Nuovi inghippi normativi in arrivo per i balneari. Nei giorni scorsi il Tar del Veneto ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 54 della legge regionale del Veneto n. 33 del 4 novembre 2002, che disciplina l’indennizzo per i titolari uscenti di concessioni demaniali marittime. La Corte costituzionale dovrà decidere se è legittimo o meno che il concessionario subentrante, in caso di aggiudicazione di un’attività balneare tramite gara, debba corrispondere al concessionario uscente un indennizzo calcolato sul valore aziendale.
La pronuncia della Consulta sarà di enorme rilievo per i titolari di tutti gli stabilimenti balneari italiani: al di là del caso specifico locale, infatti, il meccanismo dell’indennizzo è uno dei temi cardine che dovrà essere affrontato nella riforma organica del demanio marittimo a cui il governo nazionale sta lavorando (purtroppo con immenso ritardo: l’esecutivo si era infatti dato come termine il 30 aprile scorso, ma del provvedimento non si sa ancora nulla). Questo perché la legge di bilancio 2019, che aveva esteso le attuali concessioni di 15 anni, tra i principi cardine su cui dovrà basarsi la futura riforma generale riporta infatti anche la “valorizzazione degli investimenti effettuati dai concessionari con i connessi ammortamenti”.
Il contenzioso che ha portato a questa decisione del Tar Veneto ha avuto origine a Bibione, nota località balneare del Comune di San Michele al Tagliamento, che aveva istituito una procedura di evidenza pubblica su una concessione demaniale marittima di 26mila metri quadri. In base alla legge regionale del Veneto n. 33/2002, il vincitore della gara avrebbe dovuto corrispondere al concessionario uscente un indennizzo pari al 90% del valore commerciale, stimato dai periti del Comune stesso in 2 milioni e 246 mila euro.
Una prima valutazione commerciale era stata calcolata da periti nominati unilateralmente dal concessionario uscente, i quali avevano stimato il valore aziendale in oltre 11 milioni di euro, ma la società Bipark srl, interessata a ottenere la concessione, aveva presentato ricorso al Tar contestando l’obiettività di tale calcolo. I giudici avevano dato ragione alla Bipark e avevano disposto che il calcolo del valore commerciale dovesse essere effettuato da tecnici comunali.
A questo punto la Bipark ha presentato un secondo ricorso, contestando la legittimità stessa del meccanismo dell’indennizzo e ottenendo nuovamente ragione. Secondo i giudici del Tar, infatti, l’indennizzo «non rispetta i principi della concorrenza, dissuadendo gli eventuali concorrenti e beneficiando il gestore uscente». Inoltre, sempre secondo i giudici, «la disciplina regionale contrasta con il principio – dettato dall’art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 59/2010 – a sua volta recante la trasposizione nel diritto interno della direttiva n. 2006/123/CE – secondo cui, ove il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato, il titolo è rilasciato per una durata limitata, non può essere rinnovato automaticamente e – ciò che qui rileva – non possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente».
Per questo, il tribunale amministrativo ha rimesso la questione dinanzi alla Corte costituzionale, che ora dovrà esprimersi su questa delicata e scottante materia. Col rischio di generare ulteriori caos normativi alla già intricata questione balneare italiana, che ha urgente bisogno di essere riformata al più presto per evitare i continui contenziosi che vanno avanti da molti anni.
La sentenza n. 651 del 27 maggio 2019 del Tar Veneto, sezione I, è disponibile cliccando qui.
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