Attualità

Il governo conferma le aste delle imprese balneari

Il viceministro all'economia Morando illustra l'imminente riforma delle concessioni demaniali rispondendo a un'interpellanza di Bergamini, continuando a non dichiarare la durata del 'più lungo periodo transitorio' necessario per le attuali imprese.

di Alex Giuzio

Sulla proroga delle concessioni balneari «si è sviluppato un contenzioso di difficile soluzione tra le diverse parti», ma per le spiagge già occupate da imprese «una più lunga fase di transizione appare ragionevole». Lo ha dichiarato il viceministro dell’economia Enrico Morando (nella foto), secondo il quale «bisogna trovare le forme di applicazione della direttiva Bolkestein che siano compatibili con la nostra tradizione, con le nostre esigenze e con le nostre esperienze. Non possiamo, al di là di ciò che personalmente si ritenga, contestare una direttiva che, una volta emanata, come è stata emanata, per noi deve essere applicata».

Morando ha presentato ieri i contenuti della riforma delle concessioni demaniali marittime, rispondendo a un’interpellanza della deputata Deborah Bergamini (Forza Italia) che ha preso spunto dalla recente sentenza del Tar Toscana (vedi notizia) per ricordare al viceministro che le imprese balneari sono di proprietà dei concessionari, e dunque non possono andare all’asta.

Tuttavia il viceministro Morando ha fatto orecchie da mercante, ritenendo la sentenza del Tar Toscana «molto laterale e incidentale», annunciando che «l’Agenzia del demanio sta valutando, attraverso una consultazione con l’Avvocatura dello Stato, se stare in giudizio per la parte», e confermando che l’intenzione del governo è di mandare a evidenza pubblica le concessioni balneari: dal 1° gennaio 2016 per le aree libere, dopo un «più lungo periodo di transizione» per le attuali imprese, come ha già confermato il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta la scorsa settimana (leggi notizia). Ma continuando a non esprimersi sulla durata della proroga, rimandando la questione al prossimo appuntamento del tavolo tecnico di confronto che «potremmo tornare a convocare in sede di esame di una bozza definitiva». Lasciando dunque i 30 mila imprenditori balneari italiani ancora col fiato sospeso, ignari dell’immediato destino che riguarda il loro lavoro e la loro vita.

Riportiamo, qui di seguito, il video e la trascrizione integrale dell’interpellanza di Bergamini e della risposta di Morando.

 

 

DEBORAH BERGAMINI

Sono anni, ormai, che i balneari italiani si trovano in una situazione di estrema precarietà e di grande incertezza normativa, che diventa ovviamente anche incertezza lavorativa, dunque personale e, dunque, familiare. Vorrei condividere anche con il Viceministro qualche numero, che sono sicura lui già conosca. Stiamo parlando di un settore che è, appunto, quello del turismo balneare italiano, che rappresenta con il suo indotto circa il 7 per cento del nostro prodotto interno lordo, un settore che conta 87 mila imprese, quasi mezzo milione di persone occupate, consumi per 24 miliardi di euro e un valore aggiunto contato per 14 miliardi di euro. È un settore che, allo stato delle cose, paga allo Stato circa 120 milioni di euro di canone concessorio e fornisce una serie di servizi di carattere pubblico, che lo impegnano ad una spesa che vale per il 2014 stimata intorno a quasi 200 milioni di euro, per il salvamento e tutte le attività connesse al salvamento, e di 450 milioni di euro per la manutenzione dell’arenile. È un settore che, secondo dati internazionali e nazionali, nell’ormai lontano 2011, fatturava 45 miliardi di euro, sui 138 dell’intero comparto turistico del PIL nazionale.

Voglio aggiungere anche un altro dato che ci dà la misura di quale forza economica noi stiamo parlando. Il turismo balneare italiano vale l’80 per cento di quello europeo, tuttavia rimane vittima – stiamo parlando di una vicenda che ormai si trascina da anni – di una normativa europea, che viene riassunta con il nome di direttiva Bolkestein, che non tiene conto delle peculiarità, delle particolarità, della specificità di questo settore per quello che riguarda il nostro Paese e non tiene conto, anzi ignora la sua tradizione, la sua storia e le sue caratteristiche.

Non è soltanto questo, però, il problema. Ce n’è un altro, ovvero che questo settore è stato vittima del disinteresse degli ultimi Governi, in particolare mi riferisco all’attuale Governo, che – lei lo sa, signor Viceministro – non ha dato seguito alle previsioni di legge che lo impegnavano ad operare un riordino di tutta la materia relativa all’affidamento delle concessioni demaniali. C’era una scadenza, che era quella del 15 ottobre 2014 e sono passati già diversi mesi.

Oggi il quadro normativo relativo alle concessioni demaniali marittime è di non chiara applicazione sia per quanto riguarda l’ambito di operatività sia rispetto al riparto di competenze fra lo Stato e le regioni, nonostante, grazie a un emendamento di Forza Italia, il decreto-legge n. 179 del 2012 abbia disposto la proroga fino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere al 30 dicembre 2009 e in scadenza entro il 31 dicembre 2015. Sappiamo tutti – ed è diventato dibattito ormai nazionale – che la materia ha bisogno, in maniera ormai improcrastinabile, di un intervento più ampio, un intervento di sistema, in modo da poter risolvere anche il contenzioso con la Commissione europea su questo tema.

In questo quadro avevamo molto apprezzato l’iniziativa del suo Ministero di dare vita a un tavolo tecnico con le associazioni balneari per poter trovare una soluzione, o quantomeno cominciare a discutere sul necessario riordino della disciplina relativa all’affidamento di queste concessioni. Pensiamo, infatti, che sia necessario operare secondo un approccio che non sia di parte – ovviamente ci siamo messi anche a disposizione per collaborare –, ma secondo un approccio pragmatico e finalmente – lo auspichiamo – risolutivo. Proprio per questo siamo dispiaciuti che questo tavolo non sia più stato convocato, perdendo, tra l’altro, l’occasione di sfruttare il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea per trovare una soluzione a una questione, quella dell’applicazione proprio della direttiva Bolkestein in Italia, che sta andando avanti ormai da troppi anni.

Lo abbiamo già detto e lo ribadiamo: non è soltanto una questione relativa al problema dell’applicazione della Bolkestein, c’è dell’altro. La legge finanziaria del 2007 ha modificato, infatti, il calcolo del canone per le concessioni demaniali marittime, stabilendo che, nel caso delle cosiddette pertinenze, cioè di quei beni di difficile rimozione, regolarmente realizzati dai concessionari sul demanio marittimo, ma incamerati dallo Stato, il canone annuo da versare all’erario dovesse essere fissato sulla base dei valori calcolati dall’OMI, l’Osservatorio immobiliare italiano. Questa riprevisione ha determinato un incremento dei canoni che varia tra il 300 per cento e il 1500 per cento e ha generato, dunque, importi spesso insostenibili per le imprese, soprattutto – lo voglio sottolineare – in tempi e in anni di perdurante crisi economica. Le imprese in molti casi non sono riuscite a pagare, si sono dovute vedere espropriare le proprie aziende da Equitalia o hanno dovuto subire la sospensione, la revoca o la decadenza delle concessioni, derivanti appunto dal mancato pagamento del canone: un cane che si morde la coda. Lei sa, perché anche pochi giorni fa i balneari hanno attirato ancora una volta l’attenzione dell’Esecutivo, che ci sono 250 imprese balneari a rischio a causa di questa norma, che più di un tribunale in Italia ha ritenuto sbagliata oppure mal applicata.

L’ultimo è stato il TAR della mia regione, la Toscana, che, con sentenza del 27 febbraio 2015, n. 328, frutto di un ricorso presentato nel 2010 da parte di un concessionario contro il comune dell’Isola del Giglio, ha stabilito che il concessionario ha il diritto di superficie sugli immobili da lui realizzati sul demanio. Questo significa che i locali edificati dai concessionari sono di loro proprietà – questo almeno a leggere la sentenza – e non di proprietà demaniale e, dunque, che lo Stato sta chiedendo a questi imprenditori di pagare canoni non dovuti, calcolati computando anche i beni che si trovano sulla superficie in concessione come se fossero dello Stato, allorché sono invece di proprietà del concessionario. Come ha stabilito il TAR della Toscana, quindi, nel calcolo del canone demaniale marittimo, l’autorità concedente non deve tener conto dei beni che sono oggetto del diritto superficiario di cui è titolare il concessionario.

Non è questa la prima sentenza che dà e sostiene le ragioni dei balneari. Infatti, ci sono stati dei precedenti: le sentenze del Consiglio di Stato n. 626 e n. 3196 del 2013 e anche della Cassazione, la n. 9935 del 2008, in cui è stato ribadito che fino a quando non viene formalmente incamerato, attraverso la specifica procedura previste dalla legge, il bene è e rimane di proprietà del concessionario, che lo ha legittimamente costruito, su cui ha investito dunque, e, di conseguenza, i canoni da applicare devono essere tabellari e non quelli stimati e rilevate dall’OMI; inoltre, che il Codice della navigazione dispone l’incameramento dei beni nel momento in cui viene a cessare la concessione, per cui, visto che le concessioni sono state rinnovate automaticamente e, quindi, sono tuttora perfettamente vigenti, ogni procedura adottata in questo senso appare illegittima.

Signor Viceministro, non più tardi di due giorni fa avete promesso ai balneari italiani un nuovo tavolo tecnico per risolvere la questione urgente delle concessioni dei balneari pertinenziali. Appoggiamo, ovviamente, questa vostra intenzione, ne siamo felici e saremo qua come sempre a collaborare laddove necessario per fare in modo che tutto questo abbia un seguito dato che i precedenti che abbiamo visto non sempre hanno fatto ben sperare. L’invito, però, è quello di non continuare a procedere un po’ a macchia di leopardo, con deroghe, eccezioni, magari ripensamenti. La riforma dell’assetto normativo del settore delle concessioni demaniali marittime non è più prorogabile. Il suo Governo l’ha più volte annunciata e in questo senso ha un preciso impegno che è previsto dalla legge. Stiamo parlando di un comparto di grandissima eccellenza e specificità del nostro turismo, che ha subito, come dicevo poco fa, i contraccolpi della crisi, che aspetta delle risposte che, purtroppo, non sono arrivate. Il rilancio di tutto il nostro assetto economico passa necessariamente e prioritariamente proprio dal settore turistico e dalla tutela, nella fattispecie, di tutte queste imprese balneari che oggi rischiano di essere davvero messe definitivamente in crisi, insieme a tutto il grande indotto che generano, dalle interpretazioni date alle norme e ai principi del Trattato europeo, da ultimo proprio con la direttiva Bolkestein.

Per questo, le chiedo quale sia la posizione del suo Governo in merito alla grave situazione in cui tuttora si trovano i concessionari balneari pertinenziali, ma anche quale sia lo stato di avanzamento del progetto di revisione e riordino generale della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, e se non ritenga, in attesa del riordino della materia, che auspichiamo verrà fatto di concerto, ovviamente, con le organizzazioni di categoria interessate, di sospendere la riscossione dei canoni pertinenziali e la revoca della concessione ai balneari pertinenziali incapaci di far fronte al pagamento dei canoni illegittimamente, come abbiamo visto e documentato, calcolati proprio sui valori OMI.

ENRICO MORANDO

Signora Presidente, nella prima parte di questa risposta, che ho nel testo scritto, si affronta il tema della specifica sentenza da cui gli interpellanti prendono spunto per porre il problema, che ha rilievo politico, di ciò che il Governo intenda fare per chiudere questa infinita transizione rispetto al tema della regolazione dell’attività di cui stiamo parlando e delle relative concessioni. A proposito della specifica vicenda della sentenza del TAR Toscana circa il contenzioso tra concessionario e il comune di Isola del Giglio, debbo solo dire una cosa rilevante, in quanto resto è la descrizione del contenzioso e, quindi, non mi sembra di particolare interesse, e, cioè, che l’Agenzia del demanio sta valutando, attraverso una consultazione con l’Avvocatura dello Stato, se stare in giudizio per la parte, molto laterale ed incidentale, per cui è coinvolta in quello stesso giudizio, cioè per un parere dato al comune di Isola del Giglio che, nel corso del confronto con il concessionario, ad un certo punto ha chiesto un parere all’Agenzia del demanio medesima che ha avuto rilievo nella vicenda processuale. Quindi, per quello che riguarda lo specifico e fermo restando che il tema dei canoni pertinenziali rientra, invece, nella valutazione circa il riordino generale di cui dirò subito, per la specifica vicenda, questa valutazione è ancora in corso.

Resta il fatto che ciò che si deciderà su questa specifica vicenda non ha moltissimo rilievo rispetto, invece, al tema più generale su cui voglio concentrare la mia risposta da adesso in poi. Il tema, come è stato già ricordato in termini che faccio miei da parte dell’interpellante, è quello del riordino delle concessioni demaniali marittime. Abbiamo accumulato un ritardo, come è stato sottolineato, ma stiamo cercando di recuperare questo ritardo nella definizione di uno schema di disegno di legge – perché di questo si deve trattare – di riordino generale del demanio marittimo che, naturalmente, sia anche il frutto del confronto lunghissimo che si è sviluppato nel Paese nel corso di questi anni, anche in riferimento alla cosiddetta direttiva Bolkestein. Questo confronto ha avuto una sede, quella del tavolo tecnico-politico aperto ai contributi sia degli enti territoriali e locali sia dei rappresentanti delle associazioni di categoria, dei concessionari e così via. È in questo tavolo politico-tecnico che si è sviluppato questo confronto che ha definito alcune linee di fondo dell’intervento su cui adesso è il Governo che porta la responsabilità politica di una iniziativa. Potremmo tornare a convocarlo in sede di esame di una bozza definitiva, ma adesso sta a noi, anche sulla base della relazione, del confronto – a proposito del quale dirò, poi, una cosa – con gli organismi dell’Unione europea, definire una proposta. Perché è tollerabile un piccolo ritardo rispetto alle scadenze, non è tollerabile il fatto che ci sia un rinvio sine die: il Governo deve prendersi la responsabilità – e lo farà – di presentare una proposta. Lungo quali linee?

È stata, naturalmente, avviata con la Commissione europea una trattativa molto, molto lunga i cui termini, certamente, non sfuggono ai proponenti, per allineare il nostro sistema ai principi europei recati dalla direttiva Bolkestein, che, naturalmente, ognuno di noi può discutere, ma dal punto di vista del Governo deve essere applicata: bisogna trovare le forme di applicazione che siano compatibili con la nostra tradizione, con le nostre esigenze e con le nostre esperienze. Non possiamo, al di là di ciò che personalmente si ritenga, contestare una direttiva che, una volta emanata, come è stata emanata, per noi deve essere applicata.

Nel dettaglio, i punti principali dello schema del provvedimento, che è ormai in corso di definizione, sono i seguenti. In primo luogo, sul tema della durata delle concessioni, essa è strettamente collegata all’interesse pubblico e proporzionale alla rilevanza economica dei beni e degli investimenti da realizzare, laddove per rilevanza economica si intende, ovviamente, anche quell’enorme valenza turistica delle varie zone costiere estese lungo il territorio nazionale, su cui hanno un ruolo di definizione molto importante, che va riconosciuto dalla legge, le regioni.

In secondo luogo, sulle modalità di affidamento, si deve trattare, per esigenze dettate anche dalla direttiva a cui ho già fatto riferimento, di procedure competitive di selezione, con criteri di valutazione che siano determinati in partenza, cioè prioritariamente determinati, alla luce dei principi della migliore offerta, cioè quella economicamente più vantaggiosa, sulla base di un piano economico-finanziario che deve necessariamente tenere conto della copertura degli investimenti e dei costi dell’annessa gestione, oltre che dei risultati dell’avviamento.

In terzo luogo, l’entità dei canoni; qui si deve agire applicando a tutti, senza alcuna differenziazione, il principio del metro quadro; a questa conclusione è giunto anche il tavolo tecnico-politico, in base a parametri, anche in questo caso, predefiniti rispetto alla gara, collegabili sostanzialmente ad aree scoperte o aree occupate con impianti di facile oppure difficile rimozione, aree di alta o normale valenza turistica. È chiaro che l’entità dei canoni dipende in maniera diretta da queste distinzioni. Unica differenziazione in agevolazione – tra virgolette, per il carattere che hanno queste infrastrutture in rapporto all’interesse nazionale – per i porti, a causa anche della vastità delle aree interessate.

Quarto punto è l’eventuale demarcazione della linea demaniale su proposta delle regioni, al vaglio naturalmente dei Ministeri che devono pronunciarsi e che sono più d’uno, in particolare, ovviamente, quello delle infrastrutture, e così via.

Quinto punto: il passaggio in proprietà, a titolo gratuito, al patrimonio indisponibile dei comuni di quelle aree di patrimonio e demanio dello Stato per la quali i comuni abbiano realizzato opere di urbanizzazione. Anche questo è un tema che si è proposto come centrale nel confronto con gli enti territoriali al tavolo a cui ho più volte fatto riferimento; ciò anche in parallelo ad una regola, che è legge dello Stato e che è quella contenuta nella cosiddetta legge sul federalismo demaniale.

Infine, il regime transitorio: i proponenti sanno certamente che è in particolare sulla definizione dei caratteri del regime transitorio che si è sviluppato un contenzioso di difficile soluzione tra le diverse parti, un confronto molto complicato. Per la prima procedura di selezione, certamente, il concessionario uscente ha diritto alla corresponsione, da parte del subentrante, di un indirizzo determinato sulla base di una valutazione dei beni non integralmente ammortizzati agli investimenti effettuati e all’avviamento dell’azienda commerciale. In questo contesto, ed è l’ultima cosa che voglio far notare, riguardo alla definizione di soluzioni adeguate alla definizione della transizione tra l’attuale situazione e quella nuova da costruire a regime, noi abbiamo aperto in sede comunitaria un confronto volto a regolare, nella fase transitoria, la possibilità di distinguere tra le spiagge su cui non insiste attualmente una concessione, che possono andare a gara immediatamente – perché possiamo anche farlo nel corso del 2015 se siamo sufficientemente rapidi nel definire le regole generali –, e quella parte di spiagge, invece, su cui opera un concessionario e per le quali una più lunga fase di transizione appare ragionevole. Gli interpellanti sanno, naturalmente, che è esattamente su questo punto che la trattativa, il confronto, chiamiamolo come diavolo si voglia, con la Commissione, con gli organismi dell’Unione europea, è particolarmente difficile perché gli uni, loro, vogliono naturalmente una fase di transizione brevissima, anzi vorrebbero l’applicazione immediata tout court, e noi invece pensiamo che per la parte di spiagge che sono oggi occupate da una concessione, lì la transizione al nuovo regime debba essere un po’ più lunga.

Naturalmente, la definizione della proposta concreta di disegno di legge da portare in Parlamento e questo confronto in sede europea debbono andare di pari passo: non è che prima aspettiamo di risolvere compiutamente il confronto in sede europea e poi presentiamo il disegno di legge, perché questo determinerebbe l’accumulo di ulteriore ritardo, che riteniamo non confacente agli obblighi e alla responsabilità che in questo momento ci competono.

DEBORAH BERGAMINI

Grazie, Presidente, ringrazio anche il signor Viceministro. Voglio partire dall’ultima frase, perché mi sembra di avere colto ovviamente la piena consapevolezza del fatto che, appunto, oramai non è più possibile continuare ad andare avanti attraverso questo modo un po’ disordinato che abbiamo visto in questi anni e che non ha prodotto alcun risultato, anzi, forse ha prodotto l’unico risultato di danneggiare un comparto che – lo ricordavo poco fa –, non solo nella sua realtà attuale, ma in potenza, può produrre tantissima ricchezza all’interno del nostro Paese e che va preservato, va salvaguardato.

È vero, lei dice, signor Viceministro, che le direttive si applicano, ma è anche vero che le direttive si applicano interpretandole nel modo corretto. Noi abbiamo degli esempi – lei lo sa senz’altro meglio di me –, come quello della Spagna, che ha condotto, sul tema di queste concessioni pertinenziali, una battaglia nazionale all’interno dei tavoli comunitari e lo ha fatto con una grande determinazione, perché ha preso coscienza che si trattava di difendere un settore importante della propria economia e del proprio benessere. Ci piacerebbe, da proponenti di questa interpellanza, vedere analoga determinazione da parte del Governo italiano, una determinazione che fino ad oggi, appunto, non abbiamo visto.

Il senso di questa interpellanza è proprio questo: da parte di una forza di opposizione, che ha a cuore il Paese, è quello di chiedere di fare in modo che questo tema non venga vissuto come un problema da risolvere, ma che diventi una priorità dell’azione di questo Governo, perché è una priorità della nostra economia e anche, se me lo consente, del nostro modo di vendere all’estero un modello di turismo che funziona e che deve essere non solo preservato, ma anche rafforzato. Ben venga, dunque, il disegno di legge, sperando che i tempi del disegno di legge ci consentano di arrivare davvero al più presto a un riordino di questa materia, che è necessario, se vogliamo definirci un Paese che ha ancora la voglia e il coraggio di investire su se stesso facendo ordine. Ben vengano le trattative, naturalmente, sui tavoli comunitari, ben sapendo – lo dico – che probabilmente non è lì che troveremo i più accaniti difensori di un’eccellenza del turismo che è la nostra.

Sappiamo che forse c’è una visione diversa. Lei nella sua risposta mi ha detto che vorrebbero dei tempi brevissimi di transizione, ma tempi brevissimi di transizione, per un assetto e per una costruzione di modello economico come quello del nostro turismo balneare, non sono possibili. Bisogna semplicemente dirlo, bisogna farlo presente. Noi abbiamo rimediato in qualche maniera chiedendo una proroga, ma stiamo parlando di un settore che conta quasi mezzo milione, compreso il suo indotto, di occupati, che non sanno che cosa succederà alla loro impresa. Si tratta in larghissima casi di imprese familiari, che si sono costruite la loro eccellenza e la loro capacità di guadagno e di prosperità semplicemente lavorando bene e facendo bene e non sempre hanno trovato uno Stato in questo particolarmente accondiscendente, anzi.

Allora, noi abbiamo, credo, il dovere di fare pressione sul Governo che lei qui rappresenta affinché si cambi «verso». Voglio usare una parola che, forse, è nota a tutti. Proviamo a farlo partendo, non dalle cose più difficili, ma da quelle più facili, quelle dove funzioniamo, quelle dove il Paese funziona, semplicemente se è lasciato libero di competere e di misurarsi all’interno di regole certe.

Quello che serve, per ciò che riguarda appunto le concessioni pertinenziali, è una cornice di regole certe. Io colgo la volontà del suo Governo di voler addivenire a questo e mi farò carico, tra qualche tempo – spero non sia necessario, ma lo voglio dire con grande correttezza –, di vigilare su questo, affinché anche i tempi, che in questo ambito non sono secondari, ma sono primari – stiamo parlando di un settore che rischia di essere schiacciato dall’incertezza delle regole e dalle imposizioni che vengono da fuori –, siano rispettati e mi farò carico appunto di vigilare che il percorso che lei ha voluto condividere, grazie anche a questa interpellanza, sia un percorso che anche nei tempi sia mantenuto e rispettato.

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