Attualità

La borsa frigo diventa oggetto vietato in spiaggia

L'estate 2017 segna l'inizio di divieti e multe contro quello che una volta era oggetto-cult. E uno stabilimento balneare ha istituito addirittura una tassa.

Da simbolo della vacanza a oggetto bandito, la “mitica” borsa frigo è ormai sotto accusa in molte spiagge italiane, con uno stabilimento balneare lucano che ha addirittura introdotto una tassa di cinque euro contro i clienti che la portano con sè.

Complice un alto tasso di inciviltà, la borsa frigo è diventata simbolo di un certo tipo di turismo, quello del pranzo completo fai-da-te, non sempre in linea con le basilari regole dello stare insieme in spiaggia. L’esempio arriva dalla cronaca di qualche giorno fa, quando in poche ore è diventato virale un video girato sulla spiaggia di Porto Pino con una memorabile “cazziata” di un sardo indignato dopo che una mamma ha gettato l’olio della sua scatoletta di tonno in mare e seppellito la lattina nella sabbia. «Torni a casa sua – le intima il sardo, guadagnandosi l’applauso dei bagnanti – Di turisti così non ne abbiamo bisogno, ha capito? Abbiamo bisogno di turisti rispettosi dell’ambiente… Cosa sta insegnando ai suoi figli?» (guarda il video su Facebook).

Al di là dei casi limite, comunque, è un dato di fatto che diverse spiagge abbiano scelto di mettere al bando le borse frigo. Hanno iniziato Alassio e altri comuni del savonese, che in accordo con la prefettura hanno emanato ordinanze per vietare l’ingresso in spiaggia di fornelli, tende e borse frigo, così come l’abbandono delle bottiglie di vetro. E qualche giorno fa ha fatto scalpore la notizia di uno stabilimento balneare di Marina di Pisticci (Matera), il “Cuba Libre”, che ha istituito una tassa di cinque euro per i clienti che vogliono portarsi il pranzo o lo spuntino sotto l’ombrellone. Un modo per evitare che la spiaggia sia sporcata o che qualcuno stia male con il cibo portato da casa, assicura uno dei gestori a Repubblica: «È una novità che abbiamo introdotto di recente per evitare problemi con il cibo che eventualmente un cliente porta e di cui non conosciamo l’origine – dice il titolare Massimo Vena – e soprattutto per evitare che venga lasciata troppo immondizia in spiaggia, come accade spesso: altrimenti avremmo difficoltà serie a rispettare l’obbligo di raccolta differenziata».

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