È tradizione di Mondo Balneare dedicare il mese di agosto a un ciclo di interviste a tutti i presidenti delle associazioni nazionali degli imprenditori balneari, ponendo le stesse domande a tutti per confrontare le posizioni e fare il punto della situazione. Iniziamo oggi con il presidente di Fiba-Confesercenti Vincenzo Lardinelli e nei prossimi giorni seguiranno gli altri (tra coloro che hanno risposto alla nostra richiesta).
Il nuovo governo è composto da due forze politiche che in campagna elettorale hanno avanzato proposte molto diverse per riformare le concessioni balneari: la Lega si è opposta alle evidenze pubbliche, mentre il Movimento 5 Stelle le ha accettate. Ora che i due partiti dovranno per forza accordarsi per scrivere una legge, cosa si aspetta che succederà nei prossimi 18-24 mesi?
«Ci aspettiamo che il governo, ma anche le opposizioni, si rendano conto che il tempo sta finendo, e che se non si trova una vera soluzione, ne andremo di mezzo non solo noi con tutto il comparto turistico italiano, ma anche loro. Il 2020 è dietro l’angolo, e mi sembra che più di un lavoro congiunto e concreto, si stia facendo – in modo magari diverso – ancora campagna elettorale».
Se fosse lei a dover scrivere la riforma delle concessioni, quali sarebbero le tre priorità da convertire in legge?
«Difesa del nostro storico sistema di aziende balneari come unica leadership mondiale delle strutture turistiche italiane, riconoscimento e tutela del valore commerciale dell’impresa attualmente concessionaria, periodo transitorio di almeno 30 anni per adeguarsi alle norme della nuova legge sul demanio Italiano e inizio del processo di riconoscimento della variazione e della reale natura attuale dei luoghi, finalizzato allo spostamento della linea demaniale di costa con opzione per i concessionari. Ma la priorità che dovrebbe stare sopra tutte le altre, come fuori categoria, è l’immediata soluzione per i canoni dei pertinenziali».
Quanto ritiene importante un ritorno alla completa unità tra associazioni di categoria per risolvere l’annosa questione balneare? E quanto è disposto a lavorare in questa direzione?
«Non molto tempo fa a Rimini è stato presentato un documento sottoscritto da Fiba, Sib, Oasi, Assobalneari e Cna. Poi – per ragioni che ormai appaiono abbastanza chiare – Oasi, Sib e Fiba hanno mantenuto la stessa linea, ma c’è stato chi ha preferito prendere strade diverse che evidentemente non hanno portato niente di costruttivo. Credo comunque che l’unità delle principali rappresentanze di categoria sia ancora un valore, e non solo io, ma tutta la Fiba è disposta a fare il possibile per recuperarlo».
Un altro problema che minaccia la scomparsa delle imprese balneari è l’erosione costiera, diventata un’emergenza nazionale e dunque non più gestibile solo dalle amministrazioni comunali e regionali come fatto finora. Cosa dovrebbe fare secondo lei il governo per contrastare il fenomeno?
«Stiamo parlando di una criticità che non è stata mai affrontata con la dovuta attenzione; si è pensato a tamponare una falla e non si è capito che siamo di fronte a un problema sistemico nazionale. Sono stato invitato di recente a un convegno universitario sul tema, dove la tesi conclusiva degli esperti era che le spiagge italiane nella loro conformazione attuale derivano da una serie di disastri idrogeologici avvenuti nel tempo, che però diminuiranno sempre più: perciò le spiagge attuali sono destinate inevitabilmente a diminuire. Ricordo bene che gli esperti dissero che si sarebbe dovuto scegliere quali sacrificare, dato che tutte non potevano essere preservate. Io iniziai il mio intervento affermando che, come rappresentante dei balneari, mi sentivo come un agnello a cui veniva detto che dopodomani ci sarebbe stato il pranzo di Pasqua; tutta la sala si mise a ridere, ma non c’è nulla di divertente per noi in questo concetto. L’erosione è un cancro che sta minacciando alcune spiagge italiane ed è indispensabile un atteggiamento sistemico per porvi un vero rimedio. Anche di questo ci dobbiamo occupare, e chiedere impegni precisi a chi dice di volerci aiutare».
Mettiamo da parte per un attimo i problemi e pensiamo al futuro del settore. Nonostante il blocco degli investimenti, non mancano le aziende che stanno proponendo innovazioni sulla spiaggia, soprattutto nel campo della tecnologia. Come si immagina che saranno cambiati gli stabilimenti balneari tra 10-20 anni, una volta risolta la situazione normativa?
«Su questo campo sento di giocare in casa. All’inizio degli anni ’90 mi ero fatto un’idea precisa di come potesse essere un’azienda balneare proiettata verso un nuovo modello, e quasi 20 anni fa abbiamo inaugurato il Balena 2000, che da allora non ha avuto più un giorno di chiusura e ha rappresentato – e forse per la Versilia rappresenta ancora – un modo di riproporre in forma aggiornata quello che in passato uno stabilimento balneare costruito nel 1873 aveva già offerto. Ero un giovane pieno di entusiasmo e un po’ ingenuo, ma penso che proprio quella mancanza di esperienza sia stata la componente indispensabile per portare a termine un progetto che molti ritenevano irrealizzabile. Anche oggi di innovatori animati dallo stesso desiderio se ne vedono, ma purtroppo le incertezze che ancora esistono non stanno permettendo loro di esprimere appieno il loro potenziale, che potrebbe portare ad attualizzare la classica differenziazione e specificità territoriale dei nostri straordinari servizi da spiaggia. Osservando come si muovono alcuni nuovi imprenditori balneari, sono comunque ottimista e fiducioso, e mi piacerebbe aiutare queste nuove leve a esprimere la loro creatività per il mantenimento dell’eccellenza italiana, magari sfruttando anche le iniziative di alcuni Comuni che stanno rilasciando nuove concessioni a fronte di impegni all’investimento da parte del concessionario esistente».
intervista a cura di Alex Giuzio
© Riproduzione Riservata