L’infrazione
La Commissione Europea ha aperto l’infrazione 2008/4908 in seguito alla lettera di costituzione in mora del 2 febbraio 2009. Questa è stata avviata per la violazione del mancato recepimento della direttiva 123/2006 CE, entro i termini dovuti, dai governi Prodi e Berlusconi, che si sono succeduti nei due anni (dicembre 2006 – dicembre 2008) previsti dalle norme UE. Questo ritardo è stata la causa primaria dell’apertura d’infrazione.
Le responsabilità del Governo passo dopo passo
Il governo Berlusconi con il decreto legislativo n. 59 del 26 marzo 2010, ovvero con un anno e tre mesi di ritardo, recepisce la direttiva, e con la legge n. 25 del 26 febbraio 2010 risponde in modo contraddittorio alla Commissione Europea eliminando il diritto d’insistenza ma lasciando il rinnovo automatico. A seguito di ciò, il commissario europeo Michel Barnier (nella foto) mette in mora con la lettera del 10 maggio 2010 il nostro paese, dando – come previsto dalle procedure UE- due mesi di tempo per l’invio di osservazioni. Anche questa volta non risulta che il governo Berlusconi abbia risposto nei tempi dovuti, ovvero abbia fronteggiato, né tantomeno respinto l’infrazione. Trascorsi i due mesi, il nostro Paese è automaticamente diffidato dalla Commissione, quindi può solo adeguarsi o andare di fronte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per fronteggiare e provare a respingere, ma il governo Berlusconi, invece di difendere 30.000 imprese, sceglie la strada più semplice, e il 5 agosto 2010 incomincia l’iter della legge Comunitaria (approvata in via definitiva dal governo Monti come legge n. 217 del 15 dicembre 2011), che elimina anche il rinnovo automatico e pone 30.000 aziende nell’incertezza più assoluta, in un momento così critico per l’economia del nostro paese.
Facciamo chiarezza sugli obiettivi della direttiva
I governi precedenti non sono stati in grado di dimostrare che in Italia e in Europa ci sono ancora spiagge dove insediare nuove attività, visto che questo è il solo presupposto che ci viene contestato, per non applicare la regola che è la durata illimitata delle concessioni (art. 11 dir. 123/2006 CE). La libertà di stabilimento, come prevista nell’art. 49 del Trattato, è quindi ampiamente garantita. Ci sembra chiaro come il Governo passato non abbia neanche provato a fronteggiare né tantomeno a respingere questo grossolano errore di "geografia economica" e di interpretazione dell’art. 49 commesso da una sola persona, il commissario Barnier. Inoltre, di fatto è stata annullata la possibilità di raggiungere i risultati per i quali la direttiva stessa è stata scritta, che sono quelli d’incremento della ricchezza, dell’occupazione, della concorrenza e della coesione sociale nel mercato unico. Non è la prima volta che il Commissario Barnier commette questo errore, come dimostra la recente bocciatura da parte della Corte di Giustizia Europea, per incompatibilità con il Diritto e le competenze delle Istituzioni Comunitarie del procedimento sui brevetti UE, da lui proposto. Nessun principio economico e sociale cita la messa all’asta d’imprese sane come incentivo per la concorrenza, risultato che si ottiene solo con l’apertura di nuove aziende.
Noi chiediamo quello che il governo Monti vuole da farmacisti e tassisti: SI a nuove imprese sul demanio, NO all’asta di quelle già avviate. Monti, Gnudi e Moavero, ripristinate i veri diritti europei e lasciate il lavoro a chi ce l’ha e createne di nuovo.
Fonte: comunicato stampa dell’Associazione bar ristoranti spiaggia Riccione (aderente a FIBA-Confesercenti)
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