Attualità

Proroga fino al 2020 approvata. ‘Ma non risolve i problemi’

Le associazioni di categoria non sono pienamente soddisfatte della proroga al 2020

La conferma definitiva è arrivata solo ieri. Con la conversione in legge del decreto "Sviluppo bis" (numero 179 del 18 ottobre 2012) alla camera dei deputati, è stata approvata anche la proroga di 5 anni delle concessioni demaniali marittime. Una notizia già data per certa, poiché il governo Monti aveva posto la fiducia sul decreto, ma che dal punto di vista legale è diventata effettiva nella mattinata di ieri. Gli attuali titolari degli stabilimenti balneari italiani potranno dunque mantenere la propria impresa fino al 31 dicembre 2020. Un traguardo che non ha soddisfatto pienamente i sindacati e le associazioni di categoria, i cui rappresentanti chiedevano una proroga di 30 anni per avere il tempo di studiare un’adeguata normativa sul demanio di spiaggia. Ma si tratta comunque di un piccolo risultato dal quale far ripartire la battaglia. Riportiamo di seguito i principali commenti sulla notizia. (a. giuz.)

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Riccardo Borgo (presidente Sib), Vincenzo Lardinelli (presidente Fiba), Cristiano Tomei (presidente Cna Balneatori), Fabrizio Licordari (presidente Assobalneari): «La proroga di cinque anni della scadenza delle concessioni demaniali, votata oggi dalla Camera con il cosiddetto decreto "Sviluppo bis", non risolve certamente il problema di fornire certezze alle 30.000 imprese del settore, ma costituisce, piuttosto, una presa d’atto da parte del governo sulla necessità di darsi più tempo per costruire una corretta soluzione alle molteplici questioni delle imprese balneari italiane. Ringraziamo i parlamentari e le varie forze politiche che all’unanimità hanno lavorato e si sono impegnati per il conseguimento di questo obiettivo che, pur non soddisfacendo la categoria, fornisce un contributo positivo che noi stessi non sottovalutiamo anche alla luce delle reazioni mediatiche in molti casi esagerate. Non possiamo che stigmatizzare coloro che si sono strenuamente opposti a qualsiasi proroga con argomentazioni fragili e inconsistenti, in alcuni casi palesemente strumentali, invocando inesistenti pregiudizi all’ambiente o nei confronti dei consumatori, arrivando persino a paventare colossali multe europee assolutamente improbabili. Le eventuali conseguenze negative, del tutto infondate, sono state ampiamente chiarite con dovizia di particolari; intendiamo però ribadire che il rischio di multe europee, oltre che ipotetico, remoto e riguardante astrattamente qualsiasi eventuale procedura di infrazione comunitaria, nel caso concreto è del tutto inesistente e inconsistente perché il commissario europeo al mercato interno Michel Barnier si è dichiarato già disponibile a concedere ‘un congruo periodo transitorio’, mentre quello alla giustizia Viviane Reding, sull’analoga proroga spagnola (non di cinque bensì di 45 anni), ha manifestato il consenso dell’Unione europea. È merito certamente del parlamento, di tutte le forze politiche e anche, da ultimo, dello stesso governo (ricordiamo che il testo finale del provvedimento è contenuto in un maxiemendamento presentato proprio dallo stesso), non aver ceduto alle grossolane e superficiali ricostruzioni mediatiche adottando una mini proroga per evitare una situazione amministrativa confusa e un prevedibile esteso contenzioso giudiziario promosso dalle imprese attualmente operanti in danno dello Stato. Spetterà ora al prossimo parlamento costruire, con il contributo di tutte le istituzioni interessate, una disciplina normativa che assicuri una prospettiva di investimento e di lavoro a centinaia di migliaia di imprenditori e lavoratori continuando, in questo modo, a garantire quei livelli di eccellenza e di competitività del turismo balneare italiano che da secoli sono famosi in tutto il mondo».

Riccardo Santoni (direttore Fiba Emilia-Romagna): «Il voto di oggi della Camera dei deputati è un primo passo nella giusta direzione, ma resta comunque un punto di partenza e non certo di arrivo. Da oggi comincia un percorso che deve portare la categoria dei balneari al giusto riconoscimento dei propri diritti. Questo percorso passa da Roma, dove, con il governo che verrà, dovremo immediatamente aprire un tavolo di lavoro che porti ai risultati attesi dalla categoria ormai da troppo tempo; ma passa anche da Bruxelles. È fondamentale che il governo italiano porti presso le commissioni europee di competenza le sacrosante ragioni degli attuali concessionari demaniali e che apra il confronto in Europa, consapevole che ciò che è stato riconosciuto con parere preliminare alla Spagna, una proroga delle concessioni demaniali fino a 75 anni, non può non essere concesso anche ai balneari italiani. Infine segnalo che il decreto Sviluppo bis contiene un altra disposizione che riguarda la categoria e che porta finalmente chiarezza in una materia, quella del pubblico spettacolo negli stabilimenti balneari, che fino a oggi non ha permesso la gestione serena degli intrattenimenti danzanti in spiaggia. Finalmente è fatta chiarezza su chi deve regolamentare gli orari (saranno le ordinanze dei sindaci che recepiscono gli indirizzi regionali) e viene stabilito che il concetto di capienza in aree demaniali con caratteristiche di locali all’aperto (ad esempio stabilimenti balneari) si applica alla sola area adibita a pubblico spettacolo».

Emiliano Favilla e Fabrizio Maggiorelli (Comitato salvataggio imprese e turismo): «La proroga di 5 anni non è la soluzione finale per noi balneari, non è la fine di un incubo, ma solo una boccata di ossigeno di cui avevamo estrema necessità per continuare a sperare. Da quel 12 febbraio 2011, giorno della riscossa con la prima grande manifestazione che organizzammo proprio qui in Versilia contro la deriva delle aste, ci siamo resi conto che potevamo farcela. Dalla rassegnazione siamo passati all’azione. Oggi resta perfino difficile fare l’elenco di tutte le manifestazioni, le iniziative di ogni genere, i momenti di lotta dura e quelli del confronto a tutti i livelli, a partire dalle istituzioni (Comuni, Province e Regioni) per arrivare a tutte le forze politiche, comprese le associazioni ambientaliste, per cercare di superare tante difficoltà e incomprensioni. L’opera più importante, però, è stata quella di aver sensibilizzato e creato un rapporto con le persone a partire dai nostri stessi clienti per arrivare a buona parte dell’opinione pubblica. Lo abbiamo fatto e dobbiamo continuare a farlo, con grande umiltà, riconoscendo anche i nostri errori. Oggi credo che anche noi siamo cambiati perché abbiamo capito che le nostre ragioni, per evitare la distruzione di migliaia di piccole imprese familiari che rappresenta un baratro per il sistema turistico balneare, devono coincidere con gli interessi economici dei nostri fornitori e di tutte le piccole aziende di costruzione e manutenzione che ruotano intorno al turismo balneare. In un momento di grave crisi economica e occupazionale, dobbiamo anche noi fare la nostra parte. Non sarà facile perché la crisi sta minando anche il nostro settore, ma dobbiamo provarci. Dobbiamo lavorare per offrire ai nostri clienti sempre di più un buon prodotto turistico. Dobbiamo essere per i nostri dipendenti e per tanti lavoratori dell’indotto un punto di riferimento importante per offrire loro un’opportunità di un lavoro dignitoso. È palese che tutto questo lo dobbiamo fare, lo possiamo fare se riusciamo nel contempo a salvare le nostre imprese. In questi 8 anni che ci separano dal termine della proroga dobbiamo lavorare sodo per continuare quell’opera di sensibilizzazione a 360 gradi per arrivare prima possibile, senza aspettare la data del 2020, ad una ragionevole soluzione che riesca, in primo luogo, a salvare e dare continuità alle nostre imprese. Ormai l’hanno capito tutti che il peggior nemico per noi, per tutto l’indotto e per i nostri stessi dipendenti, è la precarietà. Senza speranza e senza ertezza della continuità delle nostre imprese familiari, “la macchina” non si rimette in moto. A questo punto dobbiamo fare una riflessione anche sul Comitato salvataggio imprese e turismo, ormai sorto con rappresentanze regionali in tutta Italia. Da quando ci siamo costituiti in comitati abbiamo sempre detto che non volevano essere strutture alternative ai sindacati e questo crediamo, a meno di eventuali smentite, valga anche oggi. Riteniamo però che la nostra vicenda, con la proroga dei 5 anni, non si sia conclusa. In molti ci dicono che l’organizzazione dei comitati debba restare operativa almeno fintanto che non otterremo giustizia. Se così fosse, dobbiamo riflettere e approfondire meglio su come dare più organicità a questo strumento, riorganizzandolo e strutturandolo in modo che sia sempre di più un comitato nazionale, che non vuole sostituire né il ruolo dei sindacati, né tantomeno quello delle associazioni dei bagni, ma che in stretta collaborazione lavori trasversalmente per dare maggiore forza alle azioni della nostra categoria. Dobbiamo su questo fare una riflessione attenta tutti insieme. Quindi, proprio per questo vi chiediamo un ulteriore sforzo per una seria e attenta riflessione che dovrà essere approfondita nei prossimi giorni e già a partire dalla prossima assemblea generale dei balneari, che si svolgerà a Viareggio il prossimo 14 dicembre 2012, e proprio per questo vi aspettiamo numerosi e con la voglia di lavorare per liberare le nostre spiagge dai numerosi “tronchi e lavarone” che ci impedisce di far continuare il lavoro delle nostre imprese familiari».

Renato Papagni e Mauro Della Valle (presidente e vicepresidente Federbalneari): «Era importante incassare questo risultato della miniproroga prima della fine dell’attuale legislatura. Il decreto Sviluppo bis non è stato utilizzato come favore elettorale. C’è consapevolezza che il turismo, e in particolare il comparto balneare che rappresenta il 30% del settore, necessitino di una riforma nazionale che stimoli la crescita del nostro Paese. Gli 8 anni che ora si prospettano, e che abbiamo ottenuto per merito della prova di forza del Senato contro il Governo, sono un periodo che ci farà ripartire con un grande lavoro, che servirà a rendere le imprese balneari competitive e a vincere le sfide della concorrenza e del libero mercato. Intanto, il Governo dovrà ancora spiegare come, rispettando i principi di concorrenza imposti dalla Commissione europea, le aziende che operano sulle coste italiane riusciranno in soli 5 anni a garantire quegli investimenti richiesti per affrontare il libero mercato internazionale in modo competitivo. Abbiamo comunque 5 anni in più per realizzare una grande riforma del settore: dovremmo lavorare con il prossimo governo, ma è auspicabile che anche le altre rappresentanze di categoria riescano a comprendere che solo insieme si potrà valutare un nuovo progetto, condiviso con la parte politica».

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