Il cosiddetto incameramento delle opere inamovibili, di cui all’articolo 49 del Codice della Navigazione, per lungo tempo è stato considerato un aspetto di second’ordine della vita delle concessioni demaniali marittime, sino all’entrata in vigore della legge 296/2006. In effetti, con la modifica dei criteri di calcolo del canone demaniale per le concessioni con finalità turistico-ricreative, quel disposto normativo ha assunto pregnante interesse discernente dall’introduzione, tra i criteri di calcolo del canone demaniale, dell’indice O.M.I. (Osservatorio mercato immobiliare).
La legge Finanziaria per l’anno 2007 ha sostanzialmente stabilito che, per le pertinenze demaniali marittime (cd. opere incamerate, ex art. 49 C.N.), il calcolo del canone non avverrà secondo i parametri previsti per le opere di difficile rimozione bensì mediante l’applicazione dei valori O.M.I., di gran lunga maggiori. Orbene, particolare pregio riveste la fattispecie dell’incameramento delle opere non amovibili allorquando le stesse, realizzate all’interno di aree assentite in concessione, alla scadenza del titolo non siano state formalmente incamerate tra le pertinenze demaniali mediante la redazione del verbale di incameramento.
Prima di entrare nel merito della questione, va specificato che l’articolo 49, comma 1, del C.N. prevede che, quando venga a cessare la concessione, le opere definibili come “non amovibili”, realizzate su area demaniale, restino acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso per il concessionario, salvo che non sia stato diversamente stabilito nell’atto di concessione. Potrebbe prevedersi, per esempio, che in caso di opere inservibili nel pubblico interesse oppure in cattivo stato di manutenzione, non siano incamerabili e, quindi, che debbano essere rimosse, a cura e spese del concessionario e che, in caso di inadempienza da parte di questi, provvederà la P.A., rivalendosi in toto, per le spese, sul deposito cauzionale (o, più probabilmente, polizza fidejussoria ex art. 17 Reg. Es. C.N.) che, di regola, ogni concessionario è tenuto a corrispondere, a garanzia dell’adempimento di tutti gli obblighi scaturenti dalla concessione. Lo stesso articolo fa ad ogni modo salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinare la demolizione di dette opere, con conseguente restituzione del bene demaniale nel pristino stato.
L’Agenzia del demanio, con circolare n. 2012/26857 del 2 ottobre 2012 avente ad oggetto “Procedimento di acquisizione allo Stato delle opere inamovibili realizzate su zona demaniale marittima ex art. 49 cod. nav.”, diramata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell’economia e delle finanze, richiamando il disposto dell’art. 49 C.N., ha voluto ricordare che “alla scadenza della concessione demaniale marittima si verifica la devoluzione, a favore dello Stato, ipso iure, ovvero con effetto legale automatico, delle opere non amovibili edificate sul demanio marittimo, anche se la concessione è stata rinnovata, ed in difetto di un atto esplicito di acquisizione o incameramento. L’automaticità della devoluzione allo Stato, al momento dello spirare della concessione, fa sì che l’atto di incameramento delle opere non amovibili assuma carattere puramente ricognitivo di un effetto prodottosi ope legis. La procedura formale di incameramento assume rilevanza in quanto consente l’inserimento del valore dei beni devoluti nel conto patrimoniale dello Stato”. Sempre in detta circolare, nell’illustrare la procedura di incameramento, si evidenzia che “il conferimento agli enti locali delle funzioni amministrative sul demanio marittimo, ha reso i medesimi titolari delle informazioni circa il verificarsi delle condizioni (scadenza della concessione e natura delle opere) che consentono l’avvio del procedimento di incameramento, ai sensi dell’art. 49 cod. nav.. Pertanto, non può che essere l’ente gestore a comunicare, con congruo anticipo (3-6 mesi), alla competente Capitaneria di porto ed alla filiale della Agenzia del demanio, la scadenza delle concessioni che prevedono l’incameramento allo Stato delle opere edificate sul demanio marittimo”.
Orbene, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 626 del 1° febbraio 2013, ha evidenziato che la disposizione contenuta nell’articolo 49 del C.N. “è stata più volte interpretata nel senso che l’accessione si verifica “ipso iure” al termine del periodo di concessione e, secondo parte della giurisprudenza (Cass. civ, sez. III, 24 marzo 2004, n. 5842 e sez. I, 5 maggio 1998, n. 4504), va applicata anche in caso di rinnovo della concessione stessa, implicando il rinnovo –a differenza della proroga– una nuova concessione in senso proprio, dopo l’estinzione della concessione precedente alla relativa scadenza, con automatica produzione degli effetti di cui al predetto art. 49, cod. nav.”. Con la stessa sentenza – questo sembra essere il vero dato innovativo del provvedimento – si evidenzia che “il principio dell’accessione gratuita –fortemente penalizzante per il diritto dei superficiari e per gli investimenti, che potrebbero contribuire alla valorizzazione del demanio marittimo– dovrebbe ritenersi disposizione eccezionale”.
La sentenza n. 626/2013 del Consiglio di Stato è di stretta interpretazione, con riferimento all’effettiva cessazione – e non alla mera scadenza – del rapporto concessorio, per la comprensibile esigenza di assicurare, in tal caso, che le opere “non amovibili”, destinate a restare sul territorio o ad essere rimosse, con inevitabile distruzione, tornino nella piena disponibilità dell’ente proprietario del suolo, a fini della corretta gestione di quest’ultimo (quando non più in uso del concessionario per finalità di interesse pubblico). Detta esigenza non può evidentemente ravviarsi quando il titolo concessorio preveda forme di rinnovo automatico o preordinato in antecedenza, rispetto alla data di naturale scadenza della concessione, tanto da configurare il rinnovo stesso – al di là del “nomen iuris” – come una vera e propria proroga, protraendosi il medesimo rapporto senza soluzione di continuità (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. VI, 26 maggio 2010, n. 3348).
Dalla sentenza del Consiglio di Stato discende dunque il seguente principio applicativo dell’articolo 49 C.N: in presenza di rinnovi del titolo concessorio, operati ex lege, prima della data di scadenza prevista nell’atto di concessione, la concessione stessa non può ritenersi “cessata”. In pratica, per tutte le concessioni in atto rilasciate agli stabilimenti balneari che, com’è noto, sono state prorogate ex lege al 31.12.2020, l’operatività dell’articolo 49 C.N., ovvero la facoltà, da parte delle amministrazioni concedenti dello Stato, di incamerare le opere “non amovibili” o di “difficile sgombero o rimozione”, potrà essere esercitata “soltanto dopo la effettiva cessazione del rapporto”, quindi, dopo il 31.12.2020, e a condizione che non intervengano, nel frattempo, proroghe del rapporto concessorio, ex lege, per finalità di interesse pubblico ravvisabile nella salvaguardia del tessuto imprenditoriale fatto di piccole e medie imprese che, da secoli, operano nel settore del turismo.
Sul punto, da ultimo si richiama la decisione del Tar Marche, secondo la quale non è alla scadenza del titolo concessorio ma alla cessazione del rapporto che opera e trova applicazione l’art. 49 del C.N. in merito alla devoluzione allo Stato delle opere inamovibili (Tar Marche, Sez. I, 8 novembre 2017, n. 842).
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