Per il settore delle concessioni balneari italiane, l’anno appena trascorso è stato funestato da numerosi colpi di scena. Nel novembre del 2021, infatti, le pronunce gemelle del Consiglio di Stato in adunanza plenaria con funzione nomofilattica sono deflagrate nell’universo demaniale, cancellando definitivamente la proroga al 31 dicembre 2033 inserita dalla legge 145/2018 e lasciando al suo posto le macerie del 31 dicembre 2023. Mesi dopo è caduto il governo Draghi ma il il decreto concorrenza, contenente l’ennesima riforma del demanio marittimo, è stato approvato in via definitiva.
La suddetta riforma mescola, nella provetta del compromesso politico, una piccola parte di realtà con una gran quantità di fumo negli occhi. La parte reale è affidata a poche righe – mal scritte dai soliti ghost writers che si celano dietro ai vari uffici ministeriali – che confermano la fine delle concessioni demaniali turistico-ricreative alla data del 31 dicembre 2023. Tale ineluttabile realtà viene colorata dalla possibilità di realizzare gare durante il 2024, con la conseguente mini-proroga mascherata, e da criptici tentativi di estensione della platea dei fruitori.
Il resto è la solita nebbia di buoni propositi, cose non dette, sogni, aspirazioni e compromessi, destinata a prendere corpo nei soliti decreti attuativi, da emanare da chissà chi, nei soliti (e mai rispettati) sei mesi. La nebbia, funzionale a mantenere lo status quo dei delicati equilibri politico-sindacali che da decenni ostacolano ogni vera riforma, si compone di principi ovvi, obiettivi irrealizzabili, termini incomprensibili e parole vuote. Su tutti spicca la questione dell’indennizzo, il campo di battaglia del futuro. Il luogo dove vive l’indennizzo, però, è stato già descritto dalla sentenza “Promoimpresa” della Corte di giustizia europea del 14 luglio 2016 e dalle pronunce gemelle del Consiglio di Stato dello scorso novembre, ed è è una piccola stanza dove non entrano le aspettative della nostra classe imprenditoriale.
Davanti al bivio di illustrare subito la bruta realtà o iniziare un nuovo percorso di bugie e inganni sulla falsariga delle proroghe, la politica sceglie come sempre la comodità della seconda strada. Ed ecco che, sulla base di fumosi principi guida, il problema viene spostato al decreto attuativo, non mancando però di inserire il controllo da parte del Consiglio di Stato, per assicurarsi che comunque i sogni vengano poi spazzati dagli immancabili cattivi a cui poi addossare la colpa.
Come al solito tali giochi politici rallentano la presa di coscienza dell’imprenditore, che è portato ancora una volta più vicino al baratro. L’oppio degli inganni, infatti, gli impedisce di agire e porre in essere le misure necessarie per tirarsi fuori dalle sabbie mobili. Il balneare dovrebbe, infatti, eliminare le gestioni a terzi, aumentare i fatturati, migliorare la qualità del servizio, ottimizzare le procedure, eliminare abusi e debiti con l’erario, potenziare la capacità tecnica, prepararsi per tempo progettualità vincenti, eccetera.
Lo studio Demanio Marittimo, con i suoi consulenti impegnati da vent’anni nella (vera) difesa dell’imprenditoria balneare, è l’unica roccia a cui aggrapparsi in questa tempesta. Costruiamo le corazze più resistenti, forgiamo le armi più affilate, disponiamo dei guerrieri più impavidi per aiutare le aziende balneari a lottare per garantirsi un futuro migliore.
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