di gestire il cambiamento; no alle aste che contemplano un concorso sulla base di valori economici, il canone deve essere definito prima e non può essere oggetto di offerte al rialzo; dopo la fase di transizione, ogni modello di affidamento delle concessioni nel rispetto del principio di concorrenza previsto dall’Europa, deve partire dal riconoscimento del valore di impresa e delle competenze acquisite negli anni. Le 30.000 imprese balneari, infatti, non sono nate abusivamente ma sulla base di una legge dello Stato che lo consentiva, e non possono essere chiuse per legge».
Manuela Granaiola (senatrice Partito democratico): «Pur non avendo effetti diretti, il parere dell’avvocato generale della Corte, Maciej Szpimar, peserà se non altro come orientamento su quella che sarà la sentenza della Corte di giustizia europea. Una doccia fredda sui balneari che, seppure prevedibile, getta nuovamente le nostre aziende in una situazione di angoscia insopportabile. Sarà dunque necessario un ulteriore e più incisivo impegno del governo italiano a Bruxelles per far valere le ragioni a sostegno e tutela delle nostre aziende. Il governatore della Toscana Enrico Rossi, che ringraziamo, ha ribadito quello che sarà il suo impegno a sostegno dei balneari sia a livello europeo che a livello regionale e lo ha dimostrato con le linee guida votate dalla giunta regionale sull’atto formale che consente la proroga fini a 20 anni delle concessioni in base agli investimenti. Non una soluzione ma un’opportunità. Il ministro per gli affari regionali Enrico Costa, che sarà martedì prossimo a Balnearia, si è impegnato entro 10 giorni a convocare una riunione con i sottosegretari Gozi e Baretta e alcuni rappresentanti dell’intergruppo costituito tra Camera e Senato per valutare le azioni da intraprendere al più presto. Non per minimizzare, ma per cercare di tranquillizzare gli operatori del settore, qualsiasi sarà la sentenza, occorreranno tempi lunghissimi per la sua attuazione e spero proprio che il governo saprà fare la sua parte».
Deborah Bergamini (deputata Forza Italia): «La pronuncia dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea, che ha ritenuto non conforme al diritto europeo la proroga delle concessioni balneari in essere, pur non essendo ancora una sentenza definitiva, è sicuramente un ennesimo campanello d’allarme per il nostro governo. La questione degli effetti della direttiva Bolkestein sulle concessioni demaniali marittime si trascina da troppi anni, rappresentando una vera e propria spada di Damocle per decine di migliaia di imprenditori italiani che, a questo punto, non sono neppure certi che le loro concessioni saranno valide la prossima estate, ovvero tra tre mesi. È ovvio che uno Stato che tiene in questa situazione di precarietà tanti cittadini che pagano le tasse, creano indotto e posti di lavoro, è uno Stato fallimentare. E un governo che, nonostante abbia anche presieduto da poco la Ue, non sia riuscito, a differenza dei governi di Spagna e Portogallo, a negoziare una soluzione con la Commissione, dimostra tutta la sua debolezza e inefficienza. Ma non c’è più tempo da perdere: l’Italia dimostri di saper tutelare i propri cittadini e il proprio sistema produttivo di fronte a tecnocrati europei che decidono senza conoscere il nostro territorio».
Perché la proroga al 2020 è arrivata in Corte di giustizia europea
Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale della Corte ha ricordato che con vari decreti legge emessi dal 2009 al 2012 e convertiti in legge, lo Stato italiano ha previsto la proroga automatica della durata delle concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative dapprima fino al 31 dicembre 2012 e poi fino al 31 dicembre 2020.
Alcuni gestori di attività presso alcune aree demaniali marittime in Sardegna e la Promoimpresa operante sul lago di Garda hanno negli anni passati aperto contenziosi davanti ai Tar della Sardegna e della Lombardia proprio a proposito di contestazioni relative al rilascio e e al rinnovo delle concessioni. Successivamente sia il Tar Sardegna sia quello della Lombardia hanno sollevato una questione pregiudiziale alla Corte Ue sulla legge italiana che prevede la proroga automatica e generalizzata della durata delle concessioni sino al 31 dicembre 2020, chiedendo di verificarne la compatibilità con il diritto comunitario e soprattutto con i principi di libertà di stabilimento, di protezione della concorrenza e di eguaglianza di trattamento tra operatori economici, nonché con quelli di proporzionalità e di ragionevolezza.
I giudici italiani, secondo quanto si legge nella nota della Corte, hanno espresso in particolare dubbi sull’automatismo della proroga poiché in questo modo si sottraggono al mercato, per un periodo "irragionevolmente lungo" (undici anni), delle concessioni di beni sicuramente molto importanti sul piano economico. Nella medesima nota si giudica che tale meccanismo, così come congegnato, parrebbe incidere in modo eccessivamente penalizzante, e quindi sproporzionato, sui diritti degli operatori del settore, che non hanno la possibilità di ottenere una concessione, malgrado l’assenza di concrete esigenze che giustifichino il protrarsi delle proroghe. Un tale sistema, si conclude, potrebbe quindi creare una discriminazione tra gli operatori economici.
L’avvocato generale ha ritenuto fondati i dubbi espressi dai Tar e ha oggi concluso che la direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato Ue, impedisce alla normativa nazionale di prorogare in modo automatico la data di scadenza delle concessioni per lo sfruttamento economico del demanio pubblico marittimo e lacustre.
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