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Un’altra novità dalla Spagna può aiutare le imprese balneari italiane

La scorsa settimana il Tribunale costituzionale spagnolo ha respinto un ricorso contro la proroga di 30 anni, stabilendo dei princìpi molto importanti anche per la battaglia dei balneari italiani.

di Alex Giuzio

Gli stabilimenti balneari non sono concessioni di servizi, ma concessioni di beni. Dunque dovrebbero essere esclusi dalla direttiva europea 2006/123/CE sui servizi, meglio nota come ‘Bolkestein’. Ad affermarlo è una recente sentenza del Tribunal constitucional del Regno di Spagna, emessa lo scorso 13 novembre, che ha blindato la proroga di 30 anni ottenuta dagli stabilimenti spagnoli.

Ancora una volta, dunque, dalla Spagna arrivano notizie che potrebbero essere di grande aiuto per gli imprenditori balneari italiani. Come nel paese iberico le imprese balneari hanno ottenuto la lunga proroga che in Italia il governo sembra non volere concedere perché giudicata contro la Bolkestein, così la sentenza spagnola stabilisce dei princìpi che anche le associazioni balneari italiane affermano da tempo, ma che il nostro parlamento non ha mai voluto riconoscere. Eppure, le leggi europee dovrebbero valere allo stesso modo in entrambi gli Stati.

Ma andiamo con ordine. Circa un anno fa, un gruppo di parlamentari spagnoli appartenenti a vari schieramenti di sinistra ha fatto ricorso al Tribunale costituzionale della Spagna (un organo simile alla nostra Corte costituzionale) contro le modifiche alla "Ley de costas", che appunto hanno assegnato una proroga di 30 anni alle imprese balneari. La tesi dei parlamentari spagnoli era che la proroga fosse incostituzionale perché favoriva l’interesse privato su quello pubblico, disincentivando la concorrenza, limitando la libertà d’impresa e dunque non rispettando nemmeno la direttiva Bolkestein. Discorsi molto analoghi a quelli fatti in Italia dagli oppositori delle attuali imprese balneari, che da anni impediscono una sana discussione sulla riforma delle concessioni demaniali marittime.

Eppure il Tribunale costituzionale spagnolo la pensa diversamente: la sentenza dello scorso 13 novembre ha infatti stabilito che la proroga di 30 anni è valida e non è anticostituzionale. Queste le ragioni del tribunale spagnolo, tradotte e interpretate dall’avvocato Ettore Nesi:

Osserva il Tribunal constitucional che le concessioni demaniali marittime si configurano come «un titolo di occupazione del demanio pubblico, non come mezzo di intervento a garanzia (dell’applicazione) di leggi settoriali che riguardano l’attività svolta sulla concessione».

E ancora, osserva il Tribunal constitucional: «Sarà questa legislazione settoriale a disciplinare le attività imprenditoriali rispetto alle quali la concessione demaniale costituisce unicamente il supporto fisico e, in particolare, (sarà) la legislazione finalizzata alla difesa della concorrenza (a disciplinare le attività imprenditoriali) attraverso la prevenzione e, se necessario, la repressione delle situazioni, dovute a decisioni imprenditoriali, che costituiscono ostacoli allo sviluppo della concorrenza».

Infine, sella sentenza del Tribunal constitucional si legge: «La più recente direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativa all’aggiudicazione dei contratti di concessione, il cui obiettivo è precisamente quello di stabilire "un quadro giuridico idoneo, equilibrato e flessibile per l’aggiudicazione delle concessioni, tale da garantire a tutti gli operatori economici dell’Unione un accesso effettivo e non discriminatorio al mercato, assicurando altresì la certezza del diritto e favorendo quindi gli investimenti pubblici in infrastrutture e servizi strategici per i cittadini" (cfr. considerando 1), non include "il diritto di un operatore economico di gestire beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato, oppure l’amministrazione aggiudicatrice, o l’ente aggiudicatore, fissa unicamente le condizioni generali d’uso, senza acquisire lavori o servizi specifici" (cfr. considerando 15)».

Si tratta di una pronuncia estremamente importante, soprattutto alla luce della sentenza che la Corte di giustizia europea sarà chiamata a emettere al partire dal prossimo 3 dicembre sulla validità della proroga al 31 dicembre 2020 delle concessioni balneari italiane. Una proroga ben più ridotta rispetto a quella trentennale della Spagna, ma la cui legittimità in Italia è stata messa in dubbio dai Tar della Lombardia e della Sardegna proprio in relazione alla direttiva Bolkestein.

Anche se la sentenza del Tribunale costituzionale spagnolo è valida solo nei confini territoriali di quel paese, i princìpi stabiliti sono molto importanti anche per gli imprenditori balneari italiani, poiché dimostrano le stesse tesi che le associazioni di categoria stanno portando avanti nella trattativa con il governo italiano e negli interventi di opposizione presentati in Corte di giustizia europea per difendere la proroga al 2020. In caso di una pronuncia negativa da parte della Corte Ue, dunque, saremmo davanti a un gravissimo caso di trattamento diverso tra le imprese di due Stati membri. Che non è quello che i balneari vogliono.

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