Antonio Capacchione, presidente nazionale del Sindacato italiano balneari, ha partecipato al settimo convegno sulla fiscalità organizzato ieri a Roma dalla Confcommercio, intitolato “Meno tasse per crescere”, portando la vertenza degli imprenditori balneari in merito alla riduzione dell’aliquota Iva. I lavori, focalizzati sulle ipotesi di riduzione della pressione fiscale, sono stati conclusi da Giovanni Tria, ministro dell’economia e delle finanze.
«Esprimo apprezzamento per le dichiarazioni del ministro sulla volontà di assicurare la crescita e di promuovere investimenti pubblici e privati rimuovendo gli ostacoli, soprattutto burocratici – afferma Capacchione – e, comunque, nell’ottica di una compatibilità dei conti pubblici che è fonte di fiducia per gli operatori economici».
Il ministro, poi, ha anche manifestato la propria disponibilità a esaminare le proposte che la Confcommercio formulerà nei prossimi tavoli specifici di confronto sulla legge Finanziaria 2019. «A tal proposito – rende noto Capacchione – anticipo che, a questi incontri, la nostra organizzazione solleverà la necessità di uniformare l’aliquota Iva (per gli stabilimenti balneari è del 22%) rispetto a quella praticata da tutte le altre imprese turistiche (10%). Vogliamo sottolineare, poi, che in altri paesi nostri competitor nel mercato delle vacanze (come la Grecia) l’aliquota Iva è addirittura del 6,5%. Evidentemente questo comporta un pericoloso svantaggio competitivo delle nostre imprese».
Anche l’imposizione locale merita una rideterminazione e riformulazione – come ha sottolineato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli – riducendo il peso, attualmente troppo elevato, soprattutto per quanto riguarda la Tari. Senza dimenticare l’urgente necessità di eliminare i canoni cosiddetti OMI, fonte di gravi ingiustizie e causa di diverse chiusure aziendali.
«Nell’azione sindacale del Sib a tutela delle imprese balneari – conclude Capacchione – non bisogna mai dimenticare che, oltre alla sopravvivenza amministrativa che comporta l’eliminazione degli effetti pregiudizievoli della direttiva Bolkestein, è necessario anche non perdere di vista la sopravvivenza economica, che implica una seria riduzione della imposizione fiscale attualmente insostenibile per migliaia di imprese del settore».
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