di Alex Giuzio
ROMA (ore 22.00) – È finita poco prima delle 21 l’avventura di Marcello Di Finizio in cima alla cupola di San Pietro (foto Ansa). L’imprenditore balneare triestino, 47 anni, è rimasto legato a un lucernaio per circa 27 ore, con tanto di striscione, per protestare contro le aste delle concessioni demaniali di spiaggia (vedi notizia precedente). Le riprese del suo gesto, effettuate da Mondo Balneare (che si trovava in cima alla cupola insieme a Di Finizio), hanno fatto il giro di tutti i telegiornali, attirando l’attenzione mediatica sui problemi che la categoria balneare sta vivendo da diversi anni. Questa mattina Di Finizio è stato raggiunto da circa 50 balneari provenienti da Toscana, Liguria ed Emilia-Romagna.
Per ottenere visibilità da un governo che sta trascurando un’importante questione che coinvolge trentamila piccole imprese italiane, Di Finizio ha dovuto mettere a repentaglio la sua vita, ma è sceso perché ha ottenuto la riapertura del tavolo tecnico tra i ministri al turismo Piero Gnudi e agli affari europei Enzo Moavero Milanesi, i sindacati balneari e una delegazione scelta da Di Finizio. Tavolo tecnico aperto il 23 febbraio con un incontro, al quale non è più seguito alcun contatto. Nel frattempo il ministro Gnudi è andato avanti a preparare un decreto legge senza confrontarsi con la categoria, decidendo probabilmente le evidenze pubbliche delle concessioni marittime demaniali. Ma grazie al gesto di Di Finizio, la prossima settimana il governo tornerà a confrontarsi con la categoria.
L’agenzia Adnkronos ha riportato queste dichiarazioni del ministro Milanesi: «Il governo è attivamente impegnato per trovare una soluzione per le implicazioni della direttiva Bolkestein sulle concessioni per gli stabilimenti balneari. Insieme al ministro Gnudi stiamo cercando una soluzione. La situazione di Marcello Di Finizio ci sta molto a cuore, ma è anche dovere del governo adempiere a normative europee in vigore da anni e che sono state recepite nel diritto italiano. Ci auguriamo che si possa stabilire un clima di fiducia e di dialogo tra il governo e le categorie interessate dalla direttiva Bolkestein, e che questo consenta di lavorare al meglio per trovare una soluzione condivisa. Seguiamo attivamente la vicenda. Sono coinvolte svariate componenti del governo, ma non si tratta di una questione semplice, poiché richiede un lavoro congiunto di governo e parlamento».
Va sottolineato, però, che nessun esponente del governo ha mai verificato in Unione Europea la possibilità di una deroga alla direttiva Bolkestein per gli stabilimenti balneari italiani, come chiesto dai sindacati da più di un anno: le imprese di spiaggia sono state infatti costruite con notevoli investimenti da parte degli attuali imprenditori, in base anche ai piani di sviluppo locali che incentivavano continue migliorie per gli stabilimenti balneari, nonché forti del rinnovo automatico della concessione. Rinnovo abrogato dal governo Monti, che da più di un anno sta lasciando le imprese balneari in un vuoto normativo che ha frenato gli investimenti. Secondo alcune indiscrezioni, il governo vorrebbe mandare all’asta queste imprese, nonostante la direttiva Bolkestein lasci ampie possibilità perché ciò non avvenga.
La solidarietà per il gesto di Di Finizio è arrivata da Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari-Confindustria, in un’intervista al Secolo XIX: «L’imprenditore ha tutta la nostra solidarietà e la mia personale ammirazione. È un uomo disperato, che ha avuto il suo stabilimento distrutto da un incendio e da una mareggiata e non trova i soldi per ripartire. Questo per colpa della direttiva Bolkestein: oggi nessuno fa credito ai balneari, perché non si sa che cosa succederà tra due anni. E così si è innestato un circolo vizioso: per fare un esempio, nessuno stabilimento compra più lettini od ombrelloni. E chi produce lettini e ombrelloni non li vende, e manda a casa gli operai. E chi gli vendeva l’alluminio per produrre i lettini non lo vende, e manda a casa altra gente. E via così. Tutto è per colpa del governo che non sta facendo nulla per dare qualche certezza in più. A Bruxelles, lo scorso ottobre, i tecnici europei ci hanno detto che il governo italiano non ha mai chiesto o detto nulla. Quindi, a Di Finizio va tutta la nostra solidarietà, anche se gli rivolgiamo un appello a non mettere in pericolo la propria incolumità».
Analogo il comunicato del Sindacato Italiano Balneari: «Marcello Di Finizio ha dimostrato coraggio e determinazione, ma gli chiediamo di scendere da San Pietro per la propria incolumità. Siamo convinti che la battaglia per la tutela del lavoro e delle imprese balneari la dobbiamo condurre tutti assieme. Comunque, il suo gesto estremizza una situazione che si sta sempre di più esasperando e che coinvolge trentamila imprese. Esasperazione e timore che ormai da oltre due anni stanno sempre più portando alla disperazione trentamila famiglie e oltre centomila lavoratori che le compongono, che si vedono cancellato passato, futuro e certezza del lavoro. Mettere le concessioni all’asta vuol dire, di fatto, confiscare imprese che a quelle concessioni sono indissolubilmente legate. Crediamo che sia la prima volta che lo Stato si accinga a togliere delle imprese a chi le ha create e fatte crescere per metterle all’asta. Ai ripetuti appelli delle associazioni di categoria, le istituzioni preposte e la politica hanno risposto con promesse, assicurazioni, impegni che fino ad oggi non hanno prodotto nulla di concreto. Un’inerzia che ci pone sempre più al rischio di vedere anni e anni di lavoro inesorabilmente persi e che esasperano sempre più gli animi di chi nel lavoro fonda il futuro delle proprie famiglie. Ribadiamo la necessità che il governo dia risposte esaurienti alle domande che da tempo poniamo. Vogliamo conoscere il nostro futuro e quello delle nostre famiglie, chiediamo di avere la certezza sul domani delle imprese che da sempre rappresentano il fiore all’occhiello dell’offerta turistica italiana».
Anche David Favia, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Affari costituzionali alla Camera, comprende le ragioni della protesta: «Il gesto disperato di questo imprenditore deve far riflettere. Condividiamo le ragioni della sua protesta e gli esprimiamo la nostra solidarietà. Mettere all’asta le concessioni degli stabilimenti balneari, come impone la direttiva Bolkestein entro il 2016, è un errore che metterà in ginocchio centinaia di imprenditori balneari, che hanno fatto investimenti onerosi e che rischiano di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano. È tempo che il governo affronti la questione e dica chiaramente cosa intenda fare. Noi abbiamo presentato una proposta di legge con la quale chiediamo che il settore dell’imprenditoria balneare, uno dei comparti più sani del paese, sia escluso dall’applicazione delle disposizioni europee previste dalla Bolkestein, così come è stato d’altronde fatto per gli ambulanti, i notai, le acque minerali, i distributori di carburante. Vogliamo sapere se il governo intende difendere anche i diritti di queste imprese di lavoratori, di questa realtà italiana sana e unica in Europa, o se vuole svendere le nostre spiagge alle multinazionali straniere».
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