(ore 15.21) – Si è dimesso pochi minuti fa il ministro agli affari regionali Enrico Costa, referente del disegno di legge sulla riforma delle concessioni balneari che porta il suo nome. Ora è molto probabile che il ddl, già a rischio a causa dei tempi stretti per l’approvazione, subisca un ulteriore rallentamento che lo potrebbe portare alla definitiva archiviazione, venendo meno il ruolo di intermediario svolto dall’ormai ex ministro. A meno che altre figure politiche già competenti in materia non si facciano carico della questione.
I motivi delle dimissioni
Costa, da un paio di giorni, aveva manifestato la volontà di un riavvicinamento a Silvio Berlusconi per un progetto di un centrodestra allargato, ma il suo partito Ap-Ncd non lo aveva seguito, preferendo la costruzione di una proposta politica alternativa. A causa di questa diversità di visioni che ha portato a un acceso dibattito interno al partito di Alfano, Costa ha dunque rassegnato le sue dimissioni da ministro.
La lettera
«Caro Presidente – scrive Costa al premier Gentiloni nella sua lettera di dimissioni, diramata pochi minuti fa – ho manifestato nei giorni scorsi la convinzione che sia il momento di lavorare a un programma politico di ampio respiro che riunisca quelle forze liberali che per decenni hanno incarnato aspirazioni, ideali, valori, interessi di milioni di italiani che hanno sempre respinto soluzioni estremistiche e demagogiche. Sono opinioni politiche del tutto naturali, per chi ha una storia politica come la mia. In questi mesi ho anche espresso il dissenso su alcuni provvedimenti (ius soli, processo penale), motivando dettagliatamente le mie posizioni. C’è chi ha ritenuto queste opinioni fonte di pregiudizio per il governo, ma anche chi le ha apprezzate perché hanno portato una interessante dialettica. Tu, caro Presidente, hai sempre rispettato le mie idee. Non mi hai mai imposto il paraocchi e non mi hai chiesto di rinunciare alle mie convinzioni. Lo apprezzo moltissimo. Ma non posso far finta di non vedere la schiera di coloro che scorgono un conflitto tra il mio ruolo e il mio pensiero. E siccome non voglio creare problemi al governo, rinuncio al ruolo e mi tengo il pensiero. Ho avuto un’occasione unica ed ho fatto un’esperienza bellissima, sempre con il massimo impegno. Ora faccio un passo indietro, perché le convinzioni vengono prima delle posizioni. A chi mi consiglia di mantenere comodamente il ruolo di governo, dando un colpo al cerchio e uno alla botte, rispondo che non voglio equivoci, né ambiguità. Allungherò la lista, peraltro cortissima, di ministri che si sono dimessi spontaneamente. Rassegno, pertanto, con la presente le mie dimissioni dall’incarico di ministro per gli Affari regionali. Un caro saluto e un augurio di buon lavoro a te e a tutti i membri del governo».
Le reazioni
Molto breve il commento di Angelino Alfano, leader di Ap-Ncd, diffuso dall’Ansa: «Credevo lo facesse già un paio di giorni fa. Lo diciamo da tempo: noi vogliamo costruire un’area autonoma, una forza indipendente da destra e da sinistra», afferma Alfano, definendo le dimissioni di Costa «inevitabili e tardive».
Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, ringraziando Costa per il contributo dato all’esecutivo il presidente del consiglio, ha assunto l’interim della delega agli affari regionali. Lo afferma l’Ansa citando fonti di Palazzo Chigi.
Le conseguenze sulle concessioni balneari
Lo scorso 27 gennaio, il ministro agli affari regionali Enrico Costa aveva fatto approvare in consiglio dei ministri un disegno di legge-delega sul riordino delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo. Il ddl, frutto di un lavoro di intermediazione dello stesso Costa tra i vari ministeri competenti in materia, prevede l’istituzione di un periodo transitorio e poi delle evidenze pubbliche sulle concessioni balneari nella volontà di adeguarsi alla direttiva europea Bolkestein sulla liberalizazione dei servizi. La proposta ha spaccato le sette sigle sindacali che rappresentano il settore balneare, tra chi ha voluto contribuire al miglioramento del testo per mettere fine a una problematica questione e chi invece ha rigettato completamente i contenuti, chiedendone lo stralcio. Ma l’iter del ddl è andato avanti e attualmente si trova in fase di approvazione alla Camera, prima di passare al Senato. Relatori sono i deputati Tiziano Arlotti (Pd) e Sergio Pizzolante (Ap-Ncd), quest’ultimo in forte disaccordo con i motivi che hanno portato all’allontanamento di Costa.
Senza il suo principale referente, è altamente probabile che il disegno di legge subirà un grave rallentamento, essendo un’iniziativa del governo e in particolare proprio dell’ex ministro Costa. Se già le tempistiche strette erano un motivo per dubitare sull’effettiva approvazione del testo (la legge-delega per sua natura è strettamente legata al governo in carica, e l’attuale legislatura scadrà naturalmente il prossimo febbraio), le dimissioni del ministro che ha svolto un ruolo di intermediario fra le associazioni di categoria e i diversi ministeri competenti in materia di concessioni balneari fanno legittimamente pensare che l’approvazione della riforma possa essere gravemente compromessa.
L’incognita sul futuro
L’eventuale stralcio dell’attuale ddl sulle concessioni balneari rappresenta un grande punto di domanda. Il settore balneare combatte infatti da almeno dieci anni contro un’instabilità politica che continua a impedire l’approvazione di una legge che risolva il vuoto normativo creatosi dopo l’abrogazione del rinnovo automatico delle concessioni balneari, voluto dall’ultimo governo Berlusconi per iniziare ad adeguarsi alla Bolkestein.
Da allora si sono alternati, in sette anni, ben sei governi – e ognuno di questi ha avuto, per gli imprenditori balneari, diversi interlocutori con diverse opinioni sulla questione delle spiagge. Sempre ricominciando da capo, con gli stessi complessi temi da far capire a nuovi ministri e sottosegretari, e sempre combattendo con i tempi stretti e con un’incertezza normativa che ha paralizzato gli investimenti di un settore che funziona.
Ma la situazione è particolarmente problematica oggi, un anno dopo che la sentenza della Corte di giustizia europea il 14 luglio 2016 ha dichiarato l’illegittimità del regime di proroghe con cui si è regolamentato il settore dopo l’abrogazione del rinnovo automatico. L’attuale scadenza delle concessioni al 31 dicembre 2020, oltre che essere molto vicina, è insomma ritenuta invalida dai tribunali, seppure sia in vigore un articolo al decreto Enti locali del 2016 che rende valide le concessioni in essere fino all’approvazione di una nuova legge. Ma senza un testo più organico che istituisca un regime di certezza e che sia compatibile con le disposizioni europee, il futuro degli stabilimenti balneari è più buio che mai, e i tribunali potrebbero continuare a fare il bello e il cattivo tempo al posto del legislatore.
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