di Riccardo Borgo
Poiché l’esito di due petizioni al Parlamento europeo discusse in questo giorni vengono, in modo surreale e paradossale, ritenute corrette e positive da parte dei richiedenti, con il concreto rischio di fraintendimenti e confusioni, è opportuno fare alcune precisazioni.
La petizione del presidente di Federbalneari Italia Renato Papagni, n.03652014 del 04.02.2014, nel sostenere “la compatibilità della legislazione italiana riguardante le concessioni demaniali agli stabilimenti balneari con la ‘direttiva Bolkestein’, auspica l’adozione di procedure per il conferimento di concessioni demaniali marittime caratterizzate da elementi di competitività, che prendano in considerazione il tempo necessario per ammortizzare gli investimenti”. La Commissione europea aveva già risposto e per iscritto a questa petizione in data 29.08.2014 ritenendo, fra l’altro, che “le autorità italiane dovrebbero predisporre, relativamente alle concessioni balneari in Italia, una procedura di selezione tra i candidati potenziali che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e che preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. La durata di ogni nuova concessione deve essere stabilita, caso per caso, dalle autorità italiane competenti, tenendo conto della necessità di garantire l’ammortamento degli investimenti e la remunerazione dei capitali investiti da parte della persona che la ottiene”.
Invece, con la petizione Giovannini n. 15172012 del 6 maggio 2013, si è chiesto “di non applicare la direttiva 2006/123/CE (Bolkestein) alle concessioni marittime statali per gli stabilimenti balneari privati” in quanto “tale direttiva riguarda la liberalizzazione dei servizi, mentre le concessioni marittime statali sono concessioni di risorse o proprietà destinate all’uso pubblico, che sono simili alle concessioni pubbliche per lo sfruttamento di sorgenti di acqua minerale”. Anche in questo caso la Commissione europea aveva già risposto alla stessa in data 28.08.2013 ritenendo che “la direttiva servizi sia pienamente applicabile alle concessioni balneari” in quanto “l’articolo 12 prende in considerazione i ‘beni’ quando fa riferimento alle ‘risorse naturali’…” e che, in questo caso, “il ‘bene’ non è il prodotto finale della concessione, ma uno strumento per la fornitura di un servizio e l’oggetto dell’autorizzazione è il servizio”.
In entrambe le petizioni la Commissione europea ha, quindi, ribadito la sua posizione già espressa innumerevoli volte (v. le risposte della CE alle interrogazioni parlamentari: da quella del 20.09.2010 all’ultima del 31.10.2014) sottolineando, nella discussione orale, che i principi di concorrenza derivano “non solo dalla Direttiva servizi ma soprattutto dal Trattato”.
Si sorvola sui motivi che hanno indotto taluno (e non ci riferiamo al singolo concessionario) a voler, ancora una volta, provocare un intervento europeo sulla compatibilità o meno della “Bolkestein” alle concessioni demaniali e a volerne poi dare, addirittura, una lettura positiva malgrado le risposte scritte e orali della CE siano state quelle sopra riportate. Né si intende evidenziare il modus operandi (che riscontriamo non solo in questa occasione) di chi sembra incline all’ossessiva ricerca di una visibilità mediatica piuttosto che al perseguimento di una non facile soluzione per una problematica la cui gravità non merita le interpretazioni semplicistiche che, a quanto pare, continuano a circolare.
Ciò che ci preme ancora una volta evidenziare che prima di tutto, e come peraltro ripetutamente dichiarato dagli stessi rappresentanti della Commissione europea, occorre trovare una soluzione qui in Italia. Le organizzazioni sindacali, in vista della predisposizione di un ddl di riordino della disciplina delle concessioni demaniali, hanno presentato al Governo la loro piattaforma, hanno avviato il confronto e si apprestano ad approfondirne tutti gli aspetti nei prossimi incontri. Solo in un secondo tempo il confronto si potrà spostare sui tavoli europei per dimostrare che la soluzione adottata dal Parlamento (che noi chiediamo con fermezza sia condivisa e che tuteli davvero le imprese esistenti) è compatibile con i principi europei e non trova ostacolo nell’applicazione della Direttiva Servizi che, ormai dovrebbe essere a tutti noto, non è la causa, o per lo meno non è quella principale, dei nostri problemi. È in quella fase che, a soluzione trovata e condivisa, occorrerà fare "gioco di squadra italiano" dove tutti (governo, parlamentari italiani ed europei, regioni, comuni e imprese) in azione coordinata, senza fughe in avanti ed evitando gli inutili protagonismi, si lavori per dimostrare che la soluzione per ridare futuro alle imprese e al turismo balneare italiano è possibile e a portata di mano.
Da ultimo, e con riferimento alla nuova disciplina, se ne sottolinea l’urgenza considerato che la proroga al 31.12.2020 potrebbe essere messa in discussione da un prossimo pronunciamento della Corte di giustizia dell’Unione Europea presso la quale hanno rimesso l’esame di validità della norma non solo il TAR di Milano con la sentenza n. 240114 del 26.09.2014, ma anche il TAR di Cagliari con l’ordinanza n. 22415 del 28 gennaio u.s..
Per una più completa conoscenza si allegano le due petizioni con la risposta scritta della Commissione europea.
Riccardo Borgo, presidente Sib-Confcommercio
ALLEGATI
- Petizione Papagni / Commissione Petizioni UE 0365/2014
- Petizione Giovannini / Commissione Petizioni UE 1517/2012
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