Confindustria Nautica, Assomarinas e Assonat Confcommercio hanno presentato ricorso alle sezioni unite della Corte di Cassazione contro la nota pronuncia dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato che a novembre 2021 aveva annullato l’estensione delle concessioni demaniali marittime al 2033 e imposto la loro riassegnazione tramite gare pubbliche entro il 31 dicembre 2023.
Secondo i ricorrenti, «l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato si è attribuita un potere legislativo per disciplinare direttamente la materia dell’affidamento delle concessioni come se fosse priva di ogni disciplina nazionale e le scelte e le valutazioni espresse dal parlamento non fossero mai esistite e potessero essere sostituite da quelle effettuate da una sentenza». Inoltre, andando a fissare la scadenza dei titoli al 31 dicembre 2023 e vietando qualsiasi ulteriore proroga futura, il parlamento «è stato anche privato del tempo utile a una riforma del settore».
Per Confindustria Nautica, Assomarinas e Assonat Confcommercio, «l’invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore si è verificata in relazione all’applicazione di una norma creata a opera del giudice che ha esercitato un’attività di produzione normativa che non gli compete, avendo nel contempo stabilito il termine per l’indizione delle gare, e l’elencazione dei principi che dovranno ispirarne lo svolgimento». Tali disposizioni, sottolinea il ricorso, sono state estese anche ai porti turistici nonostante siano esclusi dalla direttiva europea Bolkestein e la Corte di giustizia Ue abbia specificato che «taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore economico di gestire beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni mediante i quali lo Stato fissa solo condizioni generali d’uso di beni o risorse senza acquisire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come “concessione di servizi”».
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