Uno degli hobby preferiti dai giornali ultimamente è parlare di concessioni di spiaggia. Ma quando si tratta il tema dei canoni balneari, si dovrebbe farlo in maniera più corretta, come spieghiamo nel video qui sopra.
È vero, i canoni demaniali possono essere considerati bassi e possono essere ritoccati al rialzo, ma questa non è l’unica spesa richiesta ai concessionari per gestire un tratto di spiaggia. Innanzitutto, per fare un’informazione più completa bisognerebbe dire che ai canoni richiesti dallo Stato si aggiungono sempre le addizionali regionali e comunali, andando di fatto a raddoppiare le cifre che si leggono sui giornali. Inoltre lo Stato, oltre al canone, chiede ai concessionari di sostenere altre spese obbligatorie, come per esempio la pulizia delle spiagge e il salvamento in mare. Si tratta di servizi pubblici che i balneari svolgono al posto dello Stato, e lo fanno a beneficio di tutta la collettività, non solo per i loro clienti.
Infine, non è vero che i canoni bassi sono un privilegio dei balneari. Da molti anni le associazioni di categoria si dichiarano disponibili sostenere un aumento dei canoni, eppure lo Stato non lo ha mai fatto.
Per ragioni di efficacia e brevità, nel nostro video ci siamo limitati a indicare le cifre obbligatorie e connesse direttamente alla concessione, ma le anomalie fiscali dei concessionari sono molte altre, come per esempio l’Imu (pagato sui manufatti nonostante si trovino sul demanio pubblico) e l’Iva (applicata al 22% mentre per tutte le altre imprese turistiche c’è l’aliquota agevolata del 10%). Tuttavia, quando si parla di canoni degli stabilimenti balneari bisognerebbe citare anche queste spese, in modo da dare un’informazione più completa, come dovrebbe fare chiunque svolge il mestiere del giornalista. Altrimenti, il paragone trito e ritrito del canone annuale affiancato al costo di un ombrellone giornaliero è un’informazione fuorviante e capziosa, in quanto non tiene conto di tutte le altre spese.
PS. Quest’anno i canoni balneari sono stati alzati del 25% e la cifra minima pagata dai concessionari è arrivata a 3.377 euro all’anno. Quindi, quando si leggono cifre più basse sui giornali, si tratta di dati vecchi e falsi.
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