ROMA (ore 19.52) – «Le spiagge non devono rientrare nella direttiva Bolkestein, poiché si tratta di beni e non di servizi». Sono le parole di Frits Bolkestein in persona, padre della famigerata norma europea la cui applicazione in Italia ha fatto piombare migliaia di imprese balneari sotto la minaccia delle evidenze pubbliche. «Non voglio commentare la legge attuale, ma il mio consiglio al governo italiano è di studiare bene la materia e se la questione non si risolverà, sono pronto a ripetere queste parole», ha detto ancora l’economista 85enne olandese, invitato oggi pomeriggio a Montecitorio per uno storico evento organizzato dall’associazione Donnedamare, che per la prima volta ha portato l’ex commissario europeo a parlare dell’applicazione della sua direttiva in merito alla spinosa questione delle concessioni balneari. «I miei discorsi non hanno alcun valore giuridico – ha ammesso lo stesso Bolkestein – ma possono avere un’importanza politica. Per questo dico anche che è responsabilità del governo italiano se i concessionari di spiaggia sono finiti in questa direttiva, mentre in Spagna, per esempio, hanno avuto 75 anni di proroga» (nel video qui sotto, le parole di Bolkestein e l’ovazione dei balneari).
Le parole dell’ex commissario europeo, il cui nome viene utilizzato per riferirsi alla direttiva 2006/123/CE sulla liberalizzazione dei servizi, sono state accolte con un’ovazione dalla folta platea di oltre trecento tra imprenditori balneari, giunti da tutta Italia, e politici di ogni livello, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, da Maurizio Gasparri a Mariastella Gelmini, da Carlo Fidanza a Gian Marco Centinaio, a rappresentare tutto l’arco delle forze di centrodestra che hanno fornito il loro appoggio per rendere possibile questa iniziativa.
E proprio Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia, introducendo l’incontro si è fatta carico di un impegno concreto: «Da sempre sosteniamo che la direttiva Bolkestein non deve essere applicata né alle spiagge né ai mercati ambulanti – ha detto la deputata – e se saremo noi al governo, le evidenze pubbliche non si faranno mai».
La materia, per la verità, è complicatissima: la direttiva europea è del 2006 e ancora oggi, dopo dodici anni, non si è definita la portata della sua applicazione nemmeno dopo decine di studi, sentenze e norme. Senza contare che, al di là della Bolkestein, in materia di concessioni demaniali marittime pesano i trattati europei e gli orientamenti del Consiglio di Stato risalenti a ben prima della direttiva. Resta il fatto che, nella lunga battaglia dei balneari, il fronte del “no alle evidenze pubbliche” farà tesoro di quanto detto dal padre della ormai nota direttiva, con l’appoggio di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia che lo hanno ribadito ancora oggi.
Deborah Bergamini (Forza Italia) ha ricordato che «lo scorso anno abbiamo impedito il tentativo di scippo delle imprese balneari, ma sappiamo che l’incertezza è rimasta. Per questo intendiamo risolvere il problema in questa legislatura, auspicando di trovare unità di intenti con tutte le altre forze politiche», mentre Gian Marco Centinaio (Lega) ha sottolineato come «l’interpretazione autentica di mr. Bolkestein ci porta a essere ancora più motivati a portare avanti la nostra battaglia, sapendo che siamo sulla strada giusta e che non stiamo tutelando le lobby, come qualcuno ci accusa». E a questo proposito, Carlo Fidanza (Fratelli d’Italia) ha aggiunto che «le vere lobby non sono quelle dei balneari, bensì quelle che vogliono mettere le mani sulle spiagge per farci grandi investimenti».
A chiudere la parte politica è stato Maurizio Gasparri, che ha attaccato: «Alcune organizzazioni di categoria si erano già arrese alle evidenze pubbliche e oggi dovrebbero chiedere scusa, dopo che il padre della direttiva ci ha detto come le spiagge non c’entrino nulla».
© Riproduzione Riservata