Gli stabilimenti balneari di Rimini sono stati sconfitti: l’Imu sugli ombrelloni va pagata, anche se solo per metà rispetto alla cifra richiesta inizialmente dall’Agenzia delle entrate. È la decisione della Commissione tributaria di Rimini, che si è espressa nei giorni scorsi sulla questione che stava tenendo da anni i balneari romagnoli col fiato sospeso.
La vicenda è iniziata nel 2017, quanto l’Erario ha presentato a 500 stabilimenti balneari della nota località romagnola la richiesta di pagare ben 35 euro di Imu per ogni palo piantato sulla sabbia. Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, l’ombrellone è soggetto all’imposta in quanto rappresenta una fonte di reddito per gli stabilimenti. Ma i balneari si sono rifiutati di pagare e hanno portato centinaia di ricorsi in tribunale, da dove però sono usciti sconfitti: la Commissione tributaria ha infatti stabilito che la “tassa sull’ombra” va pagata, seppure per la metà rispetto a quanto chiesto inizialmente dal fisco. Di conseguenza, gli stabilimenti riminesi dovranno pagare l’Imu non solo sui manufatti stabili come cabine e chioschi, come è sempre stato, ma da quest’anno anche sugli ombrelloni. Per il momento l’Agenzia delle entrate di Rimini è l’unico ufficio ad avere preteso questo balzello, ma ora la vicenda rischia di diventare un precedente da applicare sugli altri lidi d’Italia.
La solidarietà della Lega
Vicinanza agli operatori balneari è arrivata dalla Lega. Così recita una nota del senatore Gian Marco Centinaio e della candidata alla presidenza dell’Emilia-Romanga Lucia Borgonzoni: «La tassa sull’ombra è l’ennesima incudine di un fisco nemico dell’imprenditoria e del turismo. Siamo dalla parte dei balneari, abbiamo lavorato al governo riuscendo a scongiurare la Bolkestein e le insidie dell’Unione europea, ora non lasceremo che il tanto lavoro fatto venga compromesso da una burocrazia che si accanisce su chi lavora, producendo costi e inutili lentezze. Ci ha già pensato il governo Pd a inondare di nuove tasse il paese, che graveranno soprattutto su regioni ad alto valore produttivo come l’Emilia-Romagna, non è tollerabile che la macchina del fisco appesantisca ulteriormente questo fardello».
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