di Giuseppe Ricci*
In tutta questa storia della Bolkestein, c’è una cosa che non mi torna, che non mi convince: ecco, si parla di noi come se fossimo, chessò, un’impresa di pulizie o una carovana di facchini o una un’impresa di manutenzione… ma non è così!
Noi non siamo come quelle imprese che vincono gli appalti, fanno il lavoro e poi vanno via, pagati in base al lavoro fatto: noi portiamo sviluppo, ci integriamo nel territorio, svolgiamo un’attività commerciale e non siamo pagati da qualcuno. Il nostro pane dobbiamo sudarcelo e sperare come gli antichi marinai che il tempo sia clemente e la spiaggia… di moda.
Cosa ci azzecchiamo noi, direbbe qualche politico, con quelle imprese di pulizie o manutenzioni che, una volta vinto l’appalto, rilevano il personale dell’impresa precedente: noi siamo sempre noi e se usciamo fuori usciamo con i nostri famigliari, con i nostri collaboratori e non sarà il nostro successore ad assumerci!
Che c’entriamo, poi, con quelle imprese che oggi puliscono o costruiscono un palazzo, senza neanche sapere a che serve e perché va costruito o pulito così? Noi viviamo dentro il nostro lavoro, di ogni manufatto conosciamo la storia, di ogni miglioria siamo i responsabili, e lo sono stati i nostri genitori.
Ecco, questo è da capire, una volta per tutte, cari burocrati europei: noi non lavoriamo nel turismo balneare, noi siamo il turismo balneare!
In ricordo di quanti di noi Balneari sono morti con la certezza di lasciare il proprio impegno ai figli per il loro futuro, vorremo noi ricordarVi, Signori dello Stato, che nessun ordinamento democratico ha mai rinnegato la propria Legge, negando la certezza del diritto maturato dai cittadini nel seguirne i dettami. Quando ciò è accaduto, la legge veniva interpretata a favore di forze predominanti in nome di un interesse estraneo alla dignità di uno Stato di diritto.
Cittadini come noi, che hanno creduto con buona fede di vivere in uno Stato democratico, hanno investito sulla propria impresa contraendo mutui, fideiussioni, iscrivendo ipoteche su beni personali, garanzie chirografarie, impegnando il presente ed il futuro della propria famiglia perché la Legge lo consentiva, come ci garantiva il diritto di insistenza art. 37 codice della navigazione e art. 10 legge 88/2001 sul rinnovo automatico delle concessioni turistico-ricreative.
Dove volete portare chi aveva dignità e sapeva condurre la propria impresa per il bene della propria famiglia e per il bene dell’economia italiana? Sotto i ponti? Alla Caritas? Farci arrivare ad ammalarsi e arrivare anche a quanto di peggio ci possa essere?
È democrazia mandare per strada i meno forti mangiati dalla banche, dagli strozzini? Mandare via noi per far lavorare altri – e vedrete non italiani, e non con merce italiana? Chi ha più diritto di lavorare, chi il lavoro se lo è creato con impegno da più generazioni o chi per colpa di una normazione nuova potrà a suo vantaggio godere dei nostri investimenti già realizzati?
Quale Stato democratico non rispetta i patti già consolidati?
L’Europa vuole più lavoro, più concorrenza? Allora create più lavoro, sviluppate pure la costa italiana con nuovi insediamenti, nuovi investimenti, nuovo lavoro per tanti cittadini, ma non togliete il lavoro a chi già ce l’ha, non permettete che migliaia di famiglie vengano distrutte dai debiti, da drammi, non fateci perdere la dignità di essere uomini.
Signori dello Stato, credeteci, ciò che abbiamo costruito con la nostra vita, lo difenderemo con la nostra vita, perché quando il diritto di uno Stato non rispetta quanto già regolamentato creando il legittimo affidamento nei patti, allora è un diritto che si affievolisce, e questo mette a rischio la tenuta della democrazia di un intero Paese, non chiamato Europa, ma Italia.
Voi, Signori, avete il compito di frenare la deriva, mettere fine a questa triste pagina della democrazia vacillante in Italia. Nessuno può negare i diritti acquisiti per legge, la certezza del diritto in uno Stato democratico; ne vale la nostra dignità non solo di balneari ma di esseri umani.
Vorrei dirvi che sì, nella mia vita di uomo da spiaggia, da bagnino, come lo fu mio padre e il padre di mio padre, ho ben visto fare cose straordinarie: cose che oggi sembrano non interessare più, come se il mare e la spaiggia siano un pezzo d’asfalto. Ho visto mio padre remare lontano, su una piccola barca, con la pioggia e il vento, per mettere le boe; l’ho visto salvare una bambina in difficoltà, l’ho visto sudare nell’aria pungente del mattino, piantando ombrelloni in maniera attenta ai bisogni dei turisti… E quante sere ho passato, con lui e poi come lui, su una sedia di plastica, lavoratore senza orario e senza sicurezze, curando la spiaggia e lo stabilimento fino a che l’ultimo ospite è andato a dormire! E quante ore ho passato per insegnare il lavoro ai miei figli, come mio padre lo ha insegnato a me…
No, non siamo imprese di pulizia: in ogni nostro gesto c’è la storia di generazioni, c’è la passione per un lavoro sempre eguale ma sempre diverso, c’è il gusto della sfida e del rischio e la speranza di un destino comune con i nostri figli!
No, non è possibile, non è umano, e non è intelligente lasciare morire così uno straordinario pezzo di storia del turismo del nostro paese. Come diceva il Piccolo Principe, "in ogni cosa che ho fatto ho messo dentro tanto di me", e prima di me i miei.
No, non c’è uno stabilimento balneare eguale all’altro: in ognuno alberga un’anima, quell’anima che gli abbiamo dato noi, negli anni, col nostro lavoro, e che lo rende inconfondibile e unico!
Ecco quello che rimpiangeremo, se tutto andrà come i lontani burocrati che vivono su Marte vogliono che vada: è la perdita del lavoro, del futuro per i nostri figli, ma sopratutto è la perdita di un’anima inconfondibile, l’anima di un turismo umano.
Per questo grido con tutta la mia forza, con nella voce l’eco della voce di mio padre: noi lotteremo fino in fondo, noi difenderemo questo futuro, non permetteremo questa rapina e non possiamo permettere che al 31 dicembre 2015 tutto ciò vada perduto, come lacrime in una notte di pioggia.
*Giuseppe Ricci è presidente di Itb Italia
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