Norme e sentenze

Solarium in concessione balneare, non basta la Scia

Lo afferma una sentenza del Tar Sicilia: trattandosi di un'opera ricettiva, non è sufficiente la Segnalazione certificata di inizio attività.

Non basta la S.c.i.a. per realizzare un solarium nell’ambito di una concessione demaniale marittima. Lo afferma una recente sentenza del Tar Sicilia sezione II, la n. 1636 del 4 luglio 2017, pubblicata nei giorni scorsi dalla rivista specializzata Patrimonio Pubblico. Secondo la pronuncia, in caso il titolare di una concessione balneare voglia realizzare un solarium sul proprio terrazzo, non è sufficiente la “Segnalazione certificata di inizio attività”, dal momento che tale opera avrebbe finalità ricettive.

Pià precisamente, così Patrimonio Pubblico riassume i contenuti della sentenza: «Le attività turistico-ricettive di cui all’art. 3, comma 6 lett. b) della legge n. 287/1991 (per le quali non opera il contingentamento e per le quali l’art. 64 del D.lsg.59/2010 ne consente l’apertura con s.c.i.a.) sono quelle che – anche nell’interpretazione più estensiva e omnicomprensiva – risultano comunque finalizzate ad offrire un “alloggio” con eventuali altri servizi accessori di ricezione e ospitalità: non è dunque sufficiente la s.c.i.a. per la realizzazione, nell’ambito della concessione demaniale, di un solarium ad uso pubblico attrezzato alla balneazione».

Concessioni demaniali marittime

Pubblichiamo qui di seguito l’estratto più significativo della sentenza, gentilmente concessoci dalla rivista Patrimonio Pubblico.

«Ora, prescindendo dalla questione concernente l’idoneità di tale atto (che effettivamente risulta privo delle indicazioni minime previste dall’art. 19, comma 1° della legge n. 241/1990), il Collegio ritiene che nel caso di specie – ferma restando l’oggettiva differenza tra la struttura di solarium e lo stabilimento balneare già evidenziato dall’ente resistente – non sussista alcuna assimilabilità tra l’attività in questione (“solarium ad uso pubblico attrezzato alla balneazione”) e le attività turistico ricettive per le quali non opera il contingentamento e per le quali l’art. 64 del D.lsg.59/2010 ne consente l’apertura con s.c.i.a. Come noto, l’art. 19, comma 1, della legge n.241/1990 dispone che possa essere sostituito da una segnalazione dell’interessato ogni atto di autorizzazione, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi. Tuttavia, nel caso di specie, tale fondamentale presupposto mancava, poiché le attività turistico – ricettive di cui all’art. 3, comma 6 lett. b) della legge n. 287/1991 (richiamate dall’art. 64 sopra citato e per le quali sussiste la deroga alla programmazione) sono quelle che – anche nell’interpretazione più estensiva e omnicomprensiva – risultano comunque finalizzate ad offrire un “alloggio” con eventuali altri servizi accessori di ricezione e ospitalità, mentre nessuna struttura alloggiativa viene fornita nel solarium. Del resto la lettera della norma si riferisce esclusivamente agli “alberghi, pensioni, locande o ad altri complessi ricettivi” e alle “prestazioni rese agli alloggiati”, cioè a coloro che fruiscono di ospitalità di varia natura (albergo, residence, turismo rurale, bed&breakfast, campeggio, solo per citarne alcuni) e che per tale ragione sono, peraltro, soggetti a “registrazione” presso la struttura ricettiva al fine della comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza (art. 109 TULPS). Ne deriva che, come detto, non si rientrava nell’ambito applicativo della SCIA, ed era necessario un ordinario procedimento autorizzatorio (peraltro già avviato e definito con l’autorizzazione n.17/2015 cit.). Ne consegue l’infondatezza del ricorso che va, pertanto, respinto. Le spese tuttavia, sono compensate tra le parti, poiché il Comune – »

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