di Alex Giuzio
«È necessario un parere della Regione Emilia-Romagna contro l’operato del governo Monti sul problema degli stabilimenti balneari: il 20 novembre lo andremo a chiedere sotto la sua sede in viale Aldo Moro a Bologna». Così Riccardo Vincenzi, presidente di Fiba Emilia-Romagna, ha annunciato la manifestazione che i quattro sindacati di categoria Sib, Fiba, Cna Balneatori e Assobalneari hanno promosso per far ripartire l’onda d’urto dei balneari. «Vasco Errani è a capo della regione col turismo balneare più sviluppato – ha proseguito Vincenzi – ma non si è mai pronunciato ufficialmente contro le evidenze pubbliche delle nostre imprese. E Maurizio Melucci, assessore regionale al turismo, addirittura ha sempre ritenuto inevitabili le aste perchè "volute dall’Europa". Ma questo non è vero. Il 20 novembre cercheremo di fargli cambiare idea». I motivi li ha spiegati Riccardo Santoni, direttore di Fiba Emilia-Romagna: «La direttiva Bolkestein non parla di evidenze pubbliche. È il nostro governo a volerle, interpretando a suo modo la normativa europea».
Questo il cuore degli interventi che si sono susseguiti questa mattina all’hotel Dante di Cervia (Ravenna), in occasione dell’assemblea regionale di Fiba-Confesercenti aperta anche ai non associati, dato il momento caldo. Almeno trecento i bagnini presenti, giunti da tutto il litorale romagnolo. Non tutti sono riusciti a entrare nella sala. Presente anche Giancarlo Cappelli, presidente regionale Sib, che insieme agli altri sindacati ha fortemente voluto una manifestazione chiesta a gran voce dai balneari di tutta Italia. Ora la speranza, ha detto Cappelli, «è che il 20 novembre non ci siano quattro gatti, ma che i balneari accorrano da tutta Italia per la prima di una serie di manifestazioni che potremmo organizzare anche in altre regioni. Ma partire dall’Emilia-Romagna è necessario: finora è stato il suo importante parere a mancare per renderci più forti davanti al governo».
Il convegno è stato aperto da Stefano Bollettinari, direttore da Confesercenti Emilia-Romagna: «Di nuovo ci troviamo a discutere sulle aste delle imprese balneari, proposte da una bozza di decreto che non ci soddisfa assolutamente. Le mobilitazioni sono state già numerose, ma non bastano mai. Questa storia sembra infinita, siamo addirittura arrivati a chiedere al parlamento italiano di togliere la delega che permette al governo di legiferare sulle concessioni demaniali, poiché il suo atteggiamento è intollerabile e ha paralizzato un settore che funziona, al contrario di altri paesi europei come la Spagna, la Croazia e il Portogallo che stanno rafforzando le loro imprese balneari per renderle più competitive proprio nei confronti dell’Italia. Il nostro governo è invece a dir poco blando, continua a non volersi recare in Commissione europea per un colloquio, è inerte alle nostre richieste di tutelare la categoria. Un suo intervento non è doveroso ma necessario, e al più presto: è già inaccettabile avere passato gli ultimi tre anni nell’incertezza normativa».
Riccardo Santoni, direttore di Fiba Emilia-Romagna, ha riepilogato la situazione degli ultimi due mesi per aggiornare i balneari: «Le nostre preoccupazioni nei sessanta giorni appena trascorsi sono aumentate notevolmente. Tutto è cominciato quando il Partito democratico, proprio qui a Milano Marittima, ha presentato tramite il suo responsabile nazionale al turismo Armando Cirillo un documento che prendeva in considerazione solo le evidenze pubbliche delle nostre imprese, mentre tutti noi sappiamo che questa non è l’unica strada percorribile nel rispetto delle disposizioni europee. Tanto per citare alcune possibilità più vantaggiose per noi, pensiamo solo al diritto di superficie, alla classificazione come concessionari di beni anziché di servizi, o al valore sottosoglia che permette l’affidamento diretto della concessione e non tramite gara. Invece il Pd, per tutelarci, ha messo solo dei "paletti" inaccettabili per le nostre imprese. Il malessere della categoria è aumentato, ma il 5 ottobre è arrivata la notizia che la Spagna ha preso una decisione da noi sempre richiesta, e cioè la tutela degli attuali concessionari, e non la "tutela degli investimenti" come continua a ripetere ambiguamente il nostro ministro Gnudi. La Spagna, le cui concessioni sarebbero scadute nel 2018 e non nel 2015 come per noi, tutela i titolari degli immobili già esistenti – compresi gli stabilimenti balneari – e ne allunga la concessione di 75 anni. Già in agosto il governo spagnolo aveva sottoposto questa proposta all’Unione europea, ricevendone un parere favorevole. Questo ha dimostrato che le soluzioni per salvare le nostre attività sono possibili, e che il problema non è a Bruxelles ma a Roma. Posizioni analoghe a quella spagnola sono state prese da Portogallo (75 anni) e Croazia (da 5 a 99 anni). Invece il ministro al turismo Piero Gnudi, dopo promesse che duravano ormai un anno, ci ha presentato uno schema di decreto che è addirittura peggiore della proposta del Pd. E quel che è grave è che si tratta appunto di un decreto legislativo, che se approvato non è più emendabile, ma ha valore di legge. Si tratta di una pistola carica che, data in mano a una persona che non sa come sparare, può fare seri danni. Riconosco, tra l’altro, che questo decreto tecnicamente è stato scritto molto bene, da una persona che probabilmente ha competenza in materia e che ha pensato a ogni dettaglio. Il problema è che ha obiettivi diversi dai nostri: assegna nuove concessioni da 6 a 25 anni, ma soprattutto le affida all’offerta "economicamente più vantaggiosa". Anche i paletti sono inaccettabili: come prevede l’articolo 4 lettera L, il requisito della professionalità è riconosciuto al concessionario uscente solo nella prima fase di applicazione del decreto, e può essere valutata "nei limiti del 40% del punteggio". Ciò significa che le Regioni, le quali costruiranno i disciplinari di affidamento, decideranno se e quanto considerare questo requisito. Si tratta di un paletto che non regge affatto. Anche gli indennizzi sono da rigettare: la valutazione degli investimenti è effettuata solo sui residui ancora da ammortizzare, e l’avviamento è calcolato sulla base degli utili degli ultimi tre anni. Insomma, il nostro eventuale risarcimento sarà di poche decine di migliaia di euro»
«Era naturale – ha proseguito Santoni – che gli scudi si sollevassero davanti a una proposta del genere: oltre che ai sindacati, anche l’Anci, l’Upi e qualche regione (purtroppo non tutte) hanno rifiutato la proposta, chiedendo di essere presenti a Bruxelles quando Gnudi si sarebbe incontrato con l’Ue ed esigendo il ritiro della delega al governo, che ha dimostrato di non tutelarci, in materia di concessioni demaniali marittime».
Santoni ha poi concluso il suo intervento parlando dell’erosione della costa: proprio Cervia è stata una delle località più danneggiate dalle mareggiate del 1° novembre, con due stabilimenti balneari andati distrutti (vedi notizia). «Il compianto assessore regionale alla protezione civile Marioluigi Bruschini ci disse, circa un anno fa, che solo per mantenere la spiaggia allo stato attuale tramite i ripascimenti, la Regione dovrebbe spendere dieci milioni di euro all’anno per dieci anni. È allora necessario investire più fondi pubblici per questo grave problema, con cui purtroppo dovremo convivere per sempre».
Riccardo Vincenzi, presidente Fiba Emilia-Romagna, è poi tornato a toccare il tema evidenze pubbliche: «Da quando ci incontrammo a Bologna con l’allora ministro Fitto, nel 2009, chiedemmo un periodo di transizione per legiferare attentamente sulle concessioni. Ma non è arrivato. Le nostre manifestazioni sono state numerose e molto ostacolate – si pensi lo scorso marzo a Roma, quando le autorità ci hanno confinato all’Eur impedendoci di essere visibili – e soprattutto siamo stati presi spesso in giro. Il commissario europeo Michel Barnier ci ha detto più volte che l’interlocutore per questo problema era il governo italiano, il quale invece scaricava le colpe sull’Europa. Ora sappiamo che era Barnier ad avere ragione».
«I fari sul problema dei balneari – ha continuato Vincenzi – si sono accesi soprattutto quando Marcello di Finizio è salito in cima alla cupola di San Pietro. Da quel momento, tutte le forze politiche hanno cominciato a vedere il problema in modo diverso e hanno accelerato. Penso che Gnudi sia stato infastidito da questo atto, così come mi è sembrato scocciato lo scorso 10 ottobre, quando in via della Stamperia era presente un nutrito presidio mentre i sindacati colloquiavano col ministro. Ma la vera voragine si è aperta quando ci è giunta la notizia della Spagna: noi abbiamo gli stessi diritti dei concessionari spagnoli, se non maggiori, poiché rappresentiamo una peculiarità unica al mondo. Invece il governo continua a non volerci tutelare. Ma abbiamo intenzione di tornare a manifestare: proprio ieri abbiamo presentato la richiesta di autorizzazione alla questura di Bologna per organizzare una protesta in viale Aldo Moro, sotto la sede della Regione, in data martedì 20 novembre. E non è detto che non proseguiremo in altre regioni. Ma è necessario partire dall’Emilia-Romagna perché riteniamo che non ci abbia supportato adeguatamente, soprattutto con l’assessore Melucci che ha sempre ritenuto inevitabili le evidenze pubbliche. Ma sembra che anche lui, alla luce della soluzione spagnola, stia cominciando a cambiare idea. Per questo il 20 novembre dovranno esserci i balneari di tutta Italia: dobbiamo dimostrare di essere molto arrabbiati con questa regione. Non ci sarà possibile montare palchi per gli interventi, ma stiamo preparando una bella coreografia per farci vedere dai media. L’importante è essere in tanti».
A questo punto è stata data possibilità al pubblico di intervenire. Il primo è stato Ezio Filipucci, presidente dell’Associazione bar e ristoranti di spiaggia di Riccione (aderente a Fiba-Confesercenti): «Il 1° aprile, quando scadrà la delega dell’attuale governo per legiferare sulle concessioni demaniali marittime, è pericolosamente vicino. Mi auguro che il 20 novembre sia presente una grande onda d’urto dei balneari. È il caso di dirlo: per fortuna che è arrivata la soluzione spagnola, altrimenti noi saremmo ancora fermi ad arrabattarci con lo schema del decreto Gnudi, probabilmente senza chiedere gli stessi diritti dei concessionari spagnoli. Ora, invece, possiamo rivendicare questa strada davanti all’Europa, anche con altri interlocutori oltre a Barnier, che trovo inadeguato: è stato lui a proporre per primo le evidenze pubbliche delle spiagge italiane, tramite la messa in mora del nostro paese che non aveva ancora recepito la direttiva. Presentiamoci in Europa come ha fatto la Spagna: come imprenditori che vogliono far crescere l’economia. La nostra storia è gloriosa, ma non parliamo solo di quella. Esiste anche il futuro».
Una contestazione di Filipucci è arrivata sulla richiesta avanzata ieri dai sindacati di ottenere un prolungamento di 30 anni delle concessioni (vedi notizia): «Perché ne avete chiesti 30, se la Spagna ne ha ottenuti 75? Siamo in una trattativa, e se chiediamo 30 anni rischiamo di averne solo 10 o 15. Bisognava chiederne 80 o 99, per essere più sicuri di averne almeno 30». Altra osservazione ha riguardato l’opinione pubblica: «Il Movimento 5 Stelle ha ottenuto importanti consensi grazie all’uso di internet. Anche noi dovremmo sfruttarlo di più, soprattutto per far capire ai giornalisti e all’opinione pubblica che non è la direttiva Bolkestein che vuole le evidenze pubbliche. Anche il governo si è rifugiato più volte dietro a questa scusa, che non è una presa in giro come ha detto Vincenzi, bensì una truffa alla quale occorre rispondere con manifestazioni forti e azioni legali».
Luca Rosetti, balneare di Punta Marina di Ravenna, ha condiviso le osservazioni di Filipucci: «È vero, dobbiamo combattere anche contro un’opinione pubblica che ci ritiene evasori fiscali e privilegiati. Dobbiamo rispondere efficacemente a queste false accuse, tirando fuori gli attributi. Dobbiamo far capire ai cittadini che le aste non permetteranno loro di gestire uno stabilimento balneare».
A tali osservazioni ha per primo risposto Riccardo Santoni: «Riconosco che, all’inizio del problema, la categoria lo ha sottovalutato. Ma ora stiamo reagendo con forza, anche se non è facile fare i generali senza esercito: è sempre molto faticoso riempire i pullman per portare i balneari alle manifestazioni, invece abbiamo bisogno della presenza di tutti. Mi auguro che lo capirete, a partire dal 20 novembre a Bologna. Riguardo al tema dell’opinione pubblica, mi sorge un quesito: dobbiamo lavorare come lobby per tutelare i nostri interessi, oppure stare dietro a internet per cambiare l’opinione pubblica? I commenti di odio contro di noi sul web li potete leggere tutti. Potremmo anche rispondere uno a uno, ma ci vuole molto tempo e questo secondo me rischia di distrarci dall’obiettivo principale, che è curare i rapporti con la politica per salvare le nostre imprese. Sull’osservazione di Filipucci riguardo alla richiesta di 30 anni, invece, rispondo che li abbiamo chiesti come un periodo di transizione, ma con l’obiettivo principale che nel frattempo si giunga a una legge più avanzata che risolva in maniera definitiva il problema. Intanto, però, ottenere 30 anni ci permetterebbe di respirare».
Le conclusioni sono toccate a Vincenzo Lardinelli, presidente nazionale Fiba-Confesercenti: «Ricordo che in Versilia abbiamo sempre preso la Romagna come un modello per diventare migliori. Qui esiste l’unico vero sistema industriale del turismo. Ma, dall’altra parte, qui ho notato un pericoloso atteggiamento di gerontocrazia da parte di un’associazione riminese arroccatasi su posizioni filogovernative. All’inizio i romagnoli pensavano che il problema si sarebbe risolto anche senza una loro partecipazione diretta. Ora invece li vedo molto preoccupati, forse anche troppo, tanto che qualcuno non si è limitato a criticare il sindacato, bensì a cercare di delegittimarlo dall’interno. Si tratta di un atteggiamento tenuto da molti associati in tutta Italia, che non accetto: le rappresentanze nazionali sono le uniche in grado di portare avanti un colloquio con le forze politiche italiane ed europee».
«Ho notato che ultimamente non si parla d’altro che di evitare le evidenze pubbliche. Ma nel frattempo le tasse si sono alzate, il turismo in generale è in forte crisi, il governo non fa nulla per svilupparlo, e tutto questo avviene senza una nostra attenzione. Rischiamo, insomma, di trovarci a difendere aziende che non rendono più. La nostra è l’unica eccellenza italiana nel settore turistico, e va tutelata in tutti i fronti».
«Ciò che ha fatto la Spagna è esattamente ciò che la Fiba rivendica da sempre: interpretare le norme europee a nostro favore. Sappiamo che non risolveremo questo problema impedendo che tutto resti immutato, ma l’importante è tutelare un lavoro nostro, di imprenditori che vogliono farlo e hanno le capacità per farlo. Abbiamo davanti forse il peggiore governo che poteva capitarci, poiché non è stato eletto e non sarà da rieleggere, e che dunque non ci sta tutelando. La Spagna, invece, avendo delle spiagge con costruzioni enormi che costituiscono una fetta importante delle sue risorse, e avendo un’economia in forte crisi che probabilmente richiederà l’aiuto dell’Europa, ha giustificato la sua nuova legge delle coste affermando di non potersi permettere di perdere centinaia di milioni di euro di costruzioni. È esattamente ciò che anche noi dobbiamo fare, poiché deteniamo attività di enorme valore. Loro della Bolkestein non si sono nemmeno preoccupati; hanno semplicemente spostato la linea del demanio, salvando gli edifici esistenti. Noi dobbiamo cominciare a essere un interlocutore credibile, e già con l’unità sindacale abbiamo raggiunto importanti risultati».
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