Attualità

Imu, Bolkestein, canoni pertinenziali: Cna e i problemi dei balneari

L'incontro di Cna Balneatori tenutosi ieri sera a Cervia ha fatto il punto sulle numerose questioni aperte per gli imprenditori di spiaggia

di Alex Giuzio

I problemi degli stabilimenti balneari? Non ruotano solo intorno alla Bolkestein. E occorre analizzarli uno a uno in vista del tavolo di confronto che, si spera, il governo Letta aprirà al più presto insieme alle associazioni di categoria e ai rappresentanti degli enti locali.

Questo il senso dell’incontro ‘Quale futuro per le imprese balneari?’, organizzato ieri sera a Cervia da Cna Balneatori per fare il punto della situazione insieme agli imprenditori già immersi nel lavoro estivo. Un’assemblea, quella di Cna, ricca di spunti interessanti grazie agli interventi di Cristiano Tomei, Elisa Muratori e Nevio Salimbeni (rispettivamente coordinatori nazionale, regionale e provinciale di Cna Balneatori), Luciano Monticelli (delegato Anci al demanio marittimo), Danilo Piraccini (presidente Cooperativa bagnini Cervia), Michele De Pascale (assessore al turismo del Comune di Cervia).

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Come di consueto, ecco un riassunto degli interventi.

Nevio Salimbeni (responsabile Cna Balneatori per la provincia di Ravenna): L’opinione pubblica ancora non capisce l’enorme valore delle imprese balneari per l’economia turistica, l’ambiente e la cultura. Dobbiamo cercare di eliminare l’immagine dei bagnini che lavorano poco e guadagnano tanto, perché sappiamo che non corrisponde alla realtà. L’impresa balneare lavora al servizio della collettività e a tutela dell’ambiente, fa accoglienza turistica e crea reti d’impresa e posti di lavoro. Dobbiamo chiederci: è vero che le imprese balneari sono indietro, e quindi è giusto cambiarle tramite le evidenze pubbliche? O sono proprio le evidenze pubbliche a creare i nostri problemi? Ci sono poi tante altre questioni aperte e urgenti, a partire dall’Imu. Un’indagine di Cna ha evidenziato come gli stabilimenti balneari romagnoli, con l’Imu, paghino in media il 49,7% in più rispetto al vecchio Ici (da 2.935,44 euro a 5471,19 euro). Per non parlare della burocrazia: è recentissima la notizia che, nel progetto di distretto turistico romagnolo, per legge gli stabilimenti balneari non potranno entrare poiché insistenti sul demanio. Ci manca anche quella flessibilità nei contratti di lavoro necessaria per un’impresa legata al tempo atmosferico, pur nel rispetto dei diritti dei dipendenti. In questo modo gli stabilimenti balneari fanno fatica ad assumere, o peggio ancora assumono in nero. Ma il problema più urgente rimane l’applicazione della direttiva Bolkestein: la proroga al 2020 è insufficiente, e non tutti i Comuni l’hanno resa già effettiva. Chiediamo che lo facciano anche le amministrazioni di Ravenna e Cervia. Diamo però atto che, in questa città, un grande passo avanti è stato fatto permettendo l’apertura serale degli stabilimenti balneari, seppure avremmo preferito una maggiore libertà di scelta nel giorno settimanale e una maggiore differenziazione tra le frazioni di Milano Marittima, Cervia e Pinarella per valorizzarle al meglio. Ma si tratta comunque di un grande passo avanti per far capire che gli stabilimenti balneari attirano lavoro per tutti, e non lo portano via agli altri.

Avremmo voluto una tale attenzione anche dall’ex governo Monti. Nel frattempo, la Spagna ha approvato proprio in questi giorni la riforma della ‘Ley de costas’ che, seppure in un contesto diverso dal nostro, tutela al meglio le imprese che lavorano sul demanio costiero. Speriamo che il nuovo governo Letta ascolti le esigenze dei balneari e vada in Europa a difenderli. Però tutti devono ricordarsi che sarà necessario continuare a fare grande pressione per ottenere ciò. Un’efficace iniziativa potrebbe essere, ad esempio, portare i parlamentari italiani ed europei tutti lo stesso giorno ad assistere da vicino a una giornata di lavoro sulla spiaggia. Solo così potrebbero capire com’è la vita di questi imprenditori, e allora sarebbe loro impossibile fare finta di non capire.

Giancarlo Cappelli (presidente Sib-Confcommercio Emilia-Romagna): Tutti i politici ci danno ragione, ma nessuno ha mai fatto niente per aiutarci. Perciò restiamo uniti per combattere più efficacemente. Tengo a rassicurare i colleghi balneari sull’indiscutibile validità della proroga al 2020, nonostante il recente parere sfavorevole della Corte dei Conti che però non ha valore legale. Si tratta comunque di una misura insufficiente, anche se ci dà più tempo per meditare una soluzione simile a quella adottata dalla Spagna. Riguardo al governo Letta sono ottimista: ai sindacati ha già fatto sapere che intende fissare una convocazione insieme al ministro alle infrastrutture Maurizio Lupi, che pare avrà la competenza sulla nostra materia.

Luciano Monticelli (delegato Anci al demanio marittimo): L’Anci si è schierata sempre al fianco degli attuali imprenditori balneari poiché è nell’interesse dei Comuni lasciare l’economia turistica in mano alle piccole e medie imprese familiari anziché ai grandi gruppi multinazionali. Non vogliamo difendere una fabbrica che chiude, bensì evitare in anticipo la sua chiusura. Oltre al pericolo delle evidenze pubbliche, c’è poi un’altra questione che abbiamo recentemente seguito con attenzione: quella dei canoni pertinenziali, schizzati alle stelle con aumenti fino al mille per cento. Ho sempre avuto la sensazione che la politica non voglia risolvere questi problemi, perciò le associazioni di categoria devono compiere un lavoro di lobby di alto livello per difendersi, e non salire sui cupoloni – con tutto il rispetto che ho per Di Finizio e per la sua drammatica situazione – al fine di evitare di diventare oggetto di accuse. Il tanto atteso tavolo di confronto con il governo ormai non è più rinviabile.

Michele De Pascale (assessore al turismo della Regione Emilia-Romagna): Cervia è stato uno dei primi Comuni a validare la proroga al 2015, e nel giro di pochi mesi lo faremo anche per quella al 2020. Ci sono, purtroppo, delle procedure burocratiche piuttosto impegnative. Certo, a quei Comuni che non hanno ancora attuato nemmeno la proroga al 2015 basterà compiere un’unica procedura, mentre la nostra celerità ci costringerà a fare il doppio lavoro. Riguardo alle evidenze pubbliche, la palla è in mano all’attuale governo e sono convinto che la situazione particolare lo porterà ad agire. La questione balneare, infatti, non è più un’occasione per fare campagna elettorale, poiché la squadra di Letta è composta da diverse forze politiche in corresponsabilità, che non potranno fare i rimalli tra loro. Per questo gli imprenditori dovrebbero tentare la partita adesso, con la speranza che si riesca a uscirne.

Danilo Piraccini (presidente Cooperativa bagnini Cervia): Io ritengo invece che la questione sia da giocare anche in Europa. I nostri 75 europarlamentari hanno avuto sulla Bolkestein un atteggiamento vergognoso. A Bruxelles dobbiamo mandare i nostri politici migliori, e i peggiori dobbiamo tenerli qui per controllarli meglio. Vorrei in parlamento europeo dei giovani in gamba, che parlano inglese per evitare problemi di comunicazione. Le elezioni europee saranno il prossimo anno. È ora che i partiti tirino fuori i nomi per i loro candidati, in modo da farci sapere chi tutelerà le imprese italiane.

Cristiano Tomei (coordinatore nazionale Cna Balneatori): Perché la Spagna ha tutelato le sue imprese balneari e l’Italia non può farlo? Evidentemente, non contiamo abbastanza in Europa. Eppure nel nostro paese le imprese balneari valgono il 3% del Pil. L’Unione europea sta avendo un atteggiamento inammissibile, con ingerenze gravi come quella del segretario di Barnier che giudico eccessiva la proroga di trent’anni quando era ancora in fase di approvazione. Stiamo parlando di imprese familiari, con figli che non avranno futuro se gli stabilimenti dei genitori andranno all’asta. Qui non stiamo liberalizzando, cioè assegnando nuove concessioni, bensì confiscando attività per darle non si sa a chi. Nel frattempo, gli attuali concessionari sono vittime della burocrazia e della legge. Cito solo i canoni pertinenziali: a causa della Finanziaria 2007, gli stabilimenti balneari giudicati di difficile rimozione hanno visto schizzare i canoni annuali da 9000 euro nel 2006 a 82 mila euro nel 2012. E nessuno vuole occuparsi di questo problema.

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