La riduzione dell’Iva dal 22% al 10% è una battaglia degli imprenditori balneari italiani, unica categoria nel settore turistico nazionale a non avere la stessa tassazione agevolata di cui godono alberghi, campeggi eccetera. Ebbene, dalla Spagna arriva nuovamente uno stimolo: per alberghi e spiagge, che qui già hanno l’Iva ridotta al 10%, presto la tassa potrebbe essere ulteriormente abbassata all’8%.
L’iniziativa è partita dalla presidente della giunta della regione Andalusia, Susana Díaz, che in occasione della fiera World Travet Market tenutasi dal 7 al 9 novembre a Londra, ha lanciato un appello al governo nazionale per ridurre l’Iva applicata al settore turistico al fine di «rafforzare i margini di crescita del comparto». Una proposta vista ovviamente di buon occhio dagli imprenditori balneari e alberghieri, che hanno subito colto la palla al balzo per rilanciare l’invito: sempre al World Travel Market, José Carlos Escribano, vicepresidente del Cehat (l’associazione nazionale che rappresenta gli albergatori), ha affermato che «i nostri competitor come Grecia, Portogallo e Francia hanno già l’Iva più bassa rispetto alla Spagna», per cui «un adeguamento in questo senso sarebbe molto interessante e lo appoggiamo completamente». Il rappresentante degli albergatori spagnoli ha inoltre sottolineato che un’eventuale riduzione dell’imposta contribuirebbe ad aumentare la capacità di rinnovare le strutture alberghiere del paese e a dinamizzare l’intero comparto turistico.
Anche gli imprenditori balneari hanno colto la proposta con entusiasmo: Manuel Villafaina, presidente dell’Associazione imprenditori di spiaggia di Malaga, si è complimentato per l’appello della presidente Dìaz e ha ricordato che i titolari di chiringuitos «lo chiedono già da molti anni», aggiungendo: «Dobbiamo tentare questa strada, l’unica possibile per non costringerci ad aumentare i prezzi e mantenere la qualità. Se ci troviamo a pagare più imposte, alla fine chi ci rimette è il turista».
Ora non resta che attendere come si evolverà la situazione. Nel frattempo, quel che ci pare di capire è che solo in Italia gli stabilimenti balneari pagano lo scotto di una tassazione molto più elevata rispetto ai loro concorrenti.
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