NAPOLI – «La riforma delle concessioni balneari sarà rinviata alla prossima legislatura, non possiamo più nasconderlo. E di qualunque colore sarà il nuovo governo, non potrà che introdurre le procedure comparative per gli stabilimenti». Lo ha detto il sottosegretario al Ministero delle infrastrutture Umberto Del Basso De Caro (nella foto), intervenendo al convegno sulle “Concessioni demaniali marittime” organizzato ieri a Napoli da I Demanialisti, Studio Legale Cacciapuoti e Mondo Balneare. «Il disegno di legge è stato assegnato alle commissioni 6^ e 10^ del Senato, ma queste non lo hanno nemmeno calendarizzato – ha confermato il sottosegretario – poiché una volta concluse la manovra fiscale e la legge di bilancio, il parlamento sarà sciolto e non ci sarà più tempo per fare altro. Volendo essere realisti, ricominceremo a parlare di questa riforma non prima di luglio 2018».
In realtà, a quanto risulta dal sito del Senato, proprio domani pomeriggio le due commissioni competenti dovrebbero iniziare l’esame del ddl, con relatrici Stefania Pezzopane e Mara Valdinosi (Pd). Ma prendendo per buone le parole del sottosegretario, non ci sarebbe il tempo necessario per concludere l’iter in aula.
Il convegno di ieri, tenutosi alla Stazione marittima di Napoli, è stato molto seguito non solo dagli operatori balneari, ma anche da numerosi avvocati, commercialisti, ingegneri e impiegati della pubblica amministrazione che volevano saperne di più sul delicato tema delle spiagge. I relatori hanno affrontato l’argomento da ogni punto di vista – normativa e burocrazia, paesaggio e ambiente – e le conclusioni di Del Basso hanno tirato le somme di questa difficile partita. «La direttiva europea Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi doveva essere recepita entro il 2009 – ha aggiunto il sottosegretario – ma di rinvio in rinvio siamo arrivati al 2018 senza essere riusciti a varare una riforma più che mai necessaria: dopo l’abrogazione del diritto di insistenza e l’illegittimità della proroga al 2020, gli operatori non hanno più certezze; anzi si stanno accumulando decine di sentenze dei Tar talvolta in contraddizione tra loro».
«Il terreno è molto scivoloso – ha infine detto Del Basso De Caro – ma l’ordinamento comunitario prevede le procedure comparative, per cui è inevitabile che queste vengano introdotte. L’importante è garantire allo stesso tempo la tutela degli investimenti, il riconoscimento di un indennizzo pari al valore commerciale, il legittimo affidamento e un adeguato periodo transitorio, proprio come intendeva fare la legge-delega, andando incontro a quegli imprenditori che in base al precedente regime normativo hanno fatto delle scelte di vita e degli investimenti. Auspico perciò che la prossima legislatura inserisca la questione balneare tra le sue priorità, confrontandosi con tutti gli stakeholders per redigere una riforma seria e condivisa da Regioni e associazioni di categoria».
La questione è tuttavia ancora apertissima: Fulvio Bonavitacola, vicepresidente della Regione Campania, ha per esempio proposto durante il convegno di «istituire un diritto di prelazione per quei concessionari che finora hanno dimostrato di saper lavorare bene, e con la condizione di continuare a investire per lo sviluppo del settore», e analogamente Paola Bovier della Soprintendenza di Napoli ha invitato a «distinguere chi finora ha lasciato la propria spiaggia in degrado da chi invece ha contribuito a salvaguardare e arricchire il territorio: per i primi è giusto riassegnare la concessione al progetto migliore, per i secondi è ingiusto espropriarli delle loro aziende. In seguito Pietro Spirito, presidente dell’Autorità portuale del Mar Tirreno centrale, ha invece sottolineato che «il cambiamento in atto nelle concessioni demaniali marittime è soprattutto un processo culturale, e come tale implica che gli operatori cambino mentalità. Il che non si può certo fare per decreto».
A riepilogare l’attuale situazione normativa in cui versano le concessioni balneari ha pensato Domenico Ciccarelli, giurista esperto in demanio marittimo e appalti: «Le preoccupazioni degli attuali operatori sono ragionevoli – ha detto l’avvocato – ma le concessioni sono sempre state affidate secondo delle procedure di selezione. E ricordiamo che, se anche non ci fosse la direttiva Bolkestein, rimarrebbero comunque i trattari fondativi dell’Unione europea a imporre le evidenze pubbliche». A cambiare le carte in tavola è stato il regime di rinnovo automatico, «che ha generato negli imprenditori la legittima aspettativa di poter disporre delle spiagge secondo una durata illimitata – ha aggiunto Ciccarelli – ed è giusto che anche questo problema venga risolto nella futura riforma. Ma ormai non si può più tornare indietro, trovandoci nel pieno di un ordinamento che prevede le gare. Pertanto, occorre redigere una riforma ineccepibile dal punto di vista tecnico, in modo da tutelare gli attuali concessionari senza intraprendere scappatoie in contrasto col diritto comunitario che porterebbero a una rapida dichiarazione di incostituzionalità».
Ma se c’è un problema che le evidenze pubbliche sulle concessioni balneari alimenterebbero, è quello dei contenziosi, e proprio di questo aspetto si è occupata Vinca Savelli Giannuzzi dell’Avvocatura di Stato: «Per la verità il contenzioso sul demanio marittimo è un fenomeno tutto italiano – ha sottolineato l’avvocato – dal momento che in tutto il resto d’Europa i concessionari possono occupare solo una piccola porzione della spiaggia che hanno in gestione: per esempio, in Francia devono lasciare l’80% del litorale alla libera fruizione senza poterci installare attrezzature, ma solo mantenendo pulito». I contenziosi sul demanio marittimo, ha aggiunto Giannuzzi, «sono finora stati avviati soprattutto dai cosiddetti “newcomers”, cioè da quegli operatori economici che volevano entrare nel mercato delle concessioni balneari, ma che si scontravano contro un sistema che precludeva il loro ingresso. Se però la futura riforma istituirà le procedure di selezione sulle migliaia di attuali concessioni, i contenziosi aumenteranno sensibilmente, come d’altronde avviene per qualsiasi evidenza pubblica. Per evitare questo, occorre redigere attentamente dei bandi che garantiscano la parità di trattamento e un adeguato periodo transitorio, ma ancora meglio sarebbe sostituire la concessione come sistema di gestione del demanio marittimo: si tratta infatti di un modello ormai superato da altri strumenti, come la cogestione pubblico-privata, le srl a gestione collettiva e i consorzi, che garantiscono più efficacia e maggiori remunerazioni».
Il convegno napoletano ha affrontato anche dei temi molto tecnici e specialistici, come il funzionamento del Sistema informativo demanio (illustrato dagli esperti dell’associazione I Demanialisti) e del nuovo software per la gestione del demanio marittimo in Regione Campania (affrontato dall’architetto Antonella Marciano dell’assessorato regionale al turismo). Infine, il segretario dell’Autorità portuale del Mar Tirreno centrale Francesco Messineo ha trattato la questione delle concessioni demaniali marittime dal punto di vista dei porti («è assurdo che in Italia le autorità portuali siano considerate degli enti pubblici non economici, impedendo loro di fare business e dunque di essere competitive con i grandi porti europei», ha denunciato l’architetto), mentre l’ingegnere Crescenzo Prisco, del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche di Campania, Molise, Puglia e Basilicata, ha svolto una lunga e dettagliata relazione sul grave problema dell’erosione costiera, che minaccia la scomparsa di oltre un terzo delle spiagge italiane, descrivendo le varie tecniche per la protezione dei litorali. «Le scogliere sommerse anti-erosione arrivano a un costo di 3 milioni di euro al chilometro, e i ripascimenti artificiali addirittura a 3,5 milioni di euro al chilometro. Ma si tratta di cifre ben spese, se si pensa che, secondo l’Unione europea, un metro quadrato di spiaggia ha un valore che oscilla dai 600 ai 1.700 euro a seconda della zona geografica».
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