«Le concessioni balneari in Sicilia sono state gestite diversamente dal resto d’Italia: l’estensione al 2033 non è stata un rinnovo automatico, e pertanto va mantenuta valida». Lo sostiene l’Associazione turistica balneare siciliana, che ha intrapreso una battaglia legale contro la Commissione europea e il Consiglio di Stato per rivendicare la propria tesi. Secondo l’associazione, grazie al particolare iter istruttorio utilizzato per applicare la legge 145/2018 che aveva disposto il prolungamento di quindici anni, sarebbe possibile mantenere la validità dei titoli fino al 2033 nonostante il Consiglio di Stato l’abbia annullata. Per ottenere ragione, i balneari siciliani hanno presentato ricorso al Tar di Catania e hanno inviato una lettera alla Commissione europea, che ha risposto nei giorni scorsi.
La missiva di Bruxelles, firmata dal capo ufficio della Direzione generale del mercato interno Salvatore D’Acunto, afferma che la sentenza del Consiglio di Stato va applicata anche alle concessioni balneari siciliane, in quanto la Regione ha applicato la legge italiana 145/2018 che è stata poi oggetto di annullamento da parte di Palazzo Spada; ma l’Associazione balneare siciliana contesta questa tesi: «Evidentemente Bruxelles non è a conoscenza che, per legge, il demanio marittimo della Sicilia appartiene alla Regione, che trattiene per sé tutti i proventi. Il sistema di gestione del demanio marittimo della Sicilia si differenzia moltissimo dal resto d’Italia, dove la gestione, con procedimenti assai differenti, è stata affidata ai Comuni costieri. In Sicilia, invece, è solo la Regione a gestire ogni attività sul demanio marittimo e a rilasciarne i titoli».
Prosegue la nota dell’Associazione balneare siciliana: «La Regione Sicilia applica sul demanio marittimo una sua normativa, differente dal resto d’Italia, e a Bruxelles sfugge che la legge nazionale 145/2018 è stata modificata dalla Regione Sicilia nel suo recepimento. Non a caso noi concessionari della Sicilia, a differenza dei nostri colleghi del resto d’Italia, siamo stati costretti a un nuovo iter istruttorio per ottenere l’estensione del titolo fino al 2033, che è stato lungo, laborioso e certamente non tacito. Alla luce di ciò, appare evidente che noi concessionari siciliani non abbiamo ottenuto un’estensione automatica del titolo», come invece ha contestato il Consiglio di Stato nell’annullare la legge nazionale.
L’associazione, inoltre, si fa forte del fatto che il demanio marittimo in Sicilia sia gestito a livello regionale e non comunale, e pertanto non sussista la “scarsità di risorsa“, che è tra i criteri previsti dalla direttiva europea Bolkestein per applicare le gare: «Le coste siciliane sono occupate in minima parte dalle concessioni demaniali marittime, ovvero per il 15%, di cui appena lo 0,4% da strutture balneari. Siamo una regione con molte risorse naturali da poter affidare tramite bando, pertanto è possibile garantire la concorrenza richiesta dalla Commissione europea e al contempo mantenere le concessioni già in essere fino al 31 dicembre 2033».
Per approfondire
- Scarica la nota dell’Associazione balneare siciliana, seguita dalla lettera di risposta della Commissione europea »
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