La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi alcuni importanti articoli della legge n. 25/2017 della Regione Liguria sulla “Qualificazione e tutela dell’impresa balneare”. Secondo i giudici, che hanno emesso ieri la sentenza, il provvedimento regionale «contrasta con l’esigenza di garantire la parità di trattamento e l’uniformità delle condizioni del mercato sull’intero territorio nazionale; esigenza che solo la legge statale può assicurare nell’esercizio della competenza esclusiva nella materia “tutela della concorrenza”».
La Consulta ha insomma ribadito l’assoluta competenza statale in materia di demanio marittimo e di concorrenza, anche nei risvolti più “innocui” come la valorizzazione degli stabilimenti. La legge ligure, promossa dall’assessore al demanio Marco Scajola e dal consigliere Angelo Vaccarezza e approvata un anno fa all’unanimità in consiglio regionale, voleva infatti stabilire che le imprese balneari costituiscono un elemento del patrimonio storico, culturale e del tessuto sociale regionale, prevedendo una disciplina specifica per il rilascio delle concessioni e per l’individuazione delle aree demaniali marittime.
Nei prossimi giorni la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi anche sul secondo provvedimento approvato a novembre 2017 dalla Regione Liguria, il n. 26/2017 sulla “Disciplina delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative”, che entra più nello specifico ed estende tra l’altro le concessioni di trent’anni. Anche in questo caso, il rischio è che i giudici boccino la proroga ribadendo la competenza statale in materia, come fu rivendicato dal governo Gentiloni nell’impugnare il provvedimento lo scorso gennaio.
Gli articoli bocciati e le motivazioni
A essere stati dichiarati illegittimi sono l’articolo 1 commi 1 lettera b, 2, 3, 4, e gli interi articoli 2 e 6 della legge 25/2017.
Citando altre sue precedenti pronunce, la Consulta ha innanzitutto ricordato che «i criteri e le modalità di affidamento delle concessioni sui beni del demanio marittimo devono essere stabiliti nel rispetto dei principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale, e corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (sentenze n. 118 e 109 del 2018, n. 157 e n. 40 del 2017, n. 171 del 2013 e n. 213 del 2011); competenza esclusiva, quest’ultima, nella quale le pur concorrenti competenze regionali trovano “un limite insuperabile” (sentenza n. 109 del 2018). Dal che consegue che, nel disciplinare l’affidamento in concessione di detti beni demaniali, la legislazione regionale, anche se espressione di una correlata competenza primaria, è destinata a cedere il passo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza ogni qualvolta l’oggetto della regolazione finisca per influire sulle modalità di scelta del contraente, ove si incida sull’assetto concorrenziale dei mercati in termini tali da restringere il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali».
Nello specifico, aggiungo inoltre la Corte, l’«art. 3 della legge impugnata – con il prevedere “una specifica disciplina per il rilascio delle concessioni alle imprese balneari liguri” e con l’individuare un’area demaniale di riserva in favore delle stesse, in ragione e in funzione del riconoscimento del loro “ruolo sociale, economico, turistico, storico e culturale” – vulnera, a sua volta, la concorrenza tra imprese, per la situazione di privilegio che tende, anche sotto tale profilo, a consolidare nei confronti delle imprese balneari già presenti nella costiera ligure, che sole possono aver acquisito quel ruolo sociale, storico e culturale, cui la norma intende dare riconoscimento».
L’apertura sull’indennizzo
Un passaggio di particolare interesse della sentenza è quello sull’indennizzo e sulla perizia, contenuta nelle motivazioni sull’illegittimità dell’articolo 6. Scrivono infatti i giudici costituzionali:
«Viene, infine, in esame l’art. 6 della impugnata legge regionale ligure, a tenore del quale “in qualsiasi caso è riconosciuto l’indennizzo del valore aziendale, il titolare dell’impresa balneare ligure può a sue spese dotarsi di una perizia giurata […] con la quale viene individuato il valore complessivo dell’azienda“. Secondo la resistente (la Regione Liguria, NdR), le intenzioni del legislatore regionale non sarebbero rivolte al riconoscimento dell’indennizzo, “ma unicamente alla determinazione (di una) delle (possibili) modalità procedimentali per la documentazione del suo ammontare“.
È evidente, però, che se la previsione di una tale “modalità procedimentale” di determinazione dell’indennizzo, attraverso una “perizia giurata” predisposta a cura del titolare dell’impresa balneare, non fosse destinata ad avere – come non a torto denuncia il ricorrente – anche “valore nei confronti dei terzi, ivi comprese le amministrazioni pubbliche“, la disposizione non avrebbe ragion d’essere nel prevedere ciò che è già in facoltà dell’avente diritto all’indennizzo (la possibilità, cioè, di far valutare, con perizia giurata, la consistenza economica dei propri beni).
Anche questa disposizione contrasta, dunque, con l’esigenza di garantire la parità di trattamento e l’uniformità delle condizioni del mercato sull’intero territorio nazionale. Esigenza che solo la legge statale può assicurare nell’esercizio della competenza esclusiva nella materia “tutela della concorrenza”».
Secondo l’interpretazione di Piero Bellandi, tecnico esperto in materia, «la Corte costituzionale sta sostenendo che gli imprenditori balneari possono far fare le perizie, anche senza il disposto normativo».
La sentenza integrale
Il testo integrale della sentenza che ha dichiarato l’illegittimità della legge 25/2017 della Regione Liguria è disponibile cliccando qui.
I commenti dei sindacati
Sulla sentenza negativa della Consulta, questo è il commento del presidente di Assobalneari-Confindustria Fabrizio Licordari: «Ce lo aspettavamo. Questa è purtroppo l’aria che tira, e i balneari sono ormai nel vergognoso tritacarne delle aule giudiziarie dove vengono decise le sorti delle aziende. La legge n. 25 non dava alcun vantaggio a noi imprenditori della spiaggia, anzi si limitava a valorizzarli come qualsiasi altra tipicità del territorio – e di fatto lo siamo. Eppure i giudici hanno deciso di massacrarci con giustificazioni strumentali, rendendoci inermi ad aspettare la seconda sentenza sulla legge che estende le nostre concessioni di trent’anni, e che a questo punto non potrà che essere ancora più negativa».
«Come Assobalneari-Confindustria facciamo un plauso alla Regione Liguria – aggiunge Licordari – a cui va dato atto di essere stata l’unica regione italiana che ha avuto coraggio, attenzione e intelligenza sulla questione balneare. Il governatore Toti e l’assessore Scajola hanno capito quanto sia importante l’industria delle imprese balneari per l’economia del territorio, e lo hanno dimostrato anche con la loro solidarietà in occasione delle recenti mareggiate. Il lavoro della Regione è stato straordinario, non solo da parte della politica ma anche da quella dei tecnici, proprio perché non si trattava di una boutade elettorale bensì di uno scrupoloso tentativo di aiutare i balneari colpiti dall’incertezza normativa nazionale. Per questo abbiamo collaborato attivamente alla stesura di questa legge, in piena coerenza con il rifiuto del disegno di legge che l’allora ministro Enrico Costa stava promuovendo in giro per l’Italia, al contrario di altre associazioni di categoria che difendevano entrambi i provvedimenti come se tifassero al contempo due squadre avversarie a un derby calcistico».
«In mancanza di una legge regionale – conclude Licordari – ci aspettiamo ora che sia il governo nazionale a varare un provvedimento organico che chiuda definitivamente la partita, come ci è stato promesso del “contratto di governo”».
Anche Antonio Capacchione, presidente nazionale del Sib-Confcommercio, interviene sulla sentenza con questa nota: «Come era prevedibile, e da noi temuto sulla base dell’ormai costante giurisprudenza costituzionale in materia, la Corte costituzionale ha riconfermato la competenza esclusiva dello Stato escludendo ogni possibilità di intervento legislativo regionale sulle concessioni demaniali turistico-ricreative. Ecco perché dal giugno scorso abbiamo insistentemente chiesto al governo di rinunciare all’impugnativa davanti alla Corte costituzionale delle leggi regionali liguri n. 25 e 26 del 2017 e di trasformarle in leggi nazionali. Purtroppo il governo non ha accolto la nostra richiesta, a differenza di quanto fatto nel frattempo con altre leggi regionali e contravvenendo clamorosamente al contratto di governo ove si afferma di voler “impedire gli effetti pregiudizievoli sugli interessi nazionali della direttiva Bolkestein”. È ovvio prevedere che analoga sorte subirà anche la legge regionale ligure n. 26/2017, la cui udienza di discussione si è svolta lo scorso 20 novembre».
«Questa decisione della Consulta – prosegue Capacchione – rafforza quanto stiamo chiedendo anche in queste ore al governo e al parlamento: spetta allo Stato assumersi, finalmente, le proprie responsabilità nei confronti di 30.000 imprese e 100.000 addetti diretti. È ora che il governo e il parlamento chiariscano la non applicazione a questo settore della direttiva Bolkestein. Se questa decisione comporta approfondimenti con l’Europa e tecnico-giuridici, è urgente e non rinviabile inserire nella manovra di stabilità, in discussione nel parlamento, una misura di salvaguardia temporale che metta in sicurezza questo importante segmento del nostro made in Italy. Ribadiamo di voler giudicare le forze politiche e le istituzioni non da quello che si promette, ma da quello che si fa. Non c’è più tempo da perdere e non vi sono più alibi. Il momento di varare una norma giuridica nazionale di tutela è questo».
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