«La pioggia di petizioni che si sta verificando a Bruxelles potrebbe ottenere l’effetto contrario per i balneari, poiché la Commissione Petizioni ha già trattato la materia, ovvero la compatibilità delle direttiva europee con le leggi domestiche che normano il demanio marittimo, la 296 del 2006 e l’articolo 18 del Regolamento del Codice della navigazione». Ad affermarlo è Federbalneari Italia, che di recente – in data 11 ottobre 2016 – è stata nuovamente convocata a Bruxelles per un’audizione, a compimento della prima petizione presentata in Commissione europea il 27 gennaio del 2015.
Cosa è cambiato da quel lontano giorno? «Che il governo sta concretamente lavorando a una legge-delega – risponde Federbalneari – che tra 18 mesi potrebbe risollevare il sistema balneare con criteri certi di evidenza pubblica (leggi la bozza della legge, NdR). Lo stesso governo che poi dovrà mandare i suoi emissari, con il sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi, a trattare con Bruxelles l’applicazione nazionale dei principi comunitari».
«Perché esortare i concessionari balneari a mandare 30.000 petizioni con il solo effetto di infastidire l’Unione europea – si chiede Federbalneari – se ne è bastata già una, agli atti della Commissione Petizioni, per confermare la legittimità delle nostre concessioni?»
A dirlo non è solo Federbalneari Italia, ma anche il Parlamento europeo che di recente ha contattato il presidente Renato Papagni al fine di chiedergli di contenere il fenomeno. «Stanno infatti giungendo troppe petizioni individuali e frammentarie nella sede dell’istituzione comunitaria – spiega Papagni – senza una logica di coordinamento, che non avranno nessun effetto, se non quello di porre l’Ue in una posizione di chiusura. Dal Parlamento europeo giunge, dunque, una richiesta ufficiale di interlocuzione per bloccare questo fenomeno. A chi esorta i colleghi balneari di intasare il sito della Comunità europea con petizioni da tutta Italia diciamo di smettere: l’invasione di petizioni forse non è una buona idea».
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