«Sulla riforma delle concessioni balneari non si possono allungare ulteriormente i tempi e rischiamo di incorrere in procedure di infrazione da parte dell’Unione europea, il che è molto preoccupante». Lo ha dichiarato il deputato Tiziano Arlotti (Pd) in seguito alle dimissioni del premier Matteo Renzi, che rischiano di far slittare la riforma a data da destinarsi, come abbiamo scritto due giorni fa.
Arlotti, nel corso di un’intervista rilasciata all’emittente locale riminese Icaro, ha anche aggiunto: «Ho fatto di tutto per convincere il governo a portare al varo la legge-delega, ma purtroppo non ho avuto successo». In effetti la bozza di legge era pronta già dallo scorso maggio, come è emerso dal documento che abbiamo pubblicato in esclusiva su Mondo Balneare la scorsa settimana, ma la sua presentazione in consiglio dei ministri è stata rimandata di mese in mese, senza alcuna spiegazione ufficiale da parte del governo.
La questione è più che mai urgente: le concessioni demaniali su cui insistono i 30mila stabilimenti balneari italiani si trovano attualmente in un vuoto normativo che impedisce agli imprenditori di programmare i loro investimenti, con gravi ripercussioni sull’intero settore turistico. Il precedente sistema si basava su un meccanismo di rinnovo automatico al medesimo titolare, contestato dall’Europa con la nota “direttiva Bolkestein” del 2006 che chiedeva le evidenze pubbliche delle concessioni, portando Bruxelles a mettere in infrazione l’Italia finché, tra i governi Berlusconi e Monti, il rinnovo automatico non è stato abrogato. Ma anche il regime di proroghe con cui l’Italia ha proseguito la gestione delle concessioni balneari è stato contestato dall’Ue, con una sentenza della Corte di giustizia europea arrivata lo scorso 14 luglio che ha fatto piombare il settore in un vuoto normativo senza precedenti, da cui si potrà uscire solo con una nuova legge italiana.
In merito alla situazione politica, Arlotti ha ipotizzato due possibilità in campo: «O si va subito alle elezioni, oppure ci si prende un periodo, anche breve, per mettere mano alla legge elettorale. Il problema è che la Corte costituzionale deve ancora valutare i quattro ricorsi sull’Italicum e quindi andremmo a votare con due sistemi diversi tra camera e senato».
«L’unica cosa che penso non vada perseguita è quella di un governo tecnico, che sarebbe un pessimo segnale nei confronti dell’Europa. Occorre un incarico politico per il nuovo premier, ma ciò dipenderà dalle valutazioni del presidente della repubblica», ha concluso Arlotti.
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