Indiscrezioni di stampa odierne, peraltro confermate da una bozza di provvedimento ormai noto a tutti, riferiscono dell’inclusione (vedi l’art. 26 cliccando qui) degli operatori di spiaggia nel cosiddetto decreto sulle liberalizzazioni che il Governo si accinge a varare nei prossimi giorni. In particolare, si riferisce che per chiudere la procedura di infrazione comunitaria e, quindi, per l’adeguamento al diritto europeo della disciplina delle concessioni demaniali marittime, le stesse andrebbero messe a gara e la loro durata non potrebbe superare i 4 anni.
Se questa è l’intenzione del governo, si stravolgerebbe una decisione assunta dal Parlamento appena qualche settimana fa e, con essa, tutto il lavoro di concertazione svolto con i rappresentanti delle imprese che ha trovato la sua temporanea conclusione con l’articolo 11 della legge n. 217 del 15 dicembre 2011 “Legge comunitaria 2010”. Provvedimento che rende completamente conforme alla normativa dell’UE quella italiana in quanto aderisce puntualmente e precisamente alla richiesta della Commissione europea C(2010)2734 del 5.5.2010; tanto che si attende, a giorni, la definitiva archiviazione della P.I. 20084908 del 2.2.2009.
Inoltre questa norma, assegnando 15 mesi di tempo al Governo per adottare un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime, consente di poter valutare con attenzione e serenità tutte le esigenze in campo e il confronto con le forze politiche e sociali, secondo criteri e principi atti a coniugare positivamente la normativa europea e la salvaguardia delle ragioni legittime di chi, da anni, investe risorse e professionalità nella gestione delle nostre spiagge, valorizzando l’offerta turistica italiana e favorendo l’occupazione in modo stabile.
Alla luce di queste considerazioni, appare ancor più stupefacente la decisione di ricorrere allo strumento del decreto “prendere o lasciare” che liquida un settore di successo dell’economia italiana, e con esso decine di migliaia di famiglie che lo hanno reso possibile. Così come appare del tutto incomprensibile la previsione di una durata delle concessioni di 4 anni e non rinnovabile. Sarebbe questo il modo più sicuro per rendere anche il nostro settore precario in eterno e tale da portare il concessionario a cercare di massimizzare i profitti senza investire. Si darebbe in questo modo vita ad una riffa quadriennale nella quale gli unici che potrebbero partecipare e vincere sono coloro che dispongono di denaro facile e in grande quantità. Non certo le 30.000 famiglie che sono dietro alle imprese balneari che, su quelle spiagge, hanno profuso risorse e anni di lavoro.
Chiediamo pertanto lo stralcio di questa norma pasticciata e che, se si ritiene il settore balneare meritevole di un intervento normativo, ciò avvenga come già previsto non in modo frettoloso ma in maniera meditata e, soprattutto, in ossequio ai deliberati sia del Parlamento italiano (v. odg approvato all’unanimità dal Senato in data 5.5.2011) che del Parlamento europeo (risoluzione del 27 settembre 2011 – 2010/2206/INI).
Ci rifiutiamo di credere che, per l’attuale Governo, i cosiddetti “campioni nazionali” meritevoli di attenzione e prudenza nell’emanazione di nuove norme siano solo quelli rappresentati dalle grandi aziende, tipo l’ENI e la SNAM, e non anche settori, come quello balneare, costituite da decine di migliaia di aziende che, proprio per la loro caratteristica di essere, nella quasi totalità, a gestione familiare (preferibile nella cura delle persone), hanno dimostrato, sin qui, di essere altamente competitivi nel mercato internazionale delle vacanze, dando lustro, successo e, soprattutto, centinaia di migliaia di posti di lavoro al nostro Paese.
Da oggi tutti i balneari italiani sono in stato di mobilitazione, determinati a difendere il futuro delle loro imprese e delle loro famiglie. Le organizzazioni nazionali preparano per i prossimi giorni le riunioni dei loro organismi dirigenti.
I quattro sindacati di categoria:
Sib-Confcommercio, Cna Balneatori, Fiba-Confesercenti, Assobalneari-Confindustria
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