Attualità Federbalneari

Concessioni balneari, il punto con Renato Papagni (Federbalneari)

Dedichiamo il mese di agosto a una serie di interviste ai presidenti delle associazioni nazionali degli imprenditori balneari. Abbiamo rivolto le stesse sei domande a tutti, per riepilogare la questione e confrontare i diversi punti di vista. Oggi è il turno di Renato Papagni, presidente Federbalneari.

Quest’anno il governo italiano ha varato un disegno di legge per il riordino delle concessioni demaniali marittime. Come giudica nel complesso i contenuti della proposta? Quali sono i punti positivi e quali i negativi?

«La proposta è nel suo complesso positiva e può rappresentare la soluzione per la cosiddetta “questione balneare”. Il ddl è stato recepito favorevolmente da Federbalneari Italia, in quanto pone norme certe e consente un piano di rilancio del sistema balneare. L’evidenza pubblica è prevista dalla normativa italiana dal 1933, dal Codice della navigazione nell’art.18, dalla legge 494 del 1993, poi dalla 296 del 2006. E oggi, con il riconoscimento della professionalità e del valore commerciale, la gara può diventare molto vantaggiosa per l’attuale concessionario, permettendo di realizzare un project financing e presentare un business plan con un piano di ammortamento per 30, 40 o anche 50 anni. Tuttora l’aspetto negativo è che con i decreti attuativi non si ha la certezza che questi paramenti siano fissati nel provvedimento».

Due sembrano gli ostacoli principali all’approvazione del disegno di legge: le tempistiche strette e le recenti dimissioni da ministro di Enrico Costa, propositore del testo. A suo parere, quanto sono concrete le possibilità che questa riforma vada definitivamente in porto?

«È vero, i tempi sono stretti e ultimamente abbiamo assistito a dimissioni eclatanti, ma ho riscontrato da alcuni componenti della commissione, nonché dal relatore Tiziano Arlotti, una notevole determinazione per approvare la legge. Ad oggi la darei con il 50% di probabilità.
Le opposizioni fanno male a chiedere di ritirare la legge, ma di certo si può intervenire e migliorarla. Trovo del resto molto scorretto comunicare alla pubblica opinione “poi ci pensiamo e vi daremo 30 anni a tutti”, non sapendo bene chi sarà l’interlocutore di domani. Pertanto, credo fermamente in questo disegno di legge e sono certo che l’approvazione possa rappresentare la vera soluzione per il nostro settore».

L’instabilità degli ultimi governi italiani è forse una delle principali cause che hanno impedito il varo di una riforma per le concessioni balneari. Il settore dovrà continuare a fare i conti con dei mutamenti politici che continuano a predominare rispetto al senso di responsabilità per garantire una situazione stabile e duratura al Paese?

«Me lo chiedo spesso anch’io: quante storie ancora dovremo sentire dai politici e politicanti di turno, per arrivare a una decisione definitiva e a un provvedimento preciso che regolarizzi la complessa materia del demanio marittimo? Di certo, dobbiamo maturare una consapevolezza anche noi concessionari balneari, e mi rivolgo anche agli altri presidenti delle diverse categorie, per comprendere che non rappresentano “bagnini” ma imprenditori, che gestiscono delle aziende importanti. Deve finire l’era del richiedere l’elemosina a politici, assessori e sindaci che impostano le campagne elettorali sulla pelle dei balneari. Sarebbe come essere ostaggi, col rischio che la politica faccia definitivamente dei balneari una categoria di precari a lungo termine».

Ipotizziamo che la riforma non vada in porto: cosa succederà dopo? Qual è il possibile scenario che i balneari potrebbero affrontare con un nuovo governo e in assenza di una legge?

«Temo che la categoria continuerà a essere presa in giro dalla politica e che i tribunali continueranno a emettere sentenze in assenza di dispositivi di legge definitivi, applicando direttamente le norme europee senza alcuna mediazione e mettendo così tutta la categoria fuori gioco. Per questo, ribadisco che l’approvazione del disegno di legge è fondamentale per evitare questi gravi problemi».

Le problematiche del settore balneare sono gravi, ma secondo le statistiche, la stagione estiva sta andando bene grazie alle presenze in aumento. Questo dimostra che il comparto ha ancora ottimi margini di crescita (e ci sono ancora ampie porzioni di litorale su cui aprire nuovi stabilimenti). Come è possibile sfruttare questo exploit a proprio favore?

«Dobbiamo ammettere che questa stagione balneare sta andando bene: i numeri registrano un aumento di consumi e di presenze del 20-25%. Ma una rondine non fa primavera. Siamo stati fortunati per le ottime condizioni climatiche, e questo per il mare va bene ma non basta. Per questo servono certezze e regole che permettano investimenti a lungo termine e piani strategici; insomma un masterplan che comprenda concessioni, investimenti, innovazioni di prodotto, certezza normativa, attenzione alla qualità e “italian style”».

A ottobre tutto il settore balneare si ritroverà, come da tradizione, al SUN di Rimini per fare il punto della situazione, ma il clima sia tra gli imprenditori che tra gli espositori (questi ultimi i più penalizzati dalla situazione) è piuttosto teso e diviso. Si sente di lanciare un messaggio per arrivare a questo appuntamento con positività e senso di unità?

«A ottobre saremo nel pieno della campagna elettorale, e come sempre in tanti verranno al SUN a raccontarci storie, usando il metodo del “divide et impera”. Il mio messaggio ai colleghi è: “Vogliamo continuare a restare divisi?”. L’ho detto tante volte e non mi stancherò mai di ripeterlo: bisogna metterci tutti intorno a un tavolo. Le altre associazioni mi dicono che sono arrogante e prepotente, forse perché dico solo la verità su come stanno realmente le cose, e ciò ai nostri amici presidenti non piace. Un esempio: in tanti raccontano della Spagna una storia non vera, e si tratta di falso in atto pubblico. In Spagna gli stabilimenti con gli alberghi che insistono sulla linea di costa erano privati, il governo spagnolo li ha espropriati a costo zero e ha concesso loro un periodo che vai dai 30 ai 70 anni come corrispettivo. Proprio come in Italia? Niente affatto, però la favola continua a girare… chi la racconta è male informato o in malafede? Di certo fa mala informazione».

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