Attualità

Balneari, PD rinnega emendamento su 30 anni di periodo transitorio

Il partito nega la paternità della proposta e ne impone il ritiro.

(ore 10.44) – È arrivato il niet del partito: l’emendamento alla legge Finanziaria che chiedeva un periodo transitorio di 30-50 anni per gli stabilimenti balneari prima delle evidenze pubbliche, firmato dalla senatrice Pd Stefania Pezzopane, è stato ritirato ancora prima della discussione in commissione.

A renderlo noto, tramite l’agenzia Ansa, è stato il senatore Giorgio Santini, capogruppo del Partito democratico nella commissione bilancio che proprio in questi giorni sta esaminando la manovra finanziaria: «In merito alla notizia apparsa su alcuni siti e organi di stampa su un emendamento della senatrice Pezzopane per la proroga delle concessioni balneari per 50 anni – ha detto Santini – dichiaro che tale emendamento non è assolutamente ascrivibile al Pd e non sarà oggetto di discussione in commissione; si tratta di un’iniziativa del tutto personale e l’emendamento in questione è già stato ritirato».

Dell’emendamento avevamo dato notizia una settimana fa su Mondo Balneare: proposto dalle associazioni di categoria Sib-Confcommercio, Fiba-Confesercenti e Oasi-Confartigianato (vedi articolo), il testo era stato presentato il giorno dopo dalla senatrice dem Pezzopane e subito contestato da alcuni parlamentari, tra cui il deputato civico Andrea Mazziotti (vedi notizia).

E ieri è arrivata la chiusura da parte dei vertici del Pd: l’emendamento sui 30-50 anni è stato ritirato perché evidentemente in contrasto con gli intenti del partito di maggioranza. Sull’entità del periodo transitorio è infatti in atto un acceso dibattito: le associazioni di categoria chiedono almeno trent’anni, ma i deputati relatori del disegno di legge n. 4302 sul riordino delle concessioni balneari, Tiziano Arlotti (Pd) e Sergio Pizzolante (Ncd), hanno più volte detto che si tratta di un periodo troppo elevato. Difatti il ddl – che è stato approvato lo scorso 26 ottobre alla Camera – non riporta nessuna cifra precisa, ma parla solo di “adeguato periodo transitorio” e ne demanda la concretizzazione nel successivo decreto attuativo. Se ci fosse stato l’intento comune di concedere trent’anni, si sarebbe potuto scrivere nella legge-delega, così come, per esempio, non ci sono stati problemi a indicare delle cifre precise per le fasce di classificazione per il calcolo dei canoni a seconda della valenza turistica (“un minimo di tre“, dice il ddl, dando dunque in questo caso un’indicazione in numeri). Ma la decisione sull’entità del periodo transitorio appare molto più difficile rispetto a quella sui canoni, perché deve essere concordata anche con l’Unione europea e deve rispettare la sentenza della Corte di giustizia europea che il 14 luglio 2016, nel bocciare la proroga generalizzata al 2020, ha invitato a definire la transizione “caso per caso” e in base al principio del “legittimo affidamento“. Ed è evidente che nemmeno tra i parlamentari italiani ci sia un accordo sul tema, tra chi spinge per le immediate evidenze pubbliche delle spiagge e chi invece chiede di non applicarle alle attuali imprese balneari.

Ora che sul disegno di legge pendono i tempi molto stretti per l’approvazione (mancano ancora il voto in Senato e la stesura del decreto attuativo, e a marzo si andrà a votare), il governo, che avrebbe comunque l’intenzione di riformare le concessioni balneari entro dicembre, sembra diviso tra una rapida decisione sul ddl 4302 come testo indipendente oppure sul suo accorpamento nella manovra finanziaria o nella legge di bilancio. In questa seconda direzione andava l’emendamento sui 30-50 anni di periodo transitorio, ma ora che è stato ritirato, appare più probabile l’intenzione di accelerare con il disegno di legge che istituirà le evidenze pubbliche, anche se non si sa ancora tra quanti anni. E a patto che ci sia il tempo necessario per approvarlo, altrimenti la palla passerà al prossimo governo.

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