Da una parte la terra in Giappone continua a tremare e nuove perdite d’acqua radioattiva sono state rilevate nella centrale nucleare di Onagawa, dall’altra non è così semplice dire, senza alcuna ombra di dubbio, quanto i nostri mari siano effettivamente al sicuro.
I radionuclidi – gli atomi instabili che decadono emettendo energia sotto forma di radiazione – riversati in mare con le acque contaminate, infatti, "mettono a forte rischio" l’ecosistema in generale e alcune specie in particolare.
"I rischi per la biodiversità marina – spiega Silvano Focardi, Professore di Ecologia all’Università di Siena e membro del Comitato Scientifico di Marevivo – sono legati alla durata e alla dimensione dell’incidente; e sono rappresentati dalla insorgenza di danni gravi che possono arrivare fino a mutazioni genetiche capaci di incidere sulle capacità riproduttive degli organismi".
"Questo può essere particolarmente grave in un periodo come quello attuale, in cui molte specie nel nostro emisfero si avvicinano alla riproduzione – continua Focardi – in quanto uova e larve dei pesci sono estremamente sensibili e possono sviluppare mutazioni letali. Per l’uomo, il consumo prolungato di alimenti anche debolmente contaminati, costituisce un pericolo, perché i radionuclidi si fissano nell’organismo e, con il passare del tempo, possono determinare gravi patologie".
Insomma, è difficile dire in questi giorni, in una situazione ancora così provvisoria, quanto sia grave l’incidente di Fukushima per l’Italia, anche perché le informazioni date fino ad oggi, a detta del noto studioso, sono almeno in parte poco attendibili e la durata nel tempo del disastro è imprevedibile.
Concentrazioni significative di particelle sono state misurate alle Hawaii e in California e lo iodio 131 è arrivato anche da noi: "le concentrazioni rilevate in Italia sono, si dice, trascurabili e non pericolose ma – rileva Focardi – proprio per le incertezze delle informazioni pervenute finora, è bene non sottovalutare il problema e porre la massima attenzione. Lo iodio 131 ha una emivita di pochi giorni, ma presenta una notevole aggressività per la tiroide".
Chernobyl insegna: in seguito al disastro, il numero dei tumori alla tiroide nei giovani di allora è aumentato in maniera considerevole, quindi, solo fra molti anni riusciremo a conoscere la reale portata del grave incidente di Fukushima. Sempre in merito a Chernobyl, vale la pena ricordare che attorno alla centrale vi sono 800 siti, allestiti in fretta ed in emergenza, dove sono state sotterrate e stipate parte delle scorie radioattive dell’incidente.
La notevole radioattività, presente in questi siti, sta inquinando le falde acquifere collegate ai fiumi Pripyat e Dnepr, le cui acque confluiscono nel Mar Nero e sono bacino acquifero per 30 milioni di persone.
Fonte: ufficio stampa Marevivo
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