Ingressi limitati, divieti di assembramento e piazzole delimitate da corde rasoterra: sono alcune delle idee con cui le amministrazioni delle località costiere dovranno fare i conti per gestire le spiagge libere, non appena le autorità sanitarie imporranno i protocolli per regolamentare le attività turistiche e contenere il rischio di nuovi contagi da coronavirus. Gli arenili saranno gli ambienti più complessi da gestire la prossima estate: se nelle aree in concessione agli stabilimenti balneari sarà responsabilità del titolare rispettare le sanificazioni e il distanziamento tra gli ombrelloni, diverso è il discorso per le spiagge libere, di competenza dei Comuni e da sempre affollate di turisti abituati a stendersi dove capita e a stare molto vicini nei giorni di maggiore affollamento. Ma dal momento che tutto ciò non sarà più possibile per la prossima estate, chi sarà a far rispettare le distanze? E a chi toccherà sorvegliare?
Di chiudere le spiagge libere per evitare il problema alla fonte, non se ne parla nemmeno: «Sono una parte della nostra offerta turistica e un importante servizio alla cittadinanza – afferma Simone Battistoni, presidente del Sib-Confcommercio Emilia-Romagna – perciò bisogna continuare a garantirle, studiando soluzioni apposite». Ma oltre a mantenere questo diritto a chi non vuole o non può permettersi l’affitto di un ombrellone in un lido attrezzato, c’è anche il problema della sorveglianza, difficile soprattutto nei tratti di costa più estesi. Per ragionarci sopra e per fornire qualche spunto, abbiamo interpellato proprio i rappresentanti degli imprenditori balneari, che con la loro esperienza nella gestione del demanio marittimo, hanno molte idee interessanti da proporre per regolamentare le aree di libera fruizione. Poi starà alle istituzioni coglierle ed eventualmente applicarle.
«Dove le spiagge libere sono poche e circoscritte, come in alcune località della riviera romagnola, il problema è più facilmente risolvibile», prosegue Battistoni. «Basterebbe infatti delimitare una sorta di piazzole, magari con delle corde rasoterra, e apporre dei cartelli che informino sul limite massimo di un nucleo famigliare per ogni spazio. Nei litorali più ampi e selvaggi, invece, la questione si fa più complicata e ritengo che non si possa far altro che affidarsi al buonsenso delle persone. D’altronde sono sicuro che i frequentatori delle spiagge avranno un grande rispetto per il distanziamento: come abbiamo imparato a mantenere il metro di sicurezza al supermercato, così lo faremo in riva al mare».
Un minimo di sorveglianza sarà però necessaria per verificare che tutti rispettino le regole, e in questo senso ecco l’idea di Mauro Della Valle, presidente di Federbalneari Salento: «Noi balneari non abbiamo l’autorità né le risorse per pattugliare le spiagge libere, perciò dovranno pensarci le forze dell’ordine. E anziché farlo via terra potrebbero farlo via mare, da dove è possibile tenere d’occhio ampi raggi di litorale senza dover ricorrere all’uso di droni». Gli imprenditori si dichiarano comunque a disposizione degli enti pubblici: «Siamo fiduciari dello Stato e non possiamo tirarci indietro proprio in questo momento di emergenza – prosegue Della Valle – perciò, anche se avremo molte adempienze di cui occuparci nella prossima stagione, in Puglia siamo pronti per fare affiancamento e formazione a un eventuale personale straordinario di sorveglianza che i sindaci dovessero assoldare per controllare le spiagge libere, nonché per aiutare nel salvataggio e nella pulizia».
L’idea di Della Valle è sposata anche da Stefano Gazzoli, presidente di Fiba-Confesercenti Toscana: «Siamo già in dialogo con le istituzioni per mettere a disposizione la nostra competenza, anche se il tema non è di facile soluzione. L’importante è non creare disparità di trattamento: se davvero gli stabilimenti balneari dovranno rispettare degli stringenti protocolli sanitari, non accetteremo che le spiagge libere possano essere completamente abbandonate a loro stesse. I Comuni dovranno delimitare delle aree per nuclei famigliari, installare un’adeguata cartellonistica e controllare gli accessi, per esempio contando le auto parcheggiate nelle aree non urbane».
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