Sui maxi canoni delle concessioni balneari, due tribunali esprimono due sentenze opposte nel giro di pochi giorni: mentre il Tar di Firenze ha dichiarato illegittimi gli aumenti del 400% richiesti dall’Agenzia del demanio ad alcuni stabilimenti balneari di Tirrenia in base ai valori Omi, il Consiglio di Stato ha confermato la validità delle maxi cifre pretese nei confronti dei concessionari di Gaeta.
A uscire sconfitti, nel secondo caso, sono una decina di imprenditori balneari del Lazio: nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha infatti confermato la cosiddetta “alta valenza” per le spiagge di Gaeta, sancendo di conseguenza la legittimità dei maxi canoni che si trovano costretti a pagare i titolari delle concessioni demaniali nella città del Golfo (ma in questo caso senza l’applicazione dei valori Omi). A essere respinti sono stati i ricorsi della società Lido Serapide di Riciniello, della società Selene di Angela Ugliano, del Lido Viareggio di Lucia Stefanelli, della società Sirio di Giuseppe Capobianco, del Lido La Perla, del Lido di Giuseppe Mitrano, della Cycas, del Miramare, del Lido Ariana, di Fulvia Frallicciardi, di Damiano Magliozzi, e dello stabilimento Aurora. Tali ricorsi avevano chiesto di sospendere i provvedimenti comunali e regionali che hanno portato all’alta valenza, ma il giudice ha giudicato l’appello infondato e ha condannato i balneari anche a pagare mille euro di spese al Comune. Già il Tar Lazio aveva avallato la decisione del Comune, ritenendo che l’ente locale si era attenuto a quanto stabilito dalla Regione in materia e che aveva utilizzato le fonti e gli indicatori fissati con norma regionale.
Meglio è andata, invece, ad alcuni imprenditori balneari di Tirrenia, anche se in questo caso la vicenda non è ancora del tutto chiusa. Con una sentenza emessa lo scorso dicembre, infatti, il Tar di Firenze ha stabilito che i super canoni che l’Agenzia del Demanio, attraverso il Comune di Pisa, aveva chiesto agli stabilimenti balneari della località pisana (con aumenti addirittura del 400%) non sono legittimi e quindi sono inapplicabili.
I titolari degli stabilimenti balneari in questione avevano presentato ricorso nel 2008 contro il ricalcolo, contestando la decisione dell’Agenzia del demanio di applicare sulle strutture di “difficile rimozione” i nuovi canoni calcolati sui valori Omi (Osservatorio mobiliare italiano). Sugli edifici in muratura più grandi, le cifre richieste superavano i 100.000 euro annuali ed erano dunque insostenibili per delle piccole imprese familiari: per questo i concessionari, assistiti sia dal legale di Confcommercio Alberto Giovannelli che dal collega di Confesercenti Toscana Nord Giuseppe Toscano, hanno presentato un ricorso collettivo che è stato accolto dal Tar, ritenendo che sulle concessioni demaniali, venendo rinnovate automaticamente alla loro scadenza, sussisteva una prosecuzione del rapporto che impedisce il ricalcolo del canone.
«La concessione rinnovata si riallaccia alla precedente senza alcuna soluzione di continuità costituendone la prosecuzione – si legge nella sentenza – che non può nemmeno essere impedita dall’invio di una disdetta da parte del concedente (ma solo dall’esercizio del potere di revoca, che è tutt’altra cosa)». Tuttavia, come detto, la vicenda toscana non è ancora chiusa: l’Agenzia del demanio potrà infatti ancora ricorrere al Consiglio di Stato, e intanto i balneari più solerti, che hanno pagato i maxi canoni nonostante le ingiustizie, potrebbero ricevere i rimborsi tra chissà quanti anni.
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