Oltre 122mila chilometri quadrati, corrispondenti all’estensione di tutta l’Inghilterra, che potranno essere sottoposti ad attività di prospezione e ricerca attraverso indagini sismiche. Il tutto grazie agli 11 recenti decreti per il nulla osta ambientale che riguardano tredici aree marine tra Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia, portando così a 52 le istanze di permesso di ricerca e le istanze di prospezione presentate dalle diverse compagnie petrolifere nei nostri mari. Ricerche che saranno eseguite con la discussa tecnica dell’airgun, il cui fortissimo rumore – ribadiscono sempre più studi scientifici – può provocare danni e alterazioni comportamentali, talvolta letali, in specie marine assai diverse, in particolare per i cetacei, fino a chilometri di distanza.
In tutti i casi finora censiti – raccolti ora in un dossier da Legambiente – gli studi hanno accertato la connessione tra lo spiaggiamento e le ricerche petrolifere attraverso airgun attive nell’area. Senza calcolare i danni economici alle attività di pesca.
La soluzione è unica: costringere il governo a vietare una volta per tutte l’utilizzo di questa tecnica per la ricerca di idrocarburi. Proprio per questo Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente a tutela dei mari e delle coste italiane, ha lanciato questa mattina da Vasto (Chieti), sulle coste del mar Adriatico, una petizione indirizzata al governo e alla maggioranza che lo sostiene (online sul sito Change.org) di dare attuazione agli impegni presi in sede di dibattito parlamentare sulla legge per gli ecoreati e ai diversi ordini del giorno approvati in materia al Senato e alla Camera, a cui fino a oggi non è stato dato seguito.
I volontari di Legambiente questa mattina hanno realizzato un flashmob sulla spiaggia di Punta Penna chiedendo a bagnanti, turisti e cittadini di tapparsi le orecchie in segno di protesta contro questa pericolosa attività di ricerca. Foto che chiunque potrà postare anche nei prossimi giorni sui propri canali social utilizzando l’hashtag #stopoilairgun. Una scelta non casuale, quella di Vasto, anche per ricordare la tragedia del settembre dello scorso anno, quando ben sette esemplari di capodogli si spiaggiarono e tre di questi purtroppo morirono a riva. Seppure la morte di questi cetacei non è stata direttamente correlata all’airgun, Vasto rappresenta un luogo simbolo sulla vulnerabilità e la presenza di cetacei ed è anche uno dei più interessati da attività petrolifere, a partire dalla discussa piattaforma di Ombrina Mare.
«Il tema dell’airgun – dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – è stato al centro dell’attività parlamentare durante l’iter di approvazione della legge n.68/2015 che inserisce i reati ambientali nel codice penale e i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari si sono schierati contro questa tecnica di ricerca nelle attività estrattive. Condividiamo fortemente le preoccupazioni e le ragioni di chi si è schierato contro l’airgun e per questo chiediamo con forza al governo e alla maggioranza che lo sostiene di dare attuazione agli impegni presi a cui fino ad oggi non è stato dato seguito».
La petizione lanciata questa mattina mira a sostenere questa richiesta per costringere il governo a normare una volta per tutte e in modo stringente questa tecnica attraverso tutti gli strumenti a disposizione (a partire dal prossimo recepimento della direttiva off shore) o magari percorrendo altre strade (un disegno di legge ad hoc o una proposta di legge di iniziativa parlamentare che potrebbe partire dai territori più coinvolti dal rischio di nuove trivellazioni). Oggi non esistono misure specifiche sulla problematica dell’airgun a livello europeo e nazionale, ma sono sempre di più gli studi, i rapporti e i regolamenti internazionali che ne descrivono gli impatti e ne chiedono una maggiore regolamentazione e soprattutto una riduzione nella sua applicazione.
«Partendo da questi presupposti – conclude Zampetti – riteniamo fondamentale vietare l’utilizzo dell’airgun per uno scopo, quale quello della ricerca di petrolio o gas in mare, che non porta vantaggi alla collettività in termini economici, di conoscenza scientifica e ambientali, ma che è a favore esclusivamente delle compagnie che detengono i titoli e le concessioni minerarie».
Il dossier completo è disponibile a questo link.
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