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Decreto fiscale, saltano gli emendamenti sui balneari

Bocciate in Senato le richieste su sdemanializzazione, esclusione dalla Bolkestein e proroga di 50 anni, resta in piedi solo l'annullamento dell'Imu sugli ombrelloni.

In Senato sono stati rinviati tutti gli emendamenti al decreto Fiscale che riguardano le concessioni demaniali marittime, tranne quello che annulla il calcolo dell’Imu sugli ombrelloni. Lo ha reso noto il Sole 24 Ore, riprendendo le dichiarazioni del ministro Tria (vedi articolo).

Gli emendamenti in questione, redatti dal Sib-Confcommercio e presentati da vari senatori di Forza Italia e Fratelli d’Italia, erano 21 e chiedevano in sistesi di istituire la sdemanializzazione degli stabilimenti balneari, l’esclusione dalla direttiva Bolkestein, una durata delle concessioni di 50 anni, la riduzione di Tari e Iva e il salvataggio dei balneari pertinenziali (leggi l’articolo per saperne di più). Se approvati, tali emendamenti avrebbero tra l’altro risolto la situazione di incertezza normativa che vede attualmente le concessioni demaniali marittime in scadenza il 31 dicembre 2020, senza che ci sia ancora una legge che decida cosa accadrà dopo tale data.

A restare in piedi, per ora, c’è solo l’emendamento del governo «per evitare la tassa sui metri quadrati di ombra degli ombrelloni presenti negli stabilimenti balneari». Una misura resa necessaria dopo che l’Agenzia delle entrate di Rimini, unica in Italia, nei giorni scorsi ha presentato delle esose cartelle esattoriali agli stabilimenti balneari della nota località romagnola, chiedendo 35 euro al metro quadro di Imu anche sulle superfici adibite a ombreggio (vedi notizia).

A scagliarsi contro la decisione del governo c’è la voce di Antonio Capacchione, presidente del Sib-Confcommercio: «Siamo delusi perché abbiamo raggiunto dieci anni di rinvii del parlamento nell’affrontare la questione Bolkestein, ingiustamente applicata anche alla nostra categoria. Siamo sconcertati perché in questo modo non si mette in sicurezza un importante settore economico del nostro paese, con una diversa lunga durata delle concessioni esistenti, nelle more del tempo occorrente per gli approfondimenti tecnici e per una interlocuzione con le istituzioni europee. Il governo, pertanto, si prepara solo a evitare un ulteriore balzello nei confronti di un settore ingiustamente vessato dal fisco, dalla burocrazia e che deve fare i conti sempre più con i danni causati dalla forza della natura impazzita».

«Anche se non si tratta della soluzione risolutiva – conclude Capacchione – è doveroso permettere a queste aziende di continuare a vivere e operare nell’attesa di eventuali approfondimenti e interlocuzioni comunitarie. Il tempo di una soluzione normativa è adesso: dopo sarebbe troppo tardi!».

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