Quest’anno il governo italiano ha varato un disegno di legge per il riordino delle concessioni demaniali marittime. Come giudica nel complesso i contenuti della proposta? Quali sono i punti positivi e quali i negativi?
«Il percorso avviato dal governo ha ottenuto un parere nel complesso favorevole da parte di Fiba-Confesercenti: la prima necessità per noi imprenditori balneari è quella di arrivare a una legge, altrimenti saranno i tribunali a farlo, senza che ci possa essere più appello. E questa è la cosa più pericolosa: se la politica può svolgere un ruolo da mediatore nella tutela degli interessi della categoria balneare, abbiamo visto che i giudici al contrario non applicano mezze misure.
In particolare, è positivo che nel disegno di legge ci siano i punti-chiave esplicitati dai sindacati di categoria nel documento congiunto sottoscritto a Rimini nel 2014, così come alcuni dei successivi emendamenti che hanno recepito ulteriori richieste. Per quanto riguarda i punti negativi, invece, alcune di queste richieste fondamentali – come l’entità del periodo transitorio e i meccanismi di calcolo per il riconoscimento del valore commerciale – andrebbero meglio concretizzati già in fase di legge-delega, altrimenti possono diventare degli elementi di negatività.
Altro elemento non positivo è che non si affronta ancora giuridicamente lo spostamento della linea demaniale, con il riconoscimento dei luoghi che non hanno più le caratteristiche di demanialità: al momento è questa l’unica soluzione definitiva per il nostro problema».
Due sembrano gli ostacoli principali all’approvazione del disegno di legge: le tempistiche strette e le recenti dimissioni da ministro di Enrico Costa, propositore del testo. A suo parere, quanto sono concrete le possibilità che questa riforma vada definitivamente in porto?
«Non posso innanzitutto che ringraziare Enrico Costa, sia per il lavoro che ha fatto sia per come lo ha fatto: l’ex ministro si è dimostrato una persona seria e competente, e non avere più il suo riferimento è un fatto negativo per la nostra categoria. Confidiamo ora nella determinazione dei due relatori di maggioranza, i deputati Sergio Pizzolante e Tiziano Arlotti, che con cognizione ed esperienza stanno continuando un lavoro che non ha ragione di essere interrotto solo per le dimissioni di Costa. Perciò occorre portarlo avanti fino in fondo, combattendo contro le difficoltà politiche e le tempistiche strette che rappresentano il principale ostacolo. Sin dall’inizio ho avuto qualche perplessità sul fatto che i tempi a disposizione fossero sufficienti per portare a termine questa legge, ma comunque sia, vale la pena provarci finché è possibile, anche per fissare degli assunti che potrebbero essere un buon punto di ripartenza».
Ipotizziamo che la riforma non vada in porto: cosa succederà dopo? Qual è il possibile scenario che i balneari potrebbero affrontare con un nuovo governo e in assenza di una legge?
«È molto importante che i balneari e la politica riflettano su questo scenario. Continuando a rimandare il varo di una legge definitiva, stanno arrivando sempre più sentenze di tribunali che precludono alcune possibili soluzioni normative. Pertanto le strade sono due: o quella degli oltranzisti appoggiati da alcune associazioni di categoria e forze politiche, che però in caso di fallimento hanno il vuoto intorno a sé, oppure quella del trovare un compromesso accettabile in maniera più veloce e ragionevole, che perseguiamo come Fiba-Confesercenti insieme a Sib-Confcommercio e Oasi-Confartigianato. Se poi mancheranno i tempi per approvare questo ddl, già alla prossima campagna elettorale potremo aprire una trattativa dettata dall’ulteriore urgenza di varare una riforma prima che continuino a farlo i tribunali, ripartendo dai risultati positivi raggiunti sinora».
L’instabilità degli ultimi governi italiani è forse una delle principali cause che hanno impedito il varo di una riforma per le concessioni balneari. Il settore dovrà continuare a fare i conti con dei mutamenti politici che continuano a predominare rispetto al senso di responsabilità per garantire una situazione stabile e duratura al Paese?
«La difficoltà principale per i balneari è proprio questa. C’è uno scompenso enorme nella percentuale che la politica dedica alla campagna elettorale e alla gestione dei dissidi interni, rispetto al tempo riservato all’amministrazione sia locale che nazionale. È logico dedicare del tempo per la ricerca del consenso allo scopo di vincere le elezioni, altrimenti non si governa, ma è insostenibile che questo tempo rappresenti la quasi totalità di quello a disposizione. Anche perché, in generale, non è possibile andare avanti così: il nostro Stato sta accumulando troppi ritardi e debiti di ogni genere, e prima o poi dovrà farci i conti. Allora sarà una vera e propria emergenza, soprattutto a spese delle generazioni future».
Le problematiche del settore balneare sono gravi, ma secondo le statistiche, la stagione estiva sta andando bene grazie alle presenze in aumento. Questo dimostra che il comparto ha ancora ottimi margini di crescita (e ci sono ancora ampie porzioni di litorale su cui aprire nuovi stabilimenti). Come è possibile sfruttare questo exploit a proprio favore?
«È innegabile che il turismo balneare italiano stia beneficiando di una crescita notevole, ma bisogna ricordarsi che il merito è soprattutto di fatti congiunturali come l’abbassamento di alcune importanti valute internazionali rispetto all’euro e la minaccia terroristica internazionale che ha penalizzato alcuni nostri storici competitor, i quali tuttavia prima o poi ritorneranno e saranno ancora temibili. Se ci fosse stata una situazione normativa certa, gli imprenditori balneari italiani avrebbero potuto fare moltissimo investendo nella crescita e nella competitività per sfruttare questo momento favorevole. Perciò ora occorre che la politica restituisca alla nostra categoria la possibilità di investire, creando allo stesso tempo le condizioni per aprire nuove imprese sulla spiaggia. Altrimenti non si può pretendere che il comparto turistico del nostro Paese possa continuare a crescere».
A ottobre tutto il settore balneare si ritroverà, come da tradizione, al SUN di Rimini per fare il punto della situazione, ma il clima sia tra gli imprenditori che tra gli espositori (questi ultimi i più penalizzati dalla situazione) è piuttosto teso e diviso. Si sente di lanciare un messaggio per arrivare a questo appuntamento con positività e senso di unità?
«Non credo che esista un’altra categoria, in Italia, che abbia lavorato in maniera così unita tra le varie associazioni di rappresentanza quanto quella dei balneari. La politica ha sempre giocato sulle nostre presunte divisioni, ma il problema è che si dà lo stesso credito sia a chi parla a nome di decine di migliaia di aziende regolarmente iscritte, sia a chi magari fa la voce grossa, millantando l’inverosimile, ma rappresenta poco più che se stesso. Ed è ora di sgombrare il campo da questo equivoco: le aziende rappresentate da Sib-Confcommercio, Fiba-Confesercenti e Oasi-Confartigianato sono la stragrande maggioranza del totale nazionale, e questo è ancora il principale segno di unità da cui ripartire al Sun di Rimini con chi ci vorrà ragionare con la testa sulle spalle. Le altre due sigle che dopo il 2014 hanno smesso di lavorare in maniera congiunta, e che speriamo tornino a farlo – cioè Cna Balneatori e Assobalneari-Confindustria – lo hanno deciso per esigenze politiche e sindacali più che altro personali, che poco hanno a che fare con l’intento di tutelare la categoria. E questa separazione non ha avuto altra conseguenza se non quella di far diventare auspicabili delle ipotesi di soluzione che prima erano ritenute inaccettabili. Un esempio su tutti – e su cui vale la pena di riflettere quando si ascolta parlare qualche funzionario o aspirante politico – è la “bozza Fitto”, che proponeva soluzioni enormemente più favorevoli per la categoria rispetto a quelle su cui si sta discutendo oggi».
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