di Luca Marini
Analizziamo chi e cosa si nasconde dietro il fronte trasversale del "Si alle aste" delle concessioni demaniali marittime. Come abbiamo già visto, si era previsto già da diverso tempo che ci saremmo trovati davanti a questo fronte trasversale del "Si alle aste". Direi, infatti, che quello che sta emergendo oggi nella sua interezza era quello che stava dietro alla punta di un’iceberg che già anni fa (proprio mentre si costruiva l’Europa e si iniziavano a vedere le opportunità stesse che i Paesi rappresentano) cominciava a vedersi all’orizzonte.
Una normale torre di avvistamento saracena avrebbe dato l’allarme, e insospettita avrebbe seguito il soggetto. Noi, invece, gli abbiamo permesso lo sbarco mentre guardavamo in modo poco guardingo. Eppure avremmo dovuto prevenire e curare la situazione già da allora. Tuttavia, comprendere l’arrivo del fenomeno della globalizzazione (e quindi annesso quello della concentrazione dei capitali in forme sempre più monopolistiche), e che cosa questo comportasse fin dentro i meandri del nostro Paese, dei gangli della nostra economia e del potere di acquisto del cittadino, non era e non è ancora facile: oggi è solo più semplice mettere in relazione il tutto, perche tutto oramai fa parte della nostra vita, senza che però l’abbiamo davvero scelto.
Come è stato possibile? È chiaro che la costruzione dell’Europa ha viaggiato su "doppi binari": uno quello ideologico del secolo scorso, che a chiusura delle terribili nefandezze ha voluto guidare un giusto e idealistico progetto per riscattare proprio il secolo stesso che si stava chiudendo, rifare quell’Europa unita che si era distrutta; l’altro binario (più fosco e in ombra, e che quindi non risplendendo di luce propria si serviva della parte buona dell’ideologia, in parte anche cattolica), ha invece sfruttato il fine secolo nel modo più subdolo proprio nel concetto dell’era post-ideologica. Il primo ha scavato nella parte positiva dell’ideologia, l’altro la vedeva come la fine di molteplici vincoli per lo sdoganamento definitivo delle energie ancora compresse del liberismo: il neo-liberismo.
Mentre un Europa si univa, nell’ombra un’altra intenzione si materializzava. Ricordiamoci le date e i personaggi che guidarono il crollo del muro. Rimanendo sul pezzo, voglio dire che le opportunità che stanno dietro ai Paesi membri si sono rese definitivamente note a tutti, e così, dietro alla maschera della globalizzazione, proprio con alcune direttive si può permettere ai grandi interessi di avvicinarsi alle prede agonizzanti che hanno abboccato all’esca del debito pubblico: debito alquanto ingigantito dalla casta che è stata eletta proprio a difesa dei suoi stessi interessi corporativistici (al meglio), a quelli privatistici (berlusconismo) e a quelli proprio funzionali alla globalizzazione (capitalistici e transnazionali).
D’altro canto, questa svendita italiana è iniziata proprio nel dopoguerra, laddove i partiti italiani si sono subito impossessati del Paese. Difatti un’importante parte della penisola (in base al fatto che avevamo perso la guerra e in base al patto atlantico) fu data in concessione demaniale alle forze Nato, che ancora ne posseggono buona parte. Ecco perché abbiamo ancora e che fare con la dogana, almeno concettualmente.
Ma è proprio con l’Europa e le sue regole (magari in buona fede, ma troppo teoriche) che la globalizzazione può penetrare definitivamente nei Paesi, è proprio la direttiva Servizi (con le aste) che ne dà inconsapevolmente o implicitamente il consenso.
Ma, a ben guardarsi, molto del Paese è già nelle mani di capitali e manodopera straniera. Tuttavia, alla resa dei conti e al netto del nostro debito, si dice che dobbiamo vendere anche il resto. Ma perché? Perché non può rimanere nelle mani degli italiani? Perché uno stabilimento balneare, giustamente normato e concessionariato, non può rimanere nelle mani di chi lo ha costruito? Quale obiettivo si persegue, quale strategia nel mandare via l’attuale categoria e farne venire un’altra? Sono più ricchi e hanno più soldi? Certamente, ma non se li faranno sfilare in questo modo? Anzi, la storia insegna che metterebbero sul tavolo meno soldi delle offerte che hanno in pancia i balneari, ci scommetto tutto quello che ho.
Ma allora? Perche non accettare i nostri soldi puliti e costanti, frutto di piccole e medie imprese a carattere familiare-tradizionale, che coproducono alla realizzazione dell’economia su scala locale ed elementi portanti del pil turistico e quindi nazionale? Perché le amministrazioni gli vanno dietro, e così la casta, materializzando il fronte trasversale del "Si alle aste"? A loro interessa solo il gettito, e quindi tutto sommato è secondario chi lo dà? E a questo punto non sarebbe meglio che sia il suo elettore a darglielo?
Se riusciamo a rispondere a queste domande, avremo chiaro in fronte tutto quello che sta succedendo nel nostro paese. Basta andare in profondità per vedere se c’è acqua o fogna. Facciamolo. Intanto dobbiamo capire che l’amministrazione centrale e periferica, la politica e il governo vedono oggi il cittadino in modo materialistico, e cioè come contribuente/elettore. Nel crollo vertiginoso del welfare, nell’impennata dei costi (stecca) della politica corrotta e distante dai bisogni del popolo e nella crisi di sistema (politico-economico-sociale), non si riesce ad avere contemporaneamente il contribuente/elettore. Tutti stanno comprendendo che colui a cui daremo il voto è poi quello che poi ci rapinerà. Quindi oggi votare il sistema malato equivale a farsi rapinare.
Abbiamo capito che i danari che diamo in tasse per essere governati non riescono fuori in servizi. Ancora più adesso, che il governo Monti vuole rientrare dal debito con una politica sociale che taglia ovunque. Allora il piano prevede che il cittadino cominci e continui a pagare i debiti (portando avanti i tagli e quindi diminuendo la spesa pubblica), sapendo però che sarà impossibile ripianarlo. Sarà anche impossibile tirare fuori i soldi per mantenere lo status quo politico della casta. In questo buco di bilancio strutturale l’unica cosa è vendere. Perché? Perché siamo in una condizione in cui non possiamo simultaneamente ripagare il debito (questo poi a prescindere), riavere dall’amministrazione i servizi sociali (welfare) e mantenere l’apparato politico-burocratico. Ecco perché non c’è un piano di rilancio economico e non ci potrà essere a breve.
Allora la politica guarda al suo futuro oltre l’elettore/contribuente, perché anche strizzato all’osso, impegnato a ripagare il debito (oltre che a perdere lavoro e potere di acquisto) il contribuente, una volta dato il voto, non garantisce più il futuro dell’apparato politico e amministrativo-burocratico. Ecco perché, stando sul pezzo, si preferiscono grandi gruppi al piccolo imprenditore balneare.
L’amministrazione, in questo modo, continua a prendere il gettito del contribuente/elettore (che in gran parte viene assorbito centralmente dal debito), taglia sui servizi e forse forse salva l’apparato e ripiana i buchi di bilancio delle amministrazioni periferiche e locali. Di più non si fa. Ma questo andrebbe pure bene. Allora? Cosa manca? Gli investimenti, o meglio il reinvestimento in opere pubbliche e per lo sviluppo. In altri termini, nessun ritorno sul potenziamento del turismo, nessun fondo per la parte di quel reinvestimento che ci spetterebbe derivare per esempio da un aumento dell’onere concessorio balneare. Mentre l’ingresso dei grandi gruppi prevede che sia il gruppo stesso a creare l’infrastruttura intorno all’investimento e al territorio in cui opera.
Ecco la differenza e la ragione della predilezione per il gruppo forte. Questo spiega il "gnudismo al qatarro" (anche se qualcuno dovrebbe ricordargli che è stata l’Italia a creare Sharm), e anche perché Rossi immediatamente ha alzato il canone in Toscana del 60% (come a dire, se volete rimanere voi pagherete tanto di più, mettendo a repentaglio comunque l’impresa Mare).
Con la svendita dell’Italia ai grandi distributor (che diversificheranno il turismo vincente del futuro nelle direttrici che abbiamo già analizzato: turismo massificato, delle elites e storico-religioso), sono loro stessi che costruiranno (dovrebbero?) strade, ponti, posteggi, servizi e quanto altro. Nessun costo a carico dell’amministrazione, che quindi potrà mettere l’onere (e la stecca-regalino) in tasca al netto della totale mancanza di ogni altro tipo di responsabilità, perpetuando stile e status quo. Cosa farebbero altrimenti? Queste modalità sono state già sdoganate (oltre che essere verificate come fallimentari) già per i grandi gruppi stranieri e italiani, come l’esempio demaniale dei porti alla Caltagirone, con il fallimento di quello di Fiumicino. In tali modelli affaristici tra l’amministrazione e il gruppo, il governo ci mette i soldi ma evidentemente molto meno di quelli che dovrebbe ripartire omogeneamente sul territorio.
Il concetto di tassa richiede che ci sia da una parte il contribuente e dall’altra l’amministratore che usa le risorse per il bene del suo territorio: questo nel post-ideologismo globale non esiste più. Finito! Ecco allora il Movimento 5 Stelle portare un progetto politico più vicino, credibile e garantista al comune cittadino in confronto del caos che sta dentro al crollo della politica italiana e all’appiattimento del commissario Monti sul rigorismo globalista e filoeuropeo. Ecco perché tale concreto fantasma grillino e la questione spagnola vanno usati come leve. La Spagna sembra sostenuta dalle élites europee delle seconde case, ma Grillo cresce come uno tsunami e può diventare oltre al voto di protesta un progetto alternativo e dirompente nei confronti di un sudditaggio al sistema bancario e globale del paese Italia. Ecco spiegato la frase di Marcello di Finizio alla fine della trasmissione Piazza Pulita che dice: "Chi ci hai mai guadagnato con le multinazionali?".
Diamo la spallata, perche la vile politica ha più paura di andare a casa subito che di rimanere a risolvere i problemi. Il futuro non sarà rose e fiori, tuttavia intanto evitiamo l’esproprio! Non siamo nell’era ideologica, ma in quella della truffa e del condizionamento su scala globale. Difendiamo il nostro Paese, le nostre coste e il nostro futuro. Lottiamo uniti fino alla vittoria! Siamo nel giusto! No alle aste per tutti i motivi!
Luca Marini
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