Attualità Sindacati e associazioni

Afib: ‘Verso la seconda fase per rafforzare la nostra identità’

Una profonda e lucida analisi di Luca Marini, presidente dei fornitori balneari, che propone la strada da seguire per salvare il settore turistico balneare

di Luca Marini

Uscire dalla direttiva, cercare la deroga e il no alle aste, e, perché no, rispolverare il vecchio “345” che ricorda l’autonomia di un paese membro di decidere dei propri confini. Sono queste, a mio parere, le carte della tutela della seconda fase della lotta balneare, capaci di riempire davvero il vuoto legislativo.

La categoria ha sfiorato per poco il k.o. tecnico rappresentato dalla bozza Gnudi, che il governo teneva nascosta per poi volerla tirare fuori all’ultimo momento come regalo di Natale.  Ma il gesto eroico di Marcello Di Finizio, salito sulla cupola di San Pietro, e la prontezza dei sindacati a forzare l’incontro con il ministro al turismo hanno fatto si che la bozza venisse fuori, rivelandosi quella minaccia che si sospettava essere. Il governo ha un preciso piano di svendita di interi territori, oltre che del demanio stesso (vedi l’incontro tra Monti e il sultano del Qatar), evidenziatosi in commissione Bilancio, dove era già stata fatta la proiezione di entrate sulle aste.

La politica di Gnudi, oltre a restaurare fantasmi del passato come l’Enit, ci riporta indietro di secoli, quando Pisa e Porto Torres correvano dietro alle scorribande di Saladino e fermavano turchi, saraceni e arabi. Il sultano di oggi non ha trovato nessun ostacolo e ha realizzato uno shopping variegato e complesso nello scenario nazionale ed europeo. È chiaro che siamo a un cambio di guardia globale sulla mappa complessiva dell’oligarchia economica e monetaria che, tramite Monti, ha sdoganato il consenso ad aperture medio-orientali (riconoscimento della Palestina), incassando finanziamenti da nababbi a fronte di tesori occidentali. Le regioni per il "sì alle aste" sono quelle che hanno abdicato ai progetti “arabeggianti”, rientrando così dei buchi di bilancio e di apparato (Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna) e senza dovere ridare in cambio “politica responsabile” e welfare. Tuttavia, sia i Comuni che le Province hanno capito l’importanza del balneare nello scenario delle economie turistiche e territoriali e si sono schierate dalla parte delle piccole e medie imprese tradizionali a carattere familiare.

Al di là delle legittime letture del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno, non si può fare a meno di confermare che il bicchiere c’è comunque: i 5 anni di proroga più i 3 rimanenti danno l’opportunità al balneare di riorganizzarsi con almeno due tornate di governo nazionale ed europeo. Si tratta di un risultato che non soddisfa nessuno, ma di nuovo è un risultato. Rimane da vedere la delega al governo per legiferare sulla materia, come richiesto dalla legge Comunitaria.

La ripresa degli investimenti ordinari, al fine della salvaguardia anche dei fornitori specializzati dell’indotto, potrebbe riprendere già da questa stagione intorno a un incontro nazionale fieristico di maggiore caratura e più nella pancia del Paese, e Roma potrebbe assolvere perfettamente alla situazione.

Sia chiaro che diventa ora urgente ristabilire gli oneri concessori che, tra valore o.m.i. e giochi al rialzo delle Regioni “affamate” (in Toscana a conti fatti del 45% secco), rischiano di mandare in tilt l’operatore: altro che mora dall’Europa per la proroga (fandonia più volte riportata dalla stampa di regime)!

La tutela della coste italiane, allora, si deve fare con un più globale patto ambientalista capace di dare il via allo sviluppo sostenibile e contro lo sfruttamento delle risorse naturali: il balneare potrà giocare un ruolo di primaria importanza a fianco del cittadino, delle associazioni di consumatori ed ecologiste. L’offerta differenziata e globale della categoria, oltre a riconoscere la formula di fondo (un corretto rapporto tra stabilimento, spiaggia libera attrezzata e spiaggia naturale) in armonia con la realtà economica, deve attrezzarsi a competere con l’offerta mediterranea e con quei stessi amici e competitor balneari, qualificando la specificità italiana e tutto ciò che comporta con essa (enogastronomia, benessere, sport, storia, natura…), a riprova delle richieste della categoria in seno all’Ue, come d’altro canto stanno facendo i paesi limitrofi che si avvantaggerebbero di una diversa normativa e di un precedente iniquo.

L’identità balneare, considerando che non siamo più gli stessi (chi ha lottato davvero in questi anni, davvero nella lotta è cambiato) è nata intorno alla consapevolezza, alla coscienza di sé, alla comprensione delle proprie responsabilità, ricordandoci chi siamo e da dove veniamo, le nostre radici, chi ci ha nutrito mentre sognava il suo stabilimento e ristabilendo il nutrimento del nostro sogno in un continuum familiare e tradizionale; le nostre imprese e i vincoli che abbiamo accettato e che queste comportano nella nostra vita, il sacrificio e anche la bellezza di questo lavoro, l’orizzonte e il mare che portiamo negli occhi come testimoni di una scelta di vita, che ha opportunità ma anche costi sostenuti sulle proprie spalle senza chiedere niente a nessuno e pur avendo avuto da qualcuno l’autorizzazione a farlo e a pagare pedaggio dalle proprie tasche. La riscoperta e l’orgoglio della nostra profonda identità, la difesa dei nostri diritti di lavorare e contribuire alla costituzione del paradigma turistico nazionale e a rendere le nostre coste sicure e ospitali, in modo preciso, netto a rimarcare proprio il più grande confine della nostra penisola; tutto questo ha risvegliato e scosso noi stessi, e il fuoco della passione ha riacceso la nostra dignità: siamo sulla strada di diventare davvero una “categoria”, siamo gente d’amare.

Luca Marini (presidente Associazione fornitori italiani balneari)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Afib

Associazione Fornitori Italiani dei Balneari