di Alex Giuzio
Gli ambientalisti sono a favore delle aste delle concessioni demaniali marittime. Tale posizione è emersa soprattutto in seguito alla diffusione della bozza di decreto sulle liberalizzazioni, che parlava di concessioni quadriennali non rinnovabili (bozza poi smentita dal governo italiano). Per capire le ragioni degli ambientalisti, riportiamo semplicemente le più recenti dichiarazioni rilasciate dalle più importanti associazioni verdi italiane.
WWF ITALIA (fonte: ASCA): ”Battuta d’arresto per il business dei privati sulle concessioni delle spiagge ai danni dello Stato”. Così il Wwf Italia commenta in una nota la norma sulle concessioni delle spiagge contenuta nella bozza del Decreto legge sulle Liberalizzazioni. ”Il provvedimento – spiega il Wwf – risponde finalmente alla direttiva europea Bolkestein, che detta le regole per la libera concorrenza, e recupera i principi temporali posti alla base del codice delle concessioni. L’assenza di gare per la gestione delle aree demaniali degli arenili destinati a stabilimenti balneari rappresenta storicamente un enorme guadagno per i privati, che per decenni hanno goduto di condizioni di privilegio, e, di conseguenza, significative entrate in meno per lo Stato. Secondo il dossier del Wwf Italia "Sabbia: l’oro di tutti a vantaggio di pochi" (2010), infatti, gli introiti per lo Stato derivanti dalle concessioni demaniali sono di circa 103 milioni per 18 milioni di metri quadri dati in concessione, ovvero circa 5 euro e 72 centesimi all’anno a metro quadro, contro i 2 miliardi di euro dichiarati dai gestori. Ma secondo alcune stime le imprese legate alla balneazione arrivano addirittura a guadagni di oltre 16 miliardi di euro all’anno. Il problema delle aree demaniali marittime è anche quello di congelare il rilascio di nuove concessioni visto che gli stabilimenti balneari sono passati da circa 5mila di 10 anni fa a quasi 11mila di oggi. Esiste dunque una grandissima possibilità di aumento degli introiti economici a vantaggio pubblico senza un’ulteriore occupazione di suolo e senza pregiudicare la libera fruizione delle nostre spiagge, e il provvedimento del Governo sta andando in questo senso”.
VERDI (fonte: QN): "Sulla questione della durata delle concessioni balneari l’opzione dei quattro anni è indispensabile poiché le spiagge e le coste devono essere liberate dal cemento" dichiara il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli, che aggiunge: "La durata delle concessioni a 15 anni, infatti, ha trasformato la maggior parte delle spiagge italiane in distese di cemento, con strutture invasive che impediscono la visibilità, l’accesso al mare e impediscono nei fatti lo sviluppo di un turismo di qualità sul quale il nostro Paese deve puntare. La durata di quattro anni è congrua e permette investimenti sostenibili sul piano ambientale. Sulle spiagge devono essere collocate, come nella stragrande maggioranza dei paesi europei e del mondo, strutture rimovibili che consentano agli esercenti di lavorare offrendo servizi di qualità, senza compromettere definitivamente spiagge e coste con colate di cemento che troppo spesso violano paesaggi di pregio, unici al mondo".
Condividiamo la legittimità delle posizioni a tutela dell’ambiente marino, ma ribattiamo: siamo sicuri che le aste delle concessioni demaniali porteranno a un maggiore rispetto per l’ambiente? Sulle spiagge esistono infatti delle strutture sulle quali gli attuali concessionari hanno investito per anni; strutture che ora potrebbero essere messe all’asta perchè insistono sul territorio demaniale. E riteniamo che, in caso di aste, tali strutture non verranno affatto rimosse per essere sostituite da baracchine di legno, ma che piuttosto verranno sfruttate dai futuri concessionari.
Peraltro, la posizione degli ambientalisti denota una scarsa conoscenza della spiaggia italiana: la maggior parte degli stabilimenti balneari non impedisce l’accesso al mare, perchè il mare è di tutti. Casi come quello citato dal presidente dei Verdi Angelo Bonelli riguardano poche, ma tristi eccezioni, come quella del litorale romano; eccezioni che esistono perchè esiste uno Stato che glielo permette. Dopo la denuncia della trasmissione Report di un anno fa, bastava semplicemente fare un sopralluogo e impedire il blocco dell’accesso alla spiaggia laziale. Ma nessuno lo ha fatto.
Nel resto d’Italia, invece, la situazione è notevolmente diversa: gli stabilimenti balneari permettono il libero accesso alla spiaggia, limitandosi a offrire servizi facoltativi come lettini, ombrelloni, bar e piccola ristorazione. Servizi che continueranno ad essere erogati anche in caso di aste, anzi, visto che il governo ha liberalizzato l’attività delle spiagge, permettendo loro di svolgere libera attività come ristoranti e discoteche, siamo sicuri che la situazione sarà ben peggiore!
Se gli ambientalisti vogliono una spiaggia veramente libera, allora non si deve parlare né di aste, né di liberalizzazioni: bisogna buttare giù tutto ciò che insiste sul demanio, e lasciare la spiaggia allo stato selvatico, permettendo alla natura di fare il suo corso. Questo significa ambiente.
Ma l’Unione Europea sta andando esattamente in direzione opposta: anziché lasciare la spiaggia in mano agli attuali concessionari, che hanno in mano piccole attività familiari, la stanno vendendo alle multinazionali.
Gli attuali concessionari sono gli unici in grado di tutelare l’ambiente, perché sono tenuti a rispettare regole molto rigide sulla costruzione in spiaggia (bisogna avere l’autorizzazione anche per aggiungere un bidone dell’immondizia); e inoltre garantiscono la pulizia costante intorno al loro stabilimento.
In caso di aste, invece, gli unici gruppi che potrebbero acquistare concessioni ogni quattro anni sarebbero le grandi aziende multinazionali, che sono le uniche ad avere una tale disponibilità di denaro. E tali aziende si comporteranno così:
- Sfrutteranno gli attuali stabilimenti balneari (altro che sostituirli con capanne di legno…).
- Aggiungeranno ulteriori costruzioni (vista la loro disponibilità economica).
- Creeranno redditizi villaggi turistici di notevole impatto ambientale.
- Non rispetteranno le regole a tutela dell’ambiente, perché si tratta di gruppi molto più potenti dello Stato italiano; mentre un attuale piccolo concessionario è tenuto (giustamente) ad adeguarsi.
Non siamo dunque sicuri che le aste costituiranno questo grande vantaggio per l’ambiente costiero italiano.
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