Ci sono delle novità in vista per i concessionari balneari: è stata approvata alla Camera la legge comunitaria 2010, ora al vaglio del Senato, che all’articolo 11 prevede nuovi criteri di affidamento e durata delle concessioni demaniali ai gestori di stabilimenti e locali sulla spiaggia. Ciò non è una semplice rettifica rispetto ai sei anni rinnovabili della durata delle concessioni (prevista dalla legge 400/1993 modificata nel 2003), ma un vero e proprio insieme di criteri e parametri che dovrebbero garantire la concorrenza e la libertà di stabilimento, nonché la valorizzazione dell’attività imprenditoriale e la tutela degli investimenti. Il concetto evocato dalla legge comunitaria, insomma, è uno: quello delle gare d’appalto contro le quali i balneari stanno lottando da tempo.
Insomma, la legge comunitaria apre la possibilità agli imprenditori stranieri di operare in Italia in situazione di parità e concorrenza. Proprio ciò che viene richiesto dalla direttiva Bolkestein, in base alla quale – ma questo è ormai risaputo – le concessioni demaniali dovranno andare all’asta nel 2016 per tutelare la libera concorrenza, azzerando dunque i diritti di cui hanno goduto i balneari, i quali ogni sei anni avevano la precedenza di rinnovo della concessione.
L’adeguamento dell’Italia alla direttiva Bolkestein, una volta approvato da entrambe le camere, eliminerebbe tutte quelle leggi regionali che prorogano di vent’anni la durata delle attuali concessioni e agevolano la realizzazione di strutture fisse come piscine e simili, e cioè quelle elaborate da Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Toscana e Veneto. Tali leggi regionali, peraltro, sono già state annullate dalle sentenze della Corte costituzionale 235/2011, 203/2011, 340/2010 e 180/2010.
Tuttavia c’è un’altra legge che va a completare la comunitaria 2010 e i suoi principi di concorrenza, e cioè la manovra correttiva definita dalla legge 111/2011, la quale introduce una procedura che potrebbe mettere in discussione l’assegnazione delle concessioni tramite gara d’appalto con offerte al rialzo. L’articolo 33 della manovra correttiva, infatti, disciplina il patrimonio immobiliare pubblico e affida ai fondi di investimento la valorizzazione del demanio passato ai Comuni. Questi ultimi, dunque, potranno conferire i propri beni demaniali marittimi in un fondo immobiliare chiuso con delle quote che saranno in parte possedute da un altro fondo immobiliare appartenente a una società nazionale di gestione del risparmio. Il fondo dovrà gestire il demanio attraverso locazioni o contratti di godimento, e sarà obbligato esclusivamente a rispettare i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità nella scelta dei gestori, senza l’obbligo di assegnare la concessione al migliore offerente, e dunque tenendo conto anche dell’esperienza maturata in campo. Proprio questo punto fa rinascere le speranze agli attuali concessionari, che avrebbero una marcia in più nella riassegnazione del demanio tramite aste, e si vedrebbero eliminare tutte le offerte milionarie provenienti dall’estero e così tanto temute. Le ultime mosse del governo, insomma, sembrano a favore degli operatori balneari, anche se non è ancora detta l’ultima parola.
C’è però un ultimo punto da affrontare riguardo alla comunitaria 2010, che nell’ottica di valorizzare le spiagge prevede che le attività turistico-balneari siano libere e senza orari di apertura, né dei bar e ristoranti, né dell’intrattenimento musicale. Anche questo articolo interessa senza dubbio gli operatori balneari, seppure chi possiede un’abitazione nei pressi della spiaggia è di sicuro più preoccupato, dato che la comunitaria assimila i limiti di rumorosità degli ‘spettacoli temporanei’. Ma assegnando a Comuni e Regioni il diritto di avere l’ultima parola, sulla musica in spiaggia ogni località avrà di sicuro le proprie regole.
Alex Giuzio
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