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Cappelli (Sib): ‘L’apertura annuale non conviene ai balneari’

Il vicepresidente del Sindacato Italiano Balneari consiglia di fare attenzione: la libera attività aperta dal governo non converrà economicamente ai balneari. Meglio concentrarsi su combattere le aste, unendo le forze con altre categorie.

di Alex Giuzio

Oltre alla direttiva Bolkestein che impone la messa all’asta delle concessioni demaniali marittime, tra i titolari degli stabilimenti balneari si sta discutendo molto anche del recente decreto liberalizzazioni, che ha aperto alle spiagge la possibilità di restare aperte tutto l’anno e 24 ore su 24, svolgendo anche nuove attività come la ristorazione e la discoteca. Una norma che, se può piacere ai balneari (a patto che si riescano ad evitare le aste delle loro concessioni), preoccupa invece le altre attività turistiche come, appunto, i ristoranti e i locali da ballo, i quali temono di farsi portare via il lavoro.

Ma Giancarlo Cappelli (nella foto), vicepresidente nazionale di Sib-Confcommercio, ci tiene a precisare che occorre fare attenzione: le possibilità aperte dal decreto liberalizzazioni, infatti, potrebbero non convenire economicamente ai balneari. Queste le parole del vicepresidente:

«La legge del 15 dicembre 2011 apre la spiaggia a musica, balli, ristoranti e bar potenzialmente sempre aperti. Tutto ciò che si può fare nell’entroterra dovrà essere consentito sulle aree demaniali marittime, però non va trascurato,"nel rispetto delle norme che sono previste, urbanistiche, igienico sanitarie e ambientali". Poi va aggiunto che i Comuni sono in grado di emettere ordinanze in merito per salvaguardare le norme previste. Quindi, a mio avviso, poco cambia: nessuno fuori dalla spiaggia si deve sentire per l’estate 2012 demoralizzato, anche perché sono convinto che un territorio balneare è appetibile solo con il contributo di tutte le categorie. Già da anni sono previste per gli stabilimenti balneari serate di apertura, e non hanno sconvolto la vita a nessuno, anche perché una sola minoranza aderisce alla apertura serale. La conduzione di uno stabilimento balneare non permette ai più un periodo di lavoro giornaliero così lungo, i costi del personale aggiunto supera il ritorno economico per l’apertura serale. Chi dice che c’è il rischio di avere in spiaggia 200 ristoranti, sbaglia, può essere solo una preoccupazione virtuale, mettiamo anche in conto che quei pochi che si sono attrezzati in passato per qualche serata non vogliono questa liberalizzazione, cambiando le regole non è più per loro remunerativo».

Insomma, secondo Cappelli col decreto liberalizzazioni non cambierà nulla. I balneari, dice il vicepresidente del Sib, «hanno ben altro a cui pensare»: l’eventuale messa all’asta delle loro concessioni mette infatti in pericolo una realtà consolidata e fondamentale per il turismo italiano. Su questo tema si concentra la seconda parte del suo comunicato, che recita:

«Oggi assicuro che le imprese turistiche balneari hanno ben altro a cui pensare, e questa situazione che molti conoscono pone la categoria in una vera preoccupazione: il suo futuro, ora incerto, modificato da una normativa europea che tende a scippare imprese le quali vantano di essere il fiore all’occhiello del turismo balneare. Squadra che vince non si cambia, specie quando lo Stato ha garantito a loro continuità nel rinnovo della concessione, e questi hanno investito nelle strutture e coinvolto figli per avere continuità nella azienda con ospitalità e professionalità. Dopo la liberalizzazione si teme la spiaggia pigliatutto. E’ pur vero che la spiaggia, specie di sera, ha un fascino incredibile, è la zona più appetibile del nostro territorio, però chiedo: è meglio avere una impresa che si confronta con le istituzioni e le categorie e rispetta le regole, oppure una grande struttura che le regole se non sono a suo favore, le combatte a carte bollate? In questa situazione, altre categorie – albergatori, commercianti bar, ristoranti – dovrebbero unificare le forze in favore di chi è in difficoltà, è una regola che vale per tutti, una multinazionale non può dare in termini di professionalità e di costo della spiaggia una garanzia basilare. Se come si apprende, i ristoratori non sono in grado di garantire investimenti dopo la liberalizzazione del Governo Monti, hanno ragione, ma noi siamo già su quella strada a discapito del nostro turismo e del nostro futuro».

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