I gravissimi danni da mareggiata avvenuti fino a ieri e per tutto l’inverno lungo tutti i litorali italiani sono la dimostrazione che l’erosione costiera è un problema sempre più grave e che va affrontato a livello nazionale, prima che sia troppo tardi. Mai come nei giorni scorsi si sono visti così tanti stabilimenti balneari distrutti, dal Lazio all’Abruzzo, dalla Liguria alla Calabria, dalla Campania alle Marche, messi a repentaglio da violente onde che si sono abbattute per tutta la stagione fredda contro le strutture. Il colpo di grazia è arrivato col maltempo della scorsa settimana, portando gli imprenditori balneari e le amministrazioni comunali a chiedere a gran voce di proclamare lo stato di calamità, mentre la maggior parte delle Regioni continua incredibilmente a disinteressarsi del problema.
Eppure, se non sarà una riforma sbagliata a cancellare le attuali imprese di spiaggia, ci penserà l’erosione a farlo, a meno che non si trovino immediate soluzioni permanenti ed equilibrate tra tutte le località balneari della nostra penisola. I ripascimenti che puntualmente si realizzano nei litorali più a rischio ormai non bastano più: anche quando sono fatti adeguatamente (e cioè utilizzando sabbia compatibile con quella del litorale in cui si interviene, il che non è scontato), si tratta comunque di interventi sufficienti solo a tamponare la situazione in maniera temporanea, con migliaia di metri cubi di sabbia recuperati per darli di nuovo in pasto al mare nel giro di pochi anni, provocando peraltro delle alterazioni all’ecosistema marino con significativi danni ai fondali, alla flora e alla fauna. E non è nemmeno giusto che i lavori di ripascimento siano effettuati solo nei Comuni e nelle Regioni che trovano le risorse necessarie, mentre magari a pochi chilometri di distanza la spiaggia si accorcia perché altre amministrazioni non hanno la stessa possibilità economica.
L’Italia è un paese circondato dal mare (circa 7500 km di costa, un quarto dell’intera Europa) e dovrebbe essere normale che la questione dell’erosione diventi un tema nazionale e venga risolta dallo Stato. Le strade possono essere molteplici: stanziare fondi nazionali per la protezione della costa da distribuire in maniera omogenea alle località balneari, acquistare una o più draghe di Stato da far operare 365 giorni all’anno per il recupero permanente della sabbia erosa dai fondali marini in tutta Italia, e magari anche fermare la cementificazione e smantellare le piattaforme sottocosta per l’estrazione del gas che, provocando la subsidenza, aumentano gli effetti dell’erosione (utilizzando al contempo le royalties ottenute dalle compagnie energetiche per riparare gli sciagurati danni di cui sono colpevoli). Le risorse necessarie per gli interventi di difesa possono essere reperite dagli stessi canoni delle concessioni balneari, permettendo ai Comuni di trattenere una parte degli introiti e di utilizzarli per contrastare l’erosione.
Fondamentale è poi che gli interventi strutturali, come le scogliere frangiflutti o le più efficaci e meno impattanti barriere soffolte, vengano effettuati senza fretta e con gli adeguati studi tecnici, altrimenti – come è accaduto in più parti d’Italia – la situazione peggiorerà anziché migliorare. La forza del mare non si può fermare, ma è sicuramente possibile utilizzare le soluzioni più innovative e all’avanguardia per placare la violenza delle mareggiate e salvare l’economica turistica.
Gli imprenditori balneari, che vedono e subiscono in prima linea gli effetti dell’erosione costiera, dovrebbero essere i più sensibili a questo problema – altrimenti, Bolkestein o non Bolkestein, le loro spiagge avranno gli anni contati. Ma la questione, oltre che ambientale, ha anche una portata sociale, poiché riguarda i milioni di italiani che vivono sulla costa e che tra pochi anni subiranno l’invasione delle onde in pieno centro abitato: se il problema non sarà risolto al più presto e in maniera netta, coinvolgendo i tecnici qualificati e i più innovativi sistemi di difesa costiera che sono già disponibili sul mercato ma per i quali non si destinano ancora le ingenti risorse necessarie, intere masse di persone saranno costrette a spostarsi e l’Italia passerà attraverso una mutazione senza precedenti che inciderà sul turismo, sull’economia e sulla vita di tutti noi.
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