di Alex Giuzio
Che fine ha fatto il colloquio tra Marcello Di Finizio e il ministro Enzo Moavero Milanesi, che doveva tenersi una settimana fa? Con un deludente nulla di fatto. Si tratta di una presa in giro non solo all’imprenditore triestino, ma a tutta la categoria balneare: il governo non vuole evitare che le imprese di spiaggia vengano messe all’evidenza pubblica nel 2015, come impone la direttiva europea ‘Bolkestein’.
Il riepilogo. Marcello Di Finizio (nella foto) è il titolare della Voce della Luna, un locale situato sul lungomare di Trieste. Prima un incendio poi due mareggiate distruggono l’attività di Marcello, ma l’assicurazione non rimborsa i danni perché si appiglia alla direttiva europea, in base alla quale la concessione su cui è costruita la Voce della Luna nel 2015 non apparterrà più a Di Finizio. (per leggere la storia completa, clicca qui).
Le proteste. Per far valere i suoi diritti di imprenditore, Di Finizio non esita a mettere in atto gesti estremi e pericolosi per la sua vita: due scioperi della fame (il secondo di 54 giorni), una pedalata Trieste-Roma (vedi notizia) e, un mese fa, l’arrampicata sull’Ursus di Trieste, una gru alta 80 metri dove Di Finizio rimane senza cibo per tre giorni e tre notti (vedi notizia).
Il patto. Per scendere dalla gru Di Finizio voleva ottenere un colloquio col ministro agli affari europei Enzo Moavero Milanesi. E la telefonata è arrivata dopo tre giorni: «Ci vediamo a Roma entro Pasqua» (vedi notizia). Ma le feste sono passate da oltre una settimana, e la segreteria del ministro non ha mai ricontattato Marcello per confermargli l’appuntamento. Che la promessa di Milanesi sia servita solo a far scendere Di Finizio da quella pericolosa altezza?
Lo sconforto. La delusione dell’imprenditore triestino emerge da una lettera pubblicata ieri sul suo profilo Facebook: «Sono senza parole. Credo di essere stato troppo ingenuo e fiducioso (potete chiamarmi anche stupido), ma chi lo immaginava che un ministro e un capo di gabinetto si rimangiassero l’impegno preso, per di più davanti a un prefetto che con me è stato più rassicurante di un padre, invitandomi a credere e ad avere fiducia in lui e nel ministro Milanesi? E tutto ciò davanti alle autorità e ai media, in una situazione così delicata e urgente e ostentando empatia, sensibilità e attenzione: "Ma non c’era bisogno di arrivare a tanto, bastava che lei ci chiamasse, noi l’avremmo ricevuta comunque"; e ancora: "Stia tranquillo, le assicuro che il ministro la riceverà prima di Pasqua": così mi disse per telefono il capo di gabinetto del ministro Moavero Milanesi, Francesco Tuffarelli. Ma come si possono comportare in questo modo? Spingersi così tanto, essere senza etica né scrupoli, irritando e facendo fare una brutta figura a tutte le persone che si sono date da fare per sbloccare e risolvere una situazione che era diventata stagnante, assurda e vergognosa! Davvero, questa volta io non me lo aspettavo. Ma lo stereotipo politico si perpetua sempre identico, la parola d’ordine è sempre la stessa: fare buon viso a cattivo gioco sempre e comunque, spingersi senza scrupoli sul sentiero dell’indifferenza fin dove é possibile, abituandoci un po’ alla volta a spostare l’asticella della sopportazione e dell’indignazione fino a un’anestesia totale e collettiva al dolore».
La promessa. Ma Di Finizio non si arrende, e invita tutti a Roma alla manifestazione sindacale in programma mercoledì all’Eur. Ribadendo che non è finita qui: «Se entro lunedì (oggi, NdR) non succede ancora nulla, dovrò ancora una volta richiamare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica con gesti eclatanti, e ancora una volta dovrò mettere a repentaglio la mia vita. Pare che vogliano che questo grottesco spettacolo debba continuare ancora, e io lo farò continuare! Esasperare la gente fino a portarla alla morte sembra sia diventato lo sport preferito dei nostri politici. Ma io l’ho già detto più volte e loro lo sanno: se proprio devo morire, sarà di morte lenta e facendo molto rumore! E anche se loro sono solo dei "tecnici di passaggio" hanno comunque dei nomi, dei cognomi e delle facce, e la gente, nonostante tutto, certe cose non le dimenticherà facilmente».
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