Torniamo nuovamente a parlare dei casi in cui l’amministrazione può dichiarare la decadenza di una concessione demaniale marittima. L’articolo 47 del Codice della navigazione, rubricato “Decadenza dalla concessione”, riconosce all’amministrazione la facoltà di dichiarare la decadenza del concessionario per mancata esecuzione delle opere prescritte o anche per non uso continuato o per cattivo uso o, ancora, per abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione. Il legislatore ha quindi voluto sanzionare il comportamento inerte del concessionario che, non ottemperando ai suoi doveri, reca un grave pregiudizio a soggetti terzi, nonché il comportamento del titolare che senza autorizzazione permette ad un soggetto diverso da lui di godere della concessione.
Non tutte le cessioni del rapporto concessorio comportano la decadenza, ma unicamente quelle non autorizzate dall’amministrazione. Nel corso del rapporto concessorio, infatti, ben possono verificarsi casi di sostituzione del concessionario assolutamente legittimi e consentiti. Tra questi, per esempio, l’articolo 46 del Codice della navigazione disciplina l’istituto del subingresso. Ai sensi dell’articolo 46 comma 1, affinché possa darsi subingresso nella concessione, debbono necessariamente sussistere due presupposti, e cioè che il concessionario uscente, in vigenza del titolo concessorio (e quindi prima della sua scadenza), presenti una formale istanza a ciò diretta e che l’autorità concedente, previa verifica della rispondenza della sostituzione all’interesse pubblico, adotti un’espressa e positiva determinazione di accoglimento dell’istanza, prima della quale il soggetto istante può solo vantare un interesse legittimo al corretto esercizio di tale potere discrezionale, e non già una concessione in suo favore costituita in via automatica. In mancanza di tali presupposti, quindi, il concessionario non può arbitrariamente scegliere di farsi sostituire, nel godimento della concessione, da un altro soggetto, dovendo infatti l’amministrazione controllare la qualificazione e l’idoneità del subentrante.
Ove si dovesse verificare un’abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione, l’amministrazione può procedere alla decadenza della concessione demaniale. Ciò è quanto accaduto in un caso giunto all’attenzione del Consiglio di Stato che, con sentenza n. 5616 del 7 giugno 2023, ha confermato la legittimità di un provvedimento di decadenza di una concessione demaniale a causa di una cessione non autorizzata del rapporto concessorio ad altri soggetti. Nel caso di specie, infatti, la decadenza della concessione demaniale veniva motivata dal Comune in ragione innanzitutto della violazione dell’articolo 47, comma 1, lett. e) del Codice della navigazione, con riferimento all’ipotesi di “abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione”, ma anche a causa del “mancato utilizzo prolungato nel tempo” della concessione.
Secondo l’appellante, titolare del rapporto concessorio originario, il provvedimento di decadenza sarebbe illegittimo in quanto non si sarebbe trattato di una sostituzione nel godimento della concessione bensì di un avvalimento da parte del concessionario dell’opera di terzi per realizzare le opere necessarie e autorizzate per la gestione del bene demaniale. Un concessionario, infatti, ben può avvalersi anche di altri soggetti per la gestione concreta dell’attività nel suo complesso, utilizzando un socio in grado di comprovare la specifica esperienza nel settore, senza che ciò determini un subingresso non autorizzato nella concessione. Proprio nelle attività di somministrazione di alimenti e bevande, peraltro, è possibile distinguere la figura del preposto da quella del titolare o rappresentante legale.
Quanto alla decadenza della concessione per il “mancato utilizzo prolungato nel tempo”, invece, l’appellante ha lamentato che il procedimento amministrativo per arrivare alla concessione del tratto di arenile in questione si era protratto per ben tredici anni (dal 2005 al 2017), che la concessione rilasciata alla ricorrente aveva la durata complessiva di sei anni e non prevedeva alcun termine di avvio e che il Comune non aveva mai sollecitato la realizzazione dello stabilimento.
Il Consiglio di Stato ha tuttavia respinto l’appello. In merito al mancato utilizzo della concessione per un considerevole lasso di tempo, i giudici hanno rilevato che a fronte di una comunicazione di inizio lavori del luglio 2017, la titolare aveva comunicato la fine parziale dei lavori circa un mese dopo, salvo poi comunicarne la ripresa soltanto nel maggio 2020, a tre anni dal rilascio della concessione: «Si tratta di tre anni in cui il bene demaniale non è mai stato utilizzato né usufruito dalla collettività», afferma Palazzo Spada. A fronte infatti di una concessione demaniale rilasciata nel giugno 2017, è solo nell’estate del 2020 che lo stabilimento balneare aveva iniziato la sua attività. In merito i giudici hanno peraltro escluso la lesione dei principi di correttezza, buona fede e tutela dell’affidamento che l’amministrazione avrebbe ingenerato con i suoi provvedimenti favorevoli. La concessionaria, infatti, era pienamente consapevole di non aver dato attuazione per lungo tempo agli obblighi previsti nel titolo conseguito.
Quanto invece alla cessione non autorizzata della concessione posta a fondamento della decadenza, questa è stata ritenuta del tutto illegittima: dalla documentazione e dai rilievi svolti dal Comune e depositati in giudizio, emergeva che a sottoscrivere e avanzare le varie richieste all’amministrazione non era stata la titolare della concessione, bensì vari soggetti terzi. Più precisamente, la comunicazione di inizio lavori del maggio 2020 veniva effettuata non dalla concessionaria, ma dalla rappresentante legale di una società del tutto estranea al rapporto concessorio e immessa illegittimamente nella gestione. Dai verbali della Guardia costiera risultavano poi una serie di circostanze tali da far ritenere non solo il subentro abusivo della società nel rapporto concessorio, ma anche un quadro ben più complesso di presumibili intrecci occulti o simulati con più società.
Alla luce delle risultanze documentali, dunque, a parere dei giudici, l’adozione di un provvedimento di decadenza risultava da parte del Comune assolutamente legittimo e doveroso: «Al ricorrere delle ipotesi decadenziali disciplinate dall’art. 47 del Codice della navigazione, l’amministrazione concedente esercita una discrezionalità limitata al riscontro dei relativi presupposti fattuali. Ciò comporta sul piano sostanziale che, una volta appunto accertata la sussistenza di detti presupposti, il provvedimento di decadenza ha natura sostanzialmente vincolata, con conseguente esclusione di ogni possibile bilanciamento tra l’interesse pubblico e le esigenze del privato concessionario».
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