di Alex Giuzio
Presidente Papagni, qual è la posizione di Federbalneari in merito alla riforma del demanio marittimo che il governo italiano si trova a dover varare?
La nostra proposta parte da una certezza, quella che tutte le concessioni demaniali esistenti in Italia sono state già rilasciate mediante procedure competitive di selezione, in base al contenuto dell’articolo 18 del Regolamento al Codice della navigazione che è tuttora in vigore. Abbiamo commissionato uno studio agli avvocati Stefano Zunarelli, Danilo Lorenzo ed Ettore Nesi che hanno confermato questa posizione, validata anche da una sentenza del Tar di Lecce che lo scorso aprile ha affermato la possibilità di escludere le attuali concessioni demaniali dalle evidenze pubbliche, poiché sarebbero già coerenti con i principi sanciti dall’Europa. Il problema delle imprese balneari non sta dunque nella direttiva europea Bolkestein, bensì dentro i confini italiani: le nostre concessioni scadranno il 31 dicembre 2015 e il governo non è ancora riuscito a trovare una soluzione normativa che accontenti tutti gli imprenditori balneari e allo stesso tempo sia compatibile con le regole comunitarie.
Per risolvere questo vuoto, a nostro parere occorre varare un programma governativo che garantisca il rinnovo delle concessioni in relazione agli investimenti. Questa è la posizione di Federbalneari da sempre, e oggi ha preso consistenza con la proposta definita del “doppio binario”, lanciata da Federbalenari Italia nel corso del Sun 2013. Tuttavia le decisioni del governo sono ancora incerte in merito, anche se gli imprenditori non possono più aspettare: per questo abbiamo predisposto tutta la documentazione e le procedure per la richiesta, da parte di ogni concessionario, per ottenere una concessione che a nostro parere deve avere una durata congrua stabilita in 20 anni, in linea con la legge 296/2006 e le risultanze della petizione europea presentata da Federbalneari a Bruxelles in Commissione Petizioni il 27 gennaio 2015.
Con il nostro schema noi diventeremmo legittimamente titolari della nostra nuova concessione. Ora vediamo se il governo risponderà a questo stimolo: noi chiediamo un ricalcolo del periodo concessorio, e in caso contrario siamo già pronti a far partire le azioni legali. Perciò siamo sereni in ogni caso.
Come dovrebbero essere assegnati i nuovi titoli concessori?
Il nuovo dispositivo di legge dovrebbe essere suddiviso in due grandi schemi, dividendo gli imprenditori balneari che vogliono fare maggiori investimenti da quelli che fanno piccoli servizi e investimenti ridotti. Questi ultimi potrebbero avere anche un periodo concessorio più breve, ma comunque non inferiore a 10 anni.
A nostro parere devono essere considerati nel quadro degli investimenti le opere di difesa della costa e i programmi di ammodernamento dei litorali, come per esempio le piste ciclabili e quanto si può fare per migliorare l’ambiente in cui operano le imprese balneari, la comunità residente e il sistema ricettivo e di accoglienza. Abbiamo già iniziato da Roma, con un piano da 50 milioni di euro per rilanciare il litorale prevendendo una quota per interventi pubblici con fondi privati, per un importo pari fino a 10 milioni di euro. E al prossimo Sun di Rimini discuteremo ipotesi di progetti e proietteremo visioni sul futuro degli stabilimenti e dei litorali, esponendo idee di più ampia visione, con prospettive consortili per gli impianti balneari che adotteranno strutture leggere, destinate a riqualificare i paesaggi costieri e a trasformare l’offerta balneare. Se si aspetta il 2016, forse sarà già tardi.
E una volta scaduti i vent’anni di concessione, cosa dovrebbe accadere? Le concessioni balneari saranno rimesse all’asta…
Se la legge 296/2006 venisse modificata o perlomeno attualizzata, magari con rinnovo trentennale, l’offerta turistica balneare potrebbe essere tra 30 anni completamente rinnovata. La vacanza italiana al mare ormai ha perso appeal; quest’anno la stagione è andata bene grazie al meteo positivo, ma è dagli anni ’70 che le imprese balneari non hanno più l’attrattività che le ha storicamente caratterizzate. Siamo stati leader in Europa del turismo balneare, ma poi ci siamo fatti superare da Spagna e Grecia. Oggi c’è bisogno di grandi investimenti e di certezza sul futuro, e questo non si può fare senza una legge specifica completamente nuova. Perciò, semplicemente, le concessioni vanno rinnovate a chi investe in nuovi prodotti turistici. Non si può continuare ad andare avanti riproponendo un’offerta rivolta esclusivamente alle famiglie italiane. E tra vent’anni, riqualificate le nostre imprese, nessun altro avrà la convenienza economica ad acquisirle perché dovrà riconoscere il valore dell’azienda che sarà notevolmente alto. Per cui saremo noi a ottenere di nuovo le concessioni.
Ma con questa visione non si rischia di sfavorire le piccole imprese familiari, che sono la prevalenza degli stabilimenti balneari italiani, e che non hanno la forza di fare questi grandi investimenti?
I piccoli imprenditori dovrebbero infatti cominciare a mettersi insieme e unire i loro piccoli investimenti per creare consorzi e prendere anch’essi le concessioni ventennali. Si tratta di un esperimento già praticato con successo sul litorale friulano. Se non si prende questa strada, smettendo di andare ognuno per la sua strada facendosi concorrenza tra vicini anziché formando un sistema, il mercato balneare italiano continuerà a rimanere indietro e non avrà futuro.
Il sottosegretario Gozi ha recentemente affermato che il governo attenderà la pronuncia della Corte di giustizia europea sulla proroga al 2020 prima di varare la nuova riforma. Lei è d’accordo con questa posizione oppure ritiene che si dovrebbe legiferare subito?
Io preferirei non aspettare, anche perché andare avanti significa porre il sistema sempre più in tensione, facendo aumentare le preoccupazioni e il panico. La legge va fatta subito: mettiamo in evidenza i punti qualificanti e poi si resterà in attesa di un risposta dell’Europa. È molto importante presentarsi a Bruxelles fornendo delle reali motivazioni dei princìpi che si vogliono affermare, con un ragionamento chiaro e comprensibile. La tesi generazionale che gli stabilimenti dei nonni devono essere tramandati ai nipoti per garantire un futuro ai figli per un principio di successione, quasi medioevale, non può reggere. Occorrono punti precisi, idee chiare, rispetto delle regole e fermezza politica. Questo è quello che ci vuole per fare una legge adeguata e di equilibrio.
Particolarmente urgente è il problema dei canoni pertinenziali, che sul litorale romano non sono pochi. Come ci si dovrebbe muovere nei loro confronti?
Ormai un numero sempre maggiore di concessionari pertinenziali è allo stremo. In Italia sono circa 250 imprese, di cui rappresento diversi casi: solo sul litorale romano ne sono stati riscontrati circa 20, e io sono uno di loro, perciò posso confermare che questa storia sta diventando esasperante. A tutti è noto il fallimento della legge 147/2014, che avrebbe dovuto risolvere il caso e che invece ha creato nuovi contenziosi. Molti concessionari hanno infatti presentato istanza per i commi 732 e 733 di tale legge e sono ancora in attesa delle risposte; parte dei canoni sono stati pagati ma molti concessionari hanno mutui aperti proprio per pagare i canoni e salvare il titolo. Altri hanno invece già subìto la decadenza. Insomma, serve un intervento subito nella prossima Legge di Stabilità.
Perché Federbalneari continua a rimanere isolata anziché lavorare insieme alle altre associazioni di categoria?
Perché gli altri fanno i sindacalisti, mentre noi siamo rivolti a risolvere veramente le questioni. C’è il Sib dove Borgo detta la linea, fa politica da sempre ed è molto bravo nel suo mestiere, ma come tutti i politici, diversamente dagli imprenditori, fa melina, tratta con le istituzioni, fa finta di chiudere e non si va da nessuna parte. Dice ai media “O tutti o nessuno”, ma mi chiedo: ha più interesse a restare il presidente di tutti o a trovare le soluzioni? A voi la risposta. C’è poi Cna dove Tomei, ormai per un bagliore di notorietà e probabilmente con una spinta politica, ha intrapreso un’altra strada e gli auguro il mio in bocca a lupo. In Fiba Lardinelli è un ottimo imprenditore che ha interessi notevoli fuori dall’Italia, ma nel Belpaese ricorda il tipico “Vorrei ma non posso”. Infine c’è Oasi di Mussoni, un’ottima persona, un combattente che difende da anni i piccoli imprenditori e i piccoli interessi, e forse per questo non è sempre in linea con Borgo. Per il resto c’è il vuoto. Non conta la rappresentanza, ma la rappresentatività. Le idee devono essere virali, forse lo saranno.
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