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Chioggia, indagati bagnini di salvataggio con falso brevetto

Il quotidiano 'La Nuova' parla di un giro di denaro per non sostenere l'esame di nuoto: la Capitaneria di Porto cerca di fare chiarezza

di Alex Giuzio

Ai turisti che scelgono le coste italiane per le loro vacanze, basta dare un’occhiata al bagnino di salvataggio sopra la sua torretta per sentirsi tranquillizzati e vigilati. Servizio unico al mondo (e offerto dagli operatori balneari per garantire il massimo alla loro clientela), quello del bagnino di salvataggio richiede un personale preparato alle operazioni di primo soccorso e pronto a mettere in pericolo la propria vita per salvare quelle altrui.

Per diventare bagnino di salvataggio occorre avere un brevetto, che richiede (tra le altre cose) un esame di nuoto. Ma così non è in Veneto, dove la Capitaneria di Porto ha condotto un’indagine contro una serie di bagnini di salvataggio sparsi tra Chioggia e Polesine, accusati di non avere mai sostenuto l’esame di nuoto per ottenere il brevetto. Il giro sembra molto sporco, non solo perché dietro ai falsi brevetti si nasconde probabilmente un ingente giro di denaro, ma anche perché tutto ciò ha messo a repentaglio, nelle stagioni passate, la sicurezza dei turisti che erano sorvegliati da bagnini di cui non erano mai state provate le competenze.

Per ora si tratta solo di indiscrezioni riportate dal quotidiano ‘La Nuova’ di Venezia e Mestre, ma la notizia è inquietante. Tutto sarebbe partito qualche mese fa, in seguito alla richiesta, da parte di un’impresa balneare, di aggiornare i dati di un bagnino assunto per l’imminente stagione. «Quando la società che aveva rilasciato il brevetto si è trovata a svolgere questo adempimento – riporta ‘La Nuova’ – si è resa conto che quel brevetto non esisteva. Così la Capitaneria, una volta avvertita dell’incongruenza, ha avviato dei controlli che riguardano tutti coloro che, dal 2009 in poi, hanno lavorato come bagnini negli stabilimenti balneari della costa veneta da Chioggia a Porto Tolle: un paziente lavoro di incrocio tra i brevetti presentati alle aziende e quelli che risultano alle società specializzate che organizzano i corsi per conseguire i brevetti».

L’indagine al momento è ancora in corso: nessuna denuncia, ma solo riscontri documentali. In attesa di conferme o smentite, la domanda è: perché un aspirante bagnino di salvataggio dovrebbe sborsare cifre elevate per ottenere un falso brevetto, anziché frequentare i regolari corsi della Federazione Italiana Nuoto o della Società Nazionale di Salvamento, che costano intorno ai 300 euro? Ma forse una risposta c’è: si è trattato della tradizionale paura dell’esame finale.

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