Norme e sentenze

Consulta boccia legge Puglia su balneari: ‘Proroga illegittima’

La Corte costituzionale ha ritenuto che l'estensione dei titoli al 2020 non può essere applicata alle nuove concessioni.

Una nuova sentenza della Corte costituzionale dichiara illegittima la proroga al 2020 per le concessioni balneari rilasciate dopo il 2009 e ribadisce i confini di competenze tra Stato e Regioni in materia di demanio marittimo, da sempre oggetto di contenziosi in Italia. La sentenza n. 40 dell’11 gennaio 2017, infatti, si è definitivamente pronunciata sulla legge n. 17/2015 della Regione Puglia che disciplina la tutela e l’utilizzo della costa, dichiarando l’incostituzionalità di alcuni articoli, come richiesto dal ricorso promosso dalla presidenza del consiglio dei ministri che aveva impugnato la norma regionale.

Come illustra Stefano Carbonara ne Il Nautilus, a finire sotto la ghigliottina per presunta illegittimità costituzionale sono state le disposizioni di cui ai comma 8 e 9 dell’articolo 14. La prima disposizione stabilisce che, qualora una concessione demaniale non sia conforme ai Piani comunali delle coste, i Comuni devono confermare a favore degli originali concessionari (salvo procedure di revoca o decadenza) la titolarità di almeno il 50% delle aree demaniali già concesse; e inoltre che, in caso questo avvenga, i Comuni sono autorizzati a riconoscere ai concessionari un’ulteriore area demaniale che viene assegnata in concessione attraverso provvedimenti di variazione e/o di traslazione.
La seconda disposizione, invece, stabilisce indiscriminatamente la salvaguardia delle concessioni in essere fino alla scadenza del termine di proroga, previsto dalle normative vigenti (D.L. n. 194/2009) e attualmente fissato al 31 dicembre 2020.

Come spiega Carbonara, «l’Avvocatura di Stato, in difesa della presidenza del consiglio, ha sempre sostenuto come le disposizioni in esame invadessero la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, dettando una disciplina contraria anche ai principi di derivazione europea e contraddicendo, pertanto, alle disposizioni di cui al primo e al secondo comma, lettera E), dell’articolo 117 della Costituzione. D’altro canto, la difesa pugliese ha sempre rilevato come l’articolo 14, comma 8, rispondesse ai principi di cui alla legge Finanziaria del 2007 (rectius: articolo 1, comma 254)», secondo cui “le Regioni, nella redazione dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo, devono individuare un corretto equilibrio tra l’estensione delle aree concesse a soggetti privati e quella degli arenili liberamente fruibili”.

Ebbene, lo scorso 11 gennaio la Corte costituzionale ha cassato il comma 8 dell’articolo 14 nella parte in cui viene prevista l’assegnazione di nuove aree demaniali in favore dei concessionari attraverso provvedimenti di variazione e/o traslazione. Secondo la Consulta, infatti, «non si può parlare di compensazione se non mediante un indennizzo, così come previsto dall’articolo 21-quinquies della Legge n. 241/1990». La variazione e/o traslazione di un titolo concessorio – prosegue la Corte – «riconosce un diritto su aree diverse da quelle originariamente assentite. Si è dunque in presenza del rilascio di nuove concessioni per le quali la legge dispone giocoforza il ricorso a procedure di evidenza pubblica». E di tali procedure non vi è alcuna menzione nell’articolo 14 comma 8, che per questo è stato dichiarato illegittimo.

Incostituzionale, secondo la Corte, è anche il comma 9 dell’articolo 14, in quanto la Regione Puglia ha previsto la salvaguardia di concessioni che non potrebbero beneficiare del termine di proroga previsto dalle disposizioni vigenti. Difatti, la Consulta sostiene che il termine di cui al 31 dicembre 2020, nelle intenzioni del legislatore, «si applica soltanto per quelle concessioni già in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 194/2009».

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